Omelia (27-12-2009) |
don Daniele Muraro |
Oro al gran Re Già ai suoi tempi Alcibiade, generale greco, diceva con simpatica ironia: "Il mio bambino deve essere molto potente se comanda a sua madre, la quale comanda a me, che comando a tutti gli ateniesi". Più di recente don Oreste Benzi intitolava il suo libro sull'educazione: "Onora tuo figlio", rovesciando apparentemente il dettato del quarto comandamento: "Onora il padre e la madre!"; ma anche questa non è una novità se è vero che il retore latino Quintiliano suggeriva ai pedagoghi: "al fanciullo si deve il massimo rispetto (reverentia)". In effetti è solo di recente per le nostre famiglie che il bambino nella casa viene trattato come un piccolo re; tuttavia sembra diventato un obbligo generale. Tra il serio e il faceto talvolta si vede il bebé rappresentato oltre che con indosso il pannolino anche con la corona in testa e lo scettro in mano quasi ad indicare il suo potere di condizionamento sulla vita degli adulti. Questo può anche spaventare i futuri genitori che rendendosi conto degli impegni connessi con il mettere al mondo un figlio e farlo crescere restano incerti di fronte alla prospettiva di un nuovo fiocco rosa od azzurro in famiglia. La frase più tremenda sentita alla radio è quella di un ascoltatore che confessava di non voler figli con la sua compagna perché: "far nascere un figlio significa portarsi un estraneo in casa." Nondimeno una abitazione senza figli sembra vuota e non mancano coppie che soffrono intimamente per l'impossibilità di vedere fruttificare il loro amore con la generazione di una nuova vita che rallegri la convivenza familiare. Quello che induce gli adulti a prendersi cura di un bambino piccolo è la sua fragilità e delicatezza, la sua incapacità di badare a se stesso e il suo continuo stato di necessità, ma anche la ricchezza delle potenzialità ancora inespresse e in buona parte ignote, tuttavia sicuramente presenti e su cui si appoggiano le speranze di molti. Il primo dono che presentarono i Magi a Maria sua Madre e al bambino Gesù dopo essersigli prostrati davanti e avere aperto i loro scrigni fu Oro, appunto Oro al grande Re. Si trattò di un segnale equivoco che di lì a poco avrebbe condotto il re Erode a perseguitare il bambino ancora in fasce e a sterminarne i coetanei dai due anni in giù. Venne ad ogni buon conto il momento in cui il fanciullo Gesù rivelò la sua indipendenza di giudizio e il suo spirito di iniziativa e fu il pellegrinaggio al Tempio allo scadere dei dodici anni. A quell'età il giovane ebreo diventa bar-mitzvah, ossia figlio del comandamento, leggendo per la prima volta un brano della Torà nella Sinagoga entra a far parte della comunità e diventa una persona responsabile obbligato ad adempiere tutti i doveri giudaici. Prima della dispersione fuori da Israele seguita alle rivolte contro i romani il riconoscimento di questo stato di maturità religiosa e morale comportava un esame da sostenere nel Tempio di fronte ai maestri più rinomati. Veniva proposta una questione, per esempio se una determinata azione era lecito o no compierla di sabato e il giovane doveva rispondere argomentando la sua tesi. Inoltre si doveva dar prova di conoscere tutta la Scrittura sacra, compresa la storia e i detti dei profeti. Ogni famiglia doveva curare da se stessa l'educazione del proprio figlio. Di solito lo si mandava a lezione nella sinagoga del proprio paese, ma l'esame avveniva solo a Gerusalemme. È singolare che Gesù, la Sapienza in persona, si sottometta a questo rito istituito apposta per saggiare la preparazione degli ignoranti, ma dall'umiltà del Figlio di Dio possiamo apprendere tutta la considerazione in cui Egli teneva l'occuparsi delle cose del Padre suo, cioè la vera Sapienza, quella Sapienza che il Re Salomone confessava di aver preferito a scettri e a troni, stimando un nulla la ricchezza al suo confronto..., perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento. E ancora "l'ho amata più della salute e della bellezza, preferendola alla luce perché lo splendore che viene da lei non tramonta." Questo è il migliore investimento che un genitore possa fare per il futuro dei suoi figli: educarli nella vera sapienza, che è tesoro che non si consuma e una eredità che continua a portare frutto nel tempo. Questa è la reverenza che si deve ad un ragazzo in crescita, questo è l'onore da rendere al proprio figlio da parte dei genitori: una educazione sana confortata da un esempio credibile. Questa è anche la migliore offerta a Dio che uno possa fare delle proprie sostanze: offrire a Dio il gioiello inestimabile di una coscienza fatta crescere nella conoscenza della sua Parola e nella pratica della sua Legge. Quando un giovane ha interiorizzato dei valori autentici i suoi genitori possono stare tranquilli e lasciarlo libero di andare con fiducia sulle strade del mondo, un po' come Maria e Giuseppe che nel viaggio di ritorno solo la sera si accorgono che Gesù non è nella comitiva. Nella risposta ai due angosciati genitori il fanciullo Gesù rivela che chi obbedisce a Dio ubbidisce al colui che è il Padre di tutti e così facendo non disubbidisce mai ai suoi parenti, anche se essi hanno progetti diversi su di lui per il futuro. Il bambino è re certamente, ma questa condizione sarà completa quando tramite l'amorevole pratica educativa degli adulti egli sarà in grado di comandare a se stesso e diventare signore della sua vita e così potrà presentarsi a Dio e alla comunità non solo nel pieno delle sue forze, ma anche nella rettitudine di una coscienza ben formata. |