Omelia (25-12-2009)
don Giovanni Berti
La mia casa, la tua casa

Clicca qui per la vignetta della settimana.

Nella mia mente è ancora vivo il ricordo di quando quasi 37 anni fa mi sono trasferito con la mia famiglia nella nuova casa appena costruita a Bussolengo. Avevo circa 6 anni e frequentavo l'ultimo anno della scuola materna. E' un ricordo più forte nel cuore che nella mente. Ricordo le emozioni più che i fatti.
In tutti gli anni da prete ho cambiato diverse case e sono stato ospite in moltissimi posti diversi, ma quando penso a qual è la mia casa, quella dove ho i ricordi e i legami più forti, è ancora quella di allora.
La propria casa non è solo un tetto e quattro pareti per ripararsi e stare qualche tempo. La propria casa è il luogo che nel corso del tempo amiamo sempre ritornare, e che conserva come in uno scrigno i sentimenti più profondi.
Quando da piccolo sentivo di persone che a causa di terremoti o incendi, o a causa di guerre, era costretta a lasciare la propria casa e la perdeva definitivamente, rimanevo molto impressionato e mi auguravo sempre che questo non accadesse mai a me e alla mia famiglia.
Anche ora che per il ministero sono chiamato ad abitare in case diverse, sento forte l'esigenza di ambientarmi nella casa nuova il prima possibile, facendo di tutto per sentirla casa mia. Come ho detto sopra, non mi basta avere un tetto sopra la testa, ho bisogno di sentirmi a casa, anche se nulla potrà mai sostituire la mia casa materna, anche se ci sto oramai pochissimo, e non vi dormo più.
"Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi..."
Dio ha scelto l'umanità come casa dove abitare. Non un albergo per starci qualche giorno in fretta e in modo anonimo. L'umanità è una casa per Dio, la casa dove si riconosce e dove torna in continuazione per sentirci in pace.
Penso che per Gesù la mia vita è come per me è la mia casa di Bussolengo. Nel momento che sono entrato nella vita, Gesù, il Verbo di Dio, si è fatto carne ed è venuto ad abitare in me.
Non sono un albergo per Gesù. Non sono uno dei tanti motel anonimi lungo la strada della storia.
E' questo quello che mi annuncia il Natale anche quest'anno attraverso le parole dell'evangelista Giovanni. E queste parole sono state scritte da quell'evangelista che nel proseguo del racconto si sentirà sempre "abitato" dall'amicizia di Gesù, anche nei momenti più duri e difficili del ministero.
Il Vangelo mostra anche il rischio della non-accoglienza. Mi mette in guardia sul pericolo quotidiano di trattare Gesù come ospite di qualche ora ed estraneo, proprio come in una stanza di albergo.
Ma l'accento rimane su questa scelta di Dio di abitare e di non perdere la propria casa in me e in ogni uomo e donna dell'umanità.

Non ricordo quando sei venuto ad abitare nella mia casa.
Crescendo mi sono accorto che già abitavi con me.
Forse ti ho trattato talvolta come fastidioso ospite,
e ho preteso i miei spazi separati dai tuoi
quasi che volessi conquistarli per farmi un dispetto.
Ho creduto che la mia libertà fosse in pericolo,
ma non era così.
Diventando adulto ho compreso che è stata tua la scelta
di abitare con me,
nella mia vita, facendo della mia casa la tua casa,
ma senza gelosia e invasioni di campo.
Mi ci è voluto un po' di tempo, è vero,
ma credo che sia normale in ogni famiglia.
Tu sei paziente, e anche se qualche volta ti ho sfrattato,
non ti sei perso d'animo,
e non hai cercato altre case, perché la tua casa,
quella che ami e che non puoi dimenticare è la mia.
Tu Gesù, Verbo di Dio, ti sei fatto carne per abitare con me.


Clicca qui per lasciare un commento.