Omelia (24-06-2001)
mons. Antonio Riboldi
Venne un uomo di nome Giovanni

Mentre scrivo queste riflessioni, il mio pensiero grato e orante va ad un uomo di nome "Giovanni Paolo II", e oggi è il giorno del suo onomastico - che è in Ucraina. Conosce molto bene le grandi difficoltà e anche le offese che può incontrare. Ma tutti gli riconosciamo il coraggio della fede e della missione di portare Cristo e pace a tutti gli uomini, su tutta la terra, perché è di tutti il diritto di conoscere il Padre e quindi essere suoi figli in pienezza. E tutti, credo siamo senza parole di fronte a questo 'profeta del nostro tempo', che 'abbatte i muri di separazione tra gli uomini e di questi da Dio'. Fece crollare il muro di Berlino, come fosse rumore zittito dalla verità, e vanificò tante odiosità che non hanno ragione di esistere quando si porta il nome di Cristo. Come fu recentemente in Grecia, in Siria, ecc. Nessuno riesce a fermarlo nonostante la sua salute precaria e la sua età avanzata. Assomiglia tanto, quando va tra la gente, al profeta disarmato, che non ferma i suoi passi perché la Parola di Dio non conosce fermata. Deve giungere a tutti gli uomini fino ai confini della terra.
E da qui, con tutta la nostra ammirazione e affetto, gli esprimiamo i più sinceri auguri. Gli siamo vicini con la preghiera forte. Auguri, Giovanni Paolo II!
Oggi è la solennità della Natività di Giovanni Battista. Per pochissimi santi la Chiesa celebra il natale: celebra quello di Gesù, di Maria, Sua Madre e di Giovanni Battista: un modo di dire grazie a Dio per il dono che fa alla nostra famiglia umana con loro.
Così Isaia, il grande profeta che narrò, non vedendoLo, ciò che avrebbe formato la vita del Messia: "Ascoltatemi o isole, udite attentamente, nazioni lontane: il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: "Mio servo sei tu, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria" ( Is.49,1-6)
Tutti conosciamo come la nascita di Giovanni il Battista avvenne nel modo 'misterioso', ossia voluto proprio dalla onnipotenza di Dio. Giovanni faceva parte di quel disegno di amore che Dio ha per gli uomini. Doveva essere il Profeta che doveva preparare la via del Messia: "Voce dal deserto".
Una grande, irrepetibile missione. Indicare la presenza di Gesù tra noi: riconoscere che Lui era il Figlio di Dio; prepararGli la strada con le parole: "convertitevi e fate penitenza" e purificando le coscienze con il battesimo nel Giordano".
E così narra la sua natività Luca: "All'ottavo giorno, vennero i suoi genitori per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni"
Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome". Allora domandarono con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati e in quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua e parlava benedicendo Dio". (Lc.1,66-80)
Può meravigliare questa decisione nel dare il nome Giovanni.
Quando nasce un bambino, tutti noi ci affanniamo a indicare con quale nome chiamarlo. E normalmente il nome viene dato nel Battesimo, come per Giovanni nella circoncisione.
Per noi cristiani che sappiamo di essere figli di Dio e quindi tutti con un senso ed una vocazione, un perché nella vita, il nome non indica solo la persona per distinguerla da altri, ma, come per Giovanni, indica il rapporto particolare che abbiamo davanti al Padre, che sa molto bene il perché ci ha dato la vita e la missione che dobbiamo compiere. Chiamare per nome è il vero modo di definire l'amore che passa tra padre e figlio o anche tra amici.
Dietro quindi il nome di ciascuno di noi c'è un misterioso e meraviglioso disegno: un irrepetibile disegno. Quando mamma mi chiamava evidenziava un rapporto unico tra me e lei, che nulla toglieva agli altri. Ma io ero Antonio e basta. Così è davanti a Dio.
Forse un altro grande Pontefice, che abbiamo ricordato in questi giorni, Giovanni XXIII, quando nacque a Sotto il Monte, certamente non sapeva che Dio gli aveva tracciato una strada incredibile. E lui, quasi facendosi condurre per mano dal Padre e con Lui percorrendo la strada da Lui preparata nella Chiesa e per il mondo, si affacciò al mondo con il sorriso disarmante di chi non nascondeva la sorpresa e la sua debolezza, ma nello stesso tempo la sua grande fiducia. Seppe attraversare tempi storici che sembravano preludessero la catastrofe e lui lasciò tutti sorpresi, come di fronte ad una inaspettata Pentecoste, chiamando la Chiesa al Concilio Vaticano II, che davvero cambiò le carte in tavola alla storia del mondo e della Chiesa.
Ricordiamo tutti come faceva cose grandi con la più disarmante umiltà, come quando, all'inizio del Concilio, a sera, si affacciò alla finestra del suo palazzo e invitò tutti alla gioia ed alla speranza: "Anche la luna questa sera si affaccia a sorridere...quando tornate a casa date una carezza agli ammalati, ai bambini e dite: è la carezza del Papa".
Parole semplici, come è nella natura dell'amore, ma ebbero la potenza di dare ali di speranza all'umanità.
E quando venne il giorno del suo ritorno a casa, la gente che sapeva della sua prossima morte, pregava giorno e notte sotto la sua finestra, chiedendo a Dio di lasciarlo tra di noi. Ma al Signore piacque continuare la sua storia di amore con altri: e sappiamo di quale grandezza.
Quella piazza ricordò: "Venne un uomo di nome Giovanni". E oggi, guardando all'opera: di Dio, Giovanni Paolo II, possiamo ripetere: ""C'è ancora Giovanni". E sarà così fino alla fine.
Non mi resta che dare un augurio di cuore a tutti i Giovanni e Giovanne.