Omelia (25-12-2009)
don Daniele Muraro
Con i Santi in cerca di pace

Si dice Natale con i tuoi e a noi in quanto comunità cristiana chi dovrebbe essere più familiare dei santi? Perciò per questa riflessione sul Natale stiamo con i santi e in particolare san Giovanni Maria Vianney, il curato d'Ars, a centocinquant'anni dalla morte, e anche con san Francesco d'Assisi.
Domenica scorsa il papa nel saluto prima dell'Angelus ha affermato che "il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell'umanità in cerca della vera pace".
Davanti al presepe, preparandolo e poi contemplandolo si respira un'aria di genuinità e di semplicità, forse un po' infantile, ma questa sensazione non può far dimenticare il significato profondo del Natale, che è la nascita del Figlio di Dio venuto a condividere la nostra condizione umana.
Da parte sua san Giovanni Maria Vianney faceva queste considerazioni: "Si è soliti dire: 'Oh! Com'erano semplici i santi!'. Sì, erano semplici riguardo alle cose del mondo, ma, riguardo alle cose di Dio, se né intendevano, eccome!".
Pensiamo a san Francesco. Fu proprio lui a voler vedere rappresentato per la prima volta il mistero nel Natale sotto forma di presepio. Narrano le Fonti Francescane: "Francesco meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, chiamò a sé un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, e gli disse: 'Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva...'.
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza!... Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme...
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme..."
Uno più semplice di san Francesco è difficile trovarlo, ma tutto il suo slancio nel proporre agli altri il mistero del Natale proveniva dalla profonda comprensione che Egli aveva delle cose di Dio.
La semplicità fu un tratto caratteristico anche della personalità di san Giovanni Maria Vianney e per questo suo modo di fare dovette subire anche molti dispiaceri. Ma come spiega lui stesso: "Certo, i santi non comprendevano nulla delle cose del mondo! Ma solo perché esse apparivano ai loro occhi di così scarsa importanza che non vi facevano attenzione."
Lo stesso Cristo venendo nel mondo non prestò attenzione al dove e al quando, ma si accontentò di una stalla, grande appena per ospitare oltre al bue che già vi si trovava solo Maria e Giuseppe con l'asinello di cui si erano serviti durante il viaggio. C'era qualcosa di più grande che interessava al Signore di avere venendo nel mondo: una Madre capace di amare e quindi senza colpa, una famiglia unita, la fede dei pastori, la pace nel cuore degli uomini.
Certamente queste condizioni tutte insieme si sono verificate una sola volta e alcune non sono per niente riproducibili, ma è proprio per questo che è bene ritornare a quell'avvenimento unico che è il Natale del Signore per farcene coinvolgere anche con il pensiero.
Diceva ancora il curato d'Ars: "Credo che una persona che non ascolta la parola di Dio come si deve non si potrà salvare: non saprà mai cosa bisogna fare per ottenere la salvezza".
Oggi si salta troppo facilmente dall'emozione all'azione, saltando la tappa intermedia della riflessione. Si vede qualcosa che non va, si sente un moto di ribellione e subito si cerca la maniera di cambiare, provando frustrazione se non ci si riesce al primo tentativo. Si vede all'opposto qualcosa di piacevole e subito si cerca la maniera di averlo, disinteressandosi degli strascichi successivi o delle ripercussioni.
Così non si troverà mai pace. In questo Natale i santi con la testimonianza della loro vita Egli ci indicano che la via della pace passa attraverso Betlemme dove il Figlio di Dio diventa uomo per rimanere sempre presente nel mondo soprattutto nei sacramenti.
San Giovanni Maria Vianney arruolato sotto l'esercito napoleonico cercò anche lui la vera pace e avendola trovata nel Signore ad un certo punto ne fu così ripieno da comunicarla con larghezza ai penitenti che si presentavano da lui, i quali recuperavano la fiducia in se stessi e l'unione con Dio. San Francesco da parte sua voleva che i suoi frati salutassero così: "Pace e bene!"
Anche quando il presepio sarà disfatto Gesù rimane fra noi. Lasciamo la parola per concludere ancora una volta al curato d'Ars: "Lui, Gesù, è lì, nel tabernacolo, e ci aspetta... non lasciamolo solo!"
Davanti a Lui troveremo la pace. Egli è venuto per farsi nostro "compagno di viaggio!" per la lunghezza del nostro cammino, fino a quando la pace non sarà più solo invocazione e speranza ma sarà la realtà.
Noi gustiamo l'anticipo di questa gioia nella densità del Natale vissuto con la fede nel Figlio di Dio fatto uomo per noi da Maria.