Omelia (06-01-2010)
Marco Pedron
Sei sempre e solo tu che scegli

Cosa sono questo vangelo e tutti i vangeli del Natale? I vangeli del Natale (Mt 1-2; Lc 1-2; Gv 1) sono il racconto teologico della nascita di Gesù. Teologico non vuol dire come è nato effettivamente Gesù ma il senso della sua nascita per noi e per questo mondo. I vangeli dell'infanzia, infatti, non descrivono le vicende storiche di Gesù e dei suoi primi anni.
Gesù non è nato il 25 di dicembre. Il 25 di dicembre è Natale perché i Romani celebravano la festa del Natalis solis invicti (la festa del sole nascente e vittorioso). E chi era, per i cristiani, il vero sole nascente e vincente se non Gesù?
Maria? Che ci fa Maria in questo viaggio visto che: 1. è incinta, e non era quindi proprio il caso che ci andasse; 2. le donne non votavano e non avevano nessun valore giuridico? Ma ci doveva essere a Betlemme visto che proprio lì diceva il profeta Michea doveva nascere il Messia tanto aspettato e desiderato.
Giuseppe? Perché deve andare a Betlemme? Se deve andare lì, allora giuridicamente deve aver avuto dei possedimenti lì. Ma se li avesse avuti, come mai allora non trova alloggio?
La stella? Contraddice tutte le leggi astronomiche.
I pastori? Come possono esserci i pastori all'aperto il 25 di dicembre, quando da marzo a novembre faceva troppo freddo e non passavano mai la notte all'aperto? Certo, se Gesù è quel Davide tanto aspettato, che era pastore, allora capiamo bene.
Il censimento? Non c'è nessuna prova chiara di censimento della Palestina sotto l'impero romano; in ogni caso in quell'anno (il 6 a.C.) Quirinio non era "legato" in Siria.
Allora noi non dobbiamo prendere ciò che è scritto come la verità storica ma leggere ciò che attraverso queste immagini chi ha scritto voleva dirci. Il messaggio del Natale è: Dio, l'Altissimo scende da lassù e viene quaggiù, perché tutto ciò che c'è quaggiù è degno di vita, di amore e porta in sé un raggio della Luce divina. Gesù è il Dio incarnato che annuncia e porta questo messaggio incredibile.

Ma il Natale descrive pure il compito di ogni uomo: far nascere il Bambino Divino. Natale è: il Divino è dentro di me (gli psicologi parlerebbero del Sè), Dio risiede dentro di me. Ma il Divino in me è nascosto, sepolto, seppellito: il compito di tutta la mia vita è quello di farlo emergere, di tirarlo fuori, cioè di farlo nascere. Il Natale per me è che io faccia nascere il Dio che c'è in me.

Il vangelo di oggi descrive le due grandi vie possibili: Erode o i Magi.
La prima via "uccide", si disinteressa del Bambino Divino e anzi lo vede come un nemico, un pericolo. La seconda via "lo cerca", è disposta a mettersi in gioco e a cercare ciò che dà vita e felicità. Scegli: ognuna ha il suo pro e il suo contro. Puoi essere Erode o puoi essere i Magi. Fai la tua scelta! La differenza all'inizio è minima (fare o non fare un viaggio) ma alla fine sarà totale.

Il Bambino c'è per tutti. Tutti hanno qualcosa di sacro e di divino da far nascere. Il Bambino Divino è ciò che io posso essere nella mia massima espressione, è il diventare l'essere regale che sono, è il vivere la Vita, la Luce che c'è in me, è diventare l'albero a partire dal seme che sono. Il Bambino è lì: c'è in te, c'è in me, c'è in ogni uomo. Lui ti aspetta.
Le persone dicono: "Che ci sto a fare a questo mondo?". Non lo so, ma so che c'è un motivo. Le persone dicono: "Tu sì che sei stato fortunato! Io non ho avuto certe fortune!". Non è vero: certo le situazioni di vita a volte sono diverse e a volte molto diverse, ma tutti abbiamo il Bambino dentro di noi. Da questo punto di vista siamo tutti fortunati e tutti alla pari. Dio è in tutti; Dio è dentro di te quanto lo è dentro di me, senza nessuna differenza.

I Magi, dice il testo, giungono da Oriente (2,1). Noi sotto sotto abbiamo l'illusione che trovare Dio, che vivere nel regno della felicità o dell'amore, che compiere il nostro destino, possa avvenire tranquillamente. Seduti in casa, davanti la tv, con un po' di coca-cola, dei pop-corn, un giorno ci arriva l'illuminazione, ci cade dall'alto e capiamo cosa fare. Ma non è così. Vuoi trovare Dio, il tuo Bambino Divino? Cerca! E cerca con tutte le tue forze e con tutto te stesso.
I Magi partono da lontano. E non a caso partono dall'Oriente: perché dall'Oriente sorge il sole, la luce, l'illuminazione. Per trovare la luce, l'illuminazione bisogna fare un lungo viaggio.
I Magi erano astrologi: non stavano male, anzi tutt'altro. Erano certamente ricchi: e chi glielo fa fare di lasciare tutto, di seguire una stella, di mettersi in viaggio verso l'ignoto e il misterioso? "Chi me lo fa fare", chiedono spesso le persone? "Nessuno!". E' un'esigenza del cuore; il desiderio dell'anima è trovare Dio. Il viaggio, la ricerca, lo scoprire, è il respiro del cuore.
Il discepolo chiese al maestro: "Chi è Dio?". Il maestro gli disse: "Vieni oggi pomeriggio al fiume". Il discepolo andò e il maestro portò il discepolo lì dove l'acqua arrivava alla cintola. Ad un certo punto all'improvviso, gli prese la testa con violenza e gliela mise sotto l'acqua per parecchi secondi. Il discepolo ovviamente si dimenava. Gliela tirò fuori, il discepolo terrorizzato dalla cosa, prese respiro un attimo e poi di nuovo il maestro gli rimise la testa sott'acqua per una seconda e una terza volta. Il discepolo era letteralmente fuori di sé. Quando si calmò, seduti sul bordo del fiume, il maestro chiese al discepolo: "Che cosa cercavi quand'eri sott'acqua?". "Che cosa cercavo? L'aria, ovvio!". "E quanto la cercavi?". "Tantissimo, era questione di vita o di morte". "Bene - disse il maestro - quando cercherai Dio così, allora lo troverai". La vera domanda non è: "Se vuoi trovare Dio" ma "quanto lo vuoi trovare".
Guardate Erode: lui non si mette in ricerca, lui rimane a Gerusalemme (2,1.8). Lui non fa nessuna fatica; lui non si muove, lui non è disposto a compiere nessun viaggio e per questo non troverà proprio niente. Perché chi non viaggia non trova niente.

I Magi partono per il loro viaggio. Dobbiamo ricordare che, per la Bibbia, sono una presenza imbarazzante, inammissibile, sempre negativa, eccetto che qui.
Il Levitico era chiaro: "Non praticherete alcuna sorta di divinazione o di magia" (Lv 19,26). Nel corso della prima piaga d'Egitto Mosé tramuta tutte le acque del Nilo e dei torrenti in sangue, così che gli Egiziani non possano più bere; fa la stessa cosa che fanno i maghi, sono quindi rivali e concorrenti di Mosè (Es 7,22).
Il N.T. conosce Simone il mago (At 8,9-24) che voleva comprare lo Spirito Santo e il falso profeta Elimas che si faceva chiamare "figlio di Gesù" che Paolo e Barnaba smascherano.
Il termine "maghi" in greco significava "imbroglioni, ciarlatani, coloro che predicano menzogne" (Ger 27,10). Che ci fanno questi ceffi al cospetto del Dio Bambino? Ma perché Mt, unico evangelista, ce li infila dentro?
Siccome il termine "maghi" ha chiaramente una valenza negativa, per dargli un po' di dignità (unica volta!) si è tradotto (e non si capisce proprio il perché) il termine greco "maghi" con Magi. Furono poi elevati al rango di re e fu dato loro anche un nome: Gaspare, Melchiorre e Baldassare; uno era bianco, uno era nero e l'altro meticcio. E' chiara che l'operazione storica fatta, il restilyng, aveva il compito di redimere, di ridare dignità ad un gruppo di personaggi invisi e chiaramente negativi. Nel corso dei secoli è nato perfino il quarto Re Magio, quello che non è arrivato.
Il pro del viaggio dei Magi è la ricerca di ciò che sazia l'anima, di ciò che rende felici, di ciò che fa trovare la propria strada e il proprio destino, di ciò per cui vale la pena di vivere e di morire.
E il vangelo da una parte dice: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?". Che ti serve tutto quello che hai se non sei felice? Se sei sempre insoddisfatto?

Il contro? Ci sono varie controindicazioni (che sono anche però delle indicazioni).
1. Guardarsi dentro. I magi erano maghi, erano coloro che consultavano le stelle. Erano astrologi. Gli astrologi guardavano le stelle del cielo. Era la psicologia del tempo. Guardare fuori era a quel tempo il modo per guardarsi dentro.
Per arrivare al Bambino bisogna guardarsi dentro e scrutare i propri cieli e le proprie stelle. Non c'è altra possibilità! Ma che succede quando un uomo fa questo? Cosa succede quando si inizia la ricerca dentro di sé?
Perché molte persone farebbero di tutto pur di non guardarsi dentro? Perché quando ti guardi dentro scopri che non sei come pensavi di essere, che ciò che chiamavi amore non è affatto amore, anzi; scopri dolori, pianti e grida che non vorresti né sentire né affrontare; scopri che la realtà non è quella che tu vedi perché c'è tutto un mondo che tu non vuoi vedere e che ti nascondi e che tieni in qualche armadio ben chiuso a chiave, c'è tutto un mondo nascosto, lunare, sotterraneo. E che si fa? E' più facile dire parole religiose, preghiere, rosari, fare pellegrinaggi, ma mettersi a nudo e guardarsi per ciò che si è... questo è difficile. Ma non si può fare il viaggio verso Dio se non si fa il viaggio verso di sé.
Tu dici: "Io la amo", ma non è vero. Tu la vuoi per te, tu la possiedi. Tu sei geloso e hai paura di perderla.
Tu dici: "Io non faccio niente di male", ma non è vero. E' che tu neppure scavi dentro di te. Non vedi niente perché non hai il coraggio di tirare su la coperta e di vedere cosa c'è sotto.
Tu dici: "Io voglio bene alle persone", ma non è vero. E' che hai paura di rimanere da solo; vuoi bene solo se gli altri pensano e fanno come te; il tuo "bene" è "paura di stare da solo".
Tu dici: "Io mi conosco". Ah sì, e perché allora sei così nervoso? Perché sei così aggressivo? Perché non sei mai soddisfatto? Perché mi chiedi sempre l'approvazione? Perché non sai fare silenzio?
Guardate Erode: lui non si guarda dentro. Lui chiede agli altri, ai Magi (2,7), ai sommi sacerdoti e agli scribi (2,4). Lui non ha il coraggio di guardarsi dentro, lui ha paura di ciò che vedrà.

2. E' un viaggio personale. Nessuno cioè può farlo per te. O lo fai tu o nessun altro può farlo per te. Puoi leggere libri, sapere un sacco di cose su di te, sullo spirito e su Dio. Tutto questo ti aiuta, ma non serve.
La cosa decisiva è: prendere ed uscire. Questo devi farlo tu. Gli altri ti possono incoraggiare, gli altri possono dire un sacco di cose: "Ma guarda che ne vale la pena!; guarda che si soffre un po', ma poi si sta benissimo; dai provaci!; dai, che ce la fai!; osa!; hai un sacco di doni dentro di te: tirali fuori, ecc". Ma alla fin fine sta a te decidere se partire o se rimanere. Solo a te.
I Magi sono partiti da lontano, sono montati sui loro cammelli e hanno intrapreso il loro viaggio.
Erode? Erode non è uscito da Gerusalemme. Troppa paura!

Ma qual è il vantaggio del viaggio? E' scoprire i propri doni. I Magi portano al Bambino oro, incenso e mirra.
Il primo dono è l'oro. A che cosa serviva? L'oro era il dono che si faceva e che si portava al re (1 Re 9,11). L'oro è il simbolo per eccellenza della regalità.
Il secondo dono è l'incenso. L'incenso era l'elemento specifico dell'uso liturgico, usato soprattutto nei momenti più importanti e nelle offerte di ringraziamento (Lv 2,1-2; 1 Sam 2,28). Tutt'oggi anche nelle nostre liturgie viene utilizzato in quelle più solenni e più importanti.
Il terzo dono è la mirra. La mirra è una resina dall'intensa fragranza, dal profumo molto forte; è il profumo con il quale l'amante conquista il suo amato (Pr 7,17: "Ho profumato il mio giaciglio di mirra"). La mirra è il segno dell'amore tra gli amanti (Ct 5,5; Est 2,12).
Questi sono i doni dei Magi: e i miei, quali sono? Quali sono i doni che io ho in dote? Quali sono le risorse della mia vita? Su che cosa posso contare? Quali sono le mie ricchezze?
Invece di invidiare gli altri, sviluppa i tuoi doni e offrili alla Vita. La grande povertà è quella di credere di non avere nulla: ma tutti abbiamo qualcosa che nessuno può dare per noi. Tutti abbiamo qualcosa che è solo nostro. Tutti abbiamo dei doni che possiamo far vivere.
La vita è un dono: cioè, ciò che ci rende utili, significativi, importanti, è vedere, scoprire, che qualcosa di noi (i nostri doni) servono agli altri e al mondo. Allora ha senso il nostro esserci. Scopri i tuoi doni e offrili.
Esercizio: "Do un nome ai miei doni... alle mie doti... alle mie ricchezze (almeno dieci, perché la Vita è abbondante)".

3. Mettersi in gioco.
Sarà un viaggio liscio? Sarà semplice? Sarà come ce lo siamo programmati? Neanche per sogno! I Magi non sapevano cosa sarebbe successo, non sapevano dove sarebbero andati e cosa avrebbero trovato.
Si sono fidati della loro stella (2,2) e sono andati. Hai un'intuizione? C'è qualcosa che ti "prende", che ti appassiona? Seguila!
Maria ha seguito una illuminazione (Un sogno? Una visione interiore?): l'annuncio dell'angelo (Lc 1,26-38). Giuseppe ha seguito un sogno (1,20-25). I Magi hanno seguito una stella (e di certo non era fuori, astronomica!; Mt 2,1-12). Dai fiducia a ciò che senti dentro; fidati dei tuoi sogni interiori e dai spazio ai tuoi sogni. Tutti questi personaggi hanno fatto ciò che hanno fatto perché hanno avuto il coraggio di seguire l'impulso interiore. In te c'è tutta la saggezza che ti basta e che ti serve: credi a ciò che c'è dentro di te!
Hanno dovuto lasciare le loro certezze. I Magi erano gli esperti, gli scienziati, gli studiosi del tempo. Hanno dovuto perdere le loro certezze per seguire l'ignoto.
Se vuoi trovare "Dio", quante idee dovrai cambiare e quante cose che prima dicevi "verità" dovrai scoprire che sono illusione, falsità e a quante cose che dicevi "io" dovrai dire: "Non ero io, ma la maschera di me"!; e da quante persone dovrai distaccarti per non essere più dipendente. Perché è un viaggio che vuole trasformarti, farti diventare figlio di Dio, farti diventare ciò che puoi essere.
E' un viaggio dove ci si può perdere. Anche per i Magi è stato così: hanno perso la loro stella (2,9) e non sapevano più dove andare. In certi giorni ti verrà da dire: "Non serve a niente; ma chi me lo fa fare?; basta, è tutto un bluff!, ecc".
Bisogna perdere per trovare: bisogna lasciare le proprie idee di partenza per trovarne di più profonde. Bisogna perdere le proprie credenze per trovare la verità. Bisogna perdere gli amici di un tempo per trovare gli amici del cuore. Bisogna perdere la propria immagine di sé per trovare il proprio vero Sé. Bisogna perdere il controllo sulla propria vita per sperimentare che solo Lui è il Maestro. Chi non si perde non si può trovare. Prima di ritrovarsi bisogna perdersi.

La paura uccide.
Erode o i Magi sono ciò che tu puoi essere. All'inizio la differenza è vicina. In Erode vince la paura, nei Magi la forza del mettersi in gioco, in ricerca, di viaggiare. E alla fine faranno strade completamente diverse: Erode cercherà di uccidere quel Bambino, che nient'altro è che la sua parte divina, i Magi, invece, troveranno il Bambino e lo adoreranno.
Ma dov'è la differenza? Erode ha paura e si lascia vincere da essa. Anche i Magi ce l'hanno, anche per loro è un partire verso l'ignoto, ma non si lasciano bloccare e vanno lo stesso.
Psicologicamente, spiritualmente, Erode "non ha fatto nessun viaggio" verso di sé, non si è sviluppato. Quello che fa e quello che si vede non è lui è la sua maschera. Erode non si è mai raggiunto, non ha mai iniziato il cammino verso di sé e verso la Vita. E gli uomini primitivi dal punto di vista dell'anima sono capaci di tutto.
Erode era il terrore incarnato. Non era giudeo e per questo si era fatto costruire un falso albero genealogico. Il Sinedrio però sapeva della sua origine non giudaica: così quarantacinque dei settantuno membri dovettero "spontaneamente" togliersi la vita. Agli altri furono confiscati tutti i beni.
Lo stesso Augusto diceva di lui: "Meglio essere un porco che figlio di Erode" (in greco hys, maiale e hyos, figlio, si assomigliano).Uccise Aristobulo, sommo sacerdote e fratello di sua moglie; poi il cognato Giuseppe (marito di sua sorella Salome); poi Arcano nonno di sua moglie; poi la propria moglie Mariamme accusata senza fondamento di adulterio. Per consolarsi aveva comunque nove mogli e decine di concubine. Eliminata la moglie eliminò anche la suocera. Poi eliminò il nuovo marito della sorella Salome, Costobar. Nel 7 a.C. toccò anche ai suoi figli Alessandro e Aristobulo, fatti strangolare dal fratello Ferora, poi avvelenato per sicurezza. Cinque giorni prima di morire fece uccidere anche l'altro figlio Antipatro. Quando sentì che stava per morire fa rinchiudere nell'ippodromo di Gerico i personaggi più in vista di ogni città e dà ordine alla sorella Salome, una volta morto, di ucciderli tutti. Può bastare?
Erode uccideva ogni possibile avversario reale o immaginario che fosse, non importava molto. Sentita la voce della nascita del Messia, la strage degli innocenti fu ovvia per un uomo così.

Ma chi è Erode? Erode è un uomo pieno di paura (2,3): "Lui, e tutta Gerusalemme, restò turbato". E la paura diventa diffidenza, manipolazione, giudizio. E' preoccupato degli altri, del Bambino, invece che di compiere il proprio viaggio personale: "Chiamati segretamente... andate e informatevi accuratamente..." (2,7-8). Sentite la manipolazione, la perfidia, la falsità: lui però non fa un passo per cercare.
Quando una persona è più preoccupata di cosa fanno gli altri che di sé, vuol dire che ha rinunciato a compiere il proprio viaggio e il proprio cammino di vita. Allora tutti sono dei nemici e tutti sono pericolosi.
Ed Erode uccide (2,16-18): è la strage degli innocenti, di chi non centra niente ma che paga la tua paura e il tuo non voler camminare verso la luce e la consapevolezza.
Lavoro: arriva uno più bravo di noi e ci sottrae la scena, il primo posto: "Non è più fatto bene; una volta si faceva meglio; io non sono d'accordo; se si fa così io mi tiro in disparte". La paura genera l'invidia. L'invidia è l'incapacità di accettare le doti e le abilità degli altri.
Ricordate Biancaneve. Quando la matrigna si rivolge allo specchio e gli chiede: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?". E lo specchio: "Biancaneve". La storia dice che quella donna non poté sopportare che qualcuno fosse più bella di lei e decise di eliminarla.
Litigio tra coniugi o tra amici: "Eh, deve venire lui a chiedermi scusa; se aspetta che vada io ha da aspettare!!!". Oppure non ci si guarda più in faccia o si sta senza parlare per giorni e giorni. La paura genera l'orgoglio. L'orgoglio è l'incapacità di accettare di poter essere feriti e di essere vulnerabili.
La paura genera la guerra. Erode teme il Bambino (ma che poteva fargli un bambino) e tenta di ucciderlo.
C'è una barzelletta che racconta... Un carabiniere va dal dottore e gli dice: "Dottore, dottore ho male dappertutto. Se mi tocco qui (spalla) ho male... se mi tocco qui (gamba) ho male... se mi tocco qui (testa) ho male... se mi tocco qui (pancia) ho male...". Il dottore lo guarda e gli dice: "Lei ha il dito rotto". Se non vedi la paura che c'è in te, se non accetti di curare il tuo male, tutta la vita diventerà terribile.
Il padre che teme il figlio, perché lui non crede nel proprio valore, anche se non vuole lo disprezzerà: "Non sei capace; sei il solito stupido; non vali niente; sei sempre il solito; non sei come me".
La madre che ha paura di rimanere da sola, perché lei non si regge come donna sulle sue gambe, chiederà a qualche figlio di stare con lei: "Non mi abbandonare; guarda come soffro".
L'uomo che ha paura di guardare alla rabbia che ha dentro diventerà violento o impositivo: "Qui si fa come dico io; finché sei a casa, tu fai come ti dico io; io so!".
La donna che ha paura di guardare al dolore che ha dentro diventerà manipolativa ammalandosi sempre o con la maschera della vittima: "Siccome ho paura di non essere amata, userò il dolore per costringervi ad amarmi".

Che differenza c'è fra Erode e i Magi? Nessuna, se non che un "viaggio".
Ma quel viaggio è la differenza che fa di ogni uomo un Erode o un Magio, un figlio delle tenebre o un figlio della luce, una creatura primitiva od evoluta, un diavolo o un santo.
Il libro del Siracide (15,16-17) dice: "Il Signore ti ha posto davanti il fuoco e l'acqua; là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà".
Scegli Erode (nessun viaggio) o i Magi (il viaggio), la morte o la vita. Ma ricorda: sei sempre e solo tu che scegli!

Pensiero della Settimana


La paura di essere deriso ti impedisce di fare ciò che desideri.
La paura di essere solo
ti impedisce di affrontare la strada che il cuore brama.
La paura del giudizio ti impedisce di mostrarti per ciò che sei.
La paura di essere rifiutato
ti impedisce di tirare fuori le tue doti e la tua originalità.
La paura di morire ti fa vivere al risparmio e col freno a mano tirato.
La paura di essere ferito ti impedisce di darti del tutto a qualcuno.
La paura di essere tradito ti impedisce di amare.
Così ogni giorno non fai ciò che sei chiamato a fare.
Così ogni giorno muori.
Così ogni giorno ti allontani da te e dalla Luce in te.
Scegli la vita... e abbandona la paura.