Omelia (29-04-2001)
mons. Antonio Riboldi
Mi ami tu?

Non doveva essere facile l'incontro di Pietro con Gesù dopo la brutta figura fatta nel momento in cui seguire Cristo chiedeva una prova di estremo coraggio. Gesù si era come disarmato volontariamente della sua onnipotenza divina, consegnandosi agli uomini come fosse il più debole di tutti. Era il momento supremo dell'amore che si faceva dono e quindi era necessario che desse tutto, ma proprio tutto, mettendo da parte ogni potenza. L'amore, quando è dono, arriva a dare anche la vita. Pietro, come tutti gli altri apostoli, che avevano seguito Gesù fin dal primo momento della sua missione tra di noi, avevano ammirato la potenza che aveva strappato il loro pieno consenso, alla vista della sua impareggiabile proposta di vita, che faceva dire loro "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
Ragionando secondo gli schemi umani che vogliono sempre vedere la "potenza" trionfare e mai sottomettersi alla umiliazione totale come quella scelta da Gesù, si rifiutavano di pensare la passione e morte del Maestro. Quando Gesù rivelò loro il suo disegno di amore, che appunto aveva, il suo compimento sulla croce, fu proprio Pietro a prenderLo in disparte e dirGli, come ne avesse autorità: "Non sia mai questo" con aria di chi osa rimproverare addirittura il Maestro. E Gesù gli replicò duramente e pubblicamente: Va, lontano da me Satana: tu mi sei di scandalo. Tu non la pensi come Dio ma come gli uomini". E tutti conosciamo come la generosa baldanza di Pietro divenne immensa paura nel sinedrio, quando messo sotto accusa da alcuni presenti, ben tre volte Lo rinnegò, fino ad affermare che Lui Gesù non lo aveva mai conosciuto e tanto meno ne era discepolo. A lui, di Gesù non importava proprio nulla, ma era come tanti venuto a curiosare. Fino a che "il gallo cantò" e gli ricordò la profezia del Maestro: "prima che il gallo canti tu mi avrai rinnegato tre volte". Quel canto del gallo gli aprì gli occhi e si vide vigliacco: un. vigliacco che aveva tradito Chi lo amava tanto e che lui amava tanto fino a lasciare tutto per seguirlo. "E pianse amaramente".
E' una storia, quella di Pietro, che fa venire in mente la storia di tanti di noi che, di fronte ad un mondo che in mille sofisticate maniere mette in ridicolo la nostra fede in Gesù, rinneghiamo Chi amiamo. Per paura. Per vergogna. Per non essere messi alla berlina da chi non sa rispettare la libertà della persona che crede. Ce ne sono tante, ma tante storie "di Pietro che rinnega chi ama"! Quante paure frenano la generosità che è davvero prova di fedeltà, virtù richiesta dall'amore!
Ma venne il giorno del tu a tu tra Pietro e Gesù dopo la resurrezione E così lo narra il Vangelo. Quando ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo". Gli disse: "Pasci i miei agnelli" Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi ami?" Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo" Gli disse: " Pasci le mie pecorelle". Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi ami?" Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: "Mi ami?" e gli disse: "Signore tu sai tutto: tu sai che io ti amo". "Gli rispose Gesù "Pasci le mie pecorelle" (Gv.21,10-19).
E' un confronto tra amici, che vuole scavare fino in fondo la verità e la profondità dell'amicizia che tale è se è disposta ad andare fino in fondo, fino ad essere dono della vita, superando ogni difficoltà. E', se vogliamo, "il fondamento della fiducia che poi si ripone l'uno nell'altro". Quanto fa pensare quella triplice domanda di Gesù "Mi ami tu?" e la triplice risposta": "Tu sai che ti amo". Pietro alla domanda che scavava nel fondo del cuore, può solo dire, nonostante la sua passata debolezza: "Tu sei tutto"; ossia tu conosci molto bene il fondo del mio cuore, fatto di generosità, ma con la debolezza tipica dell'uomo. Forse in quella prova Gesù aveva voluto fare toccare con mano a Pietro e quindi a tutti noi, quanto siamo davvero 'niente', nonostante la nostra boriosa sufficienza o stupida potenza, per poi affidarci compiti che richiedono "altra potenza", quella dello Spirito. Come qui l'affido che Gesù fa a Pietro delle 'sue pecorelle', ossia della Chiesa. Un compito da fare tremare veramente i polsi a chiunque. E Noi sappiamo come Pietro poi lo portò a termine con un coraggio che meraviglia. Basta leggere gli Atti degli Apostoli. E' il coraggio che dà lo Spirito, non solo al Papa o ai Vescovi, ma a tutti i Cristiani. Basterebbe pensare ai tanti martiri 'laici', ossia semplici cristiani.
Lo dà quindi a me, a voi tutti.
Quando Dio mi scelse suo sacerdote - e sono quasi 50 anni - e più ancora quando mi affidò il servizio di Vescovo, sempre mi chiesi se sarei stato in grado di portare a termine questo atto di fiducia di Gesù. E sempre mi tornava e mi torna alla mente questa scena evangelica. Ossia Gesù che conosce la mia debolezza, grande debolezza, e non chiede a me assolutamente nulla. Fa la stessa domanda che ha fatto a Pietro: "Mi ami tu?" E la risposta è sempre la stessa di Pietro: "Signore, tu sai, tu conosci tutto". Lui non ha bisogno delle mie capacità: Lui vuole solo la mia fiducia e il mio abbandono alla sua potenza. In fondo noi, io e voi, possiamo solo prestare la nostra opera generosa: ma chi poi veramente porta avanti la salvezza è Lui. A noi, dirà quello che ha detto agli apostoli di ritorno dalla loro missione: "Siete servi inutili... aggiungendo, rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nel Cielo".