Omelia (10-01-2010) |
mons. Gianfranco Poma |
Tu sei il mio Figlio, l'amato: in te ho posto tutta la mia gioia La domenica del Battesimo del Signore completa la celebrazione dell'Epifania: l'Epifania, la "manifestazione" più piena del mistero di Gesù avviene proprio quando egli scende al livello più basso della condivisione con l'umanità e il Padre proclama davanti al mondo che quello è il suo Figlio; proprio quando sta svestendosi di tutto lo splendore della divinità, sta attuando la volontà del Padre che è volontà di Amore per l'umanità. Per questo il Padre trova nel Figlio tutta la sua gioia, perché il Figlio, abbassandosi sino a condividere la carne degli uomini, rende possibile l'Amore del Padre. L'Epifania è la "manifestazione" più piena del mistero di Dio: infinito Amore che si dona dal Padre al Figlio sino ad annientarsi per poter essere solo Amore. Ed è la "manifestazione" del progetto di Dio sull'umanità e su tutta la creazione: ogni frammento creato è raggiunto dall'Amore del Padre attraverso la condivisione del Figlio perché tutto torni nella gloria di Dio. Per tutta questa densità inesauribile di significati l'evento del Battesimo di Gesù ha una importanza essenziale nella tradizione evangelica: poi Gesù nel corso della sua vita renderà sempre più evidente che cosa comporti la condivisione con la fragilità umana sino ai suoi aspetti più scandalosi, sino alla Croce, sino alla Risurrezione. I tre Vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) presentano l'evento del battesimo di Gesù, ciascuno con una modalità propria. Il Vangelo di Giovanni non lo racconta ma vi fa precise allusioni. La Liturgia di questa domenica offre alla nostra meditazione la versione di Luca 3,15-16.21-22. Nei primi versetti il nostro brano ci riferisce della attività di Giovanni, il profeta mandato a preparare il popolo: dopo aver lasciato il deserto si trova sulle rive del Giordano per annunciare un battesimo di conversione in vista del perdono del peccato. E infatti il popolo accorre: in mezzo alla folla si trovano pubblicani, soldati, persone umili, gente che non conta nulla agli occhi dei notabili farisei, scribi e dottori della Legge, è tutto il popolo di Dio nel senso in cui Luca lo intende, eterogeneo, disperso, ma "in attesa" e per questo Giovanni, svolgendo il suo ruolo di precursore, lo esorta, lo incoraggia, porta "il lieto annuncio". Poi, nei versetti che la lettura liturgica omette, Luca ricorda che Giovanni è stato imprigionato da Erode: in questo modo Luca evita un contatto diretto tra Giovanni e Gesù. Nei primi due capitoli Luca ha costruito un parallelismo continuo tra Giovanni e Gesù, per mostrare la differenza che li separa, sottolineando la superiorità di Gesù. Eppure il loro unico incontro avviene sotto il velo della carne delle loro madri. Così Luca, a differenza di Marco e di Matteo, evita di descrivere l'incontro di Giovanni con Gesù nel momento del battesimo: non gli interessa evidenziare la superiorità di Gesù quanto piuttosto, dando come scontato il fatto avvenuto del battesimo, notare che "tutto il popolo si faceva battezzare e Gesù è battezzato". Luca continua a sottolineare la scelta fondamentale di Gesù: a dodici anni ha scelto di scendere a Nazareth e di diventare Israelita come tutti gli altri. Per questo non ci meravigliamo di trovarlo adesso, anonimo, mescolato alla folla per ricevere il battesimo. Totalmente solidale con gli uomini, partecipa al loro cammino di ritorno verso Dio: Luca ci ha già annunciato precedentemente che Gesù era completamente dedito alle "cose del Padre suo": adesso il Padre parla e mostra il suo totale gradimento del Figlio. Luca sottolinea che Gesù "ha ricevuto il battesimo e pregava": battesimo e preghiera vanno insieme; se il battesimo lega Gesù agli uomini, la preghiera lo lega a Dio, suo Padre. Gesù è inseparabile dagli uomini e da Dio: lo Spirito unisce Colui che viene da Dio all'umanità alla quale lo ha incorporato. Battesimo e preghiera sono per Luca le circostanze nelle quali si realizza l'evento essenziale, la teofania, in tre momenti: il cielo fu aperto; lo Spirito Santo discese su di lui in apparenza corporale, come una colomba; una Voce avvenne dal cielo. Il cielo fu aperto: "Oh, se tu squarciassi i cieli e discendessi" (Is.63,19), è la supplica che nasce dal cuore di Israele che sperimenta il distacco da Dio. Adesso, quando Gesù accetta di discendere nella debolezza umana, quando è in preghiera, in comunione con il Padre, Dio è all'opera, la comunicazione con Dio è ristabilita: dal cielo aperto Dio risponde con l'invio della colomba e con la Voce. Lo Spirito Santo: dall'annuncio dell'angelo a Maria, Luca ci ha detto che Gesù è come "impastato" di Spirito Santo. Adesso, mentre partecipa al bisogno di Dio dell'umanità povera, mentre prega, il cuore di Gesù si apre al soffio dello Spirito che discende "in apparenza corporale, come una colomba": è lo Spirito della creazione nuova, è la vita intima di Dio, è il suo Amore che si "impasta" con la fragilità umana e fa l'uomo nuovo, Gesù, il primogenito di una umanità nuova, che il simbolo della colomba con la pluralità dei suoi significati esprime. Una Voce avvenne dal cielo: nel momento del battesimo Gesù si presenta davanti a Dio come fratello degli uomini, ha deposto la veste del Figlio unico di Dio per indossare quella dei peccatori (S.Paolo, Fil. dirà: ha abbandonato la sua uguaglianza con Dio e ha assunto la forma di servo) ed è proprio quando il Padre gli parla e gli dice: "Tu sei il mio Figlio, l'amato: in te ho posto tutta la mia gioia". Commentando questo testo il Papa ricorda che "un'ampia corrente di teologia liberale ha interpretato il battesimo di Gesù come un'esperienza vocazionale: qui egli che fino a quel momento ha vissuto una vita normale avrebbe raggiunto la consapevolezza di un particolare rapporto con Dio e della sua missione religiosa.... Ma niente di tutto ciò si trova nei testi: Gesù non appare come un uomo geniale con le sue emozioni, successi e insuccessi, come un uomo di un'epoca passata... Egli invece sta di fronte a noi come "il Figlio prediletto" che se da un lato è totalmente Altro, proprio per questo può diventare contemporaneo di tutti noi, per ognuno di noi più intimo di quanto ciascuno di noi lo sia a se stesso". |