Omelia (24-01-2010)
padre Gian Franco Scarpitta
Ma la Parola di Dio non si ferma!

Rientrai in patria dopo l'esilio babilonese, gli Israeliti cominciano ad organizzare la loro vita secondo stili nuovi e propositivi e i libri di Esdra e Neemia ci descrivono l'andamento della vita del popolo conseguentemente al rimpatrio suddetto. Nella pericope di cui alla Prima Lettura odierna, Neemia (autore del Libro ma allora governatore in Gerusalemme) descrive come tutto il popolo, attento e commosso, pende dalle labbra del sacerdote Esdra mentre questi proclama il libro della Legge. Il popolo si dispone all'ascolto e risponde con l'assenso "amen, amen" e il proposito affermato di osservare quanto Dio ha appena loro comunicato.
L'argomento che maggiormente dovrebbe attirare le nostre attenzioni è pertanto quello dell'ascolto rivolto dal soggetto credente nei confronti della Parola di Dio.
Molto spesso da parte nostra nei confronti della Parola di Dio ci si comporta come se Essa fosse nient'altro che parola dell'uomo, ossia comunicazione sterile e inopportuna, o comunque non necessaria ad essere ascoltata e assimilata, sempre che non comunichi notizie piacevoli, curosità, o non ci intrattenga per mezzo di distrazioni e di divertimenti. La notizia sulle possibilità di un' immediata vincita al lotto la si ascolta con speciale attenzione; la comunicazione mediatica di un fatto curioso o di una notizia aberrante la si segue fintanto che ci incuriosisce, desta il nostro interesse e ci muove alla sensibilità, ma la si elude quando diventa ripetitiva o quando ci ragguaglia su argomenti di politica o di attualità;. una digressione culturale, formativa, filosofica la si snobba spesso a priori o al massimo la si sopporta con tedio e sofferenza. La vittoria della squadra del cuore suscita talmente attenzione ed entusiasmo da rendere sul momento radio e tv tanto indispensabili quanto non lo siano mentre ci illustrano documentari e dibattiti culturali. Per farla breve, la parola (meglio: la comunicazione) di scaturigine umana cattura la nostra attenzione solo in ragione dei nostri interessi, della curiosità e della sensibilità di cui disponiamo sul momento; mai la si ascolta sempre e in ogni circostanza e l'atteggiamento che si assume nei riguardi della Parola di Dio non è differente: sembra spesso che per noi Dio non si sia mai rivelato ma che debba rivelarsi solo nella misura in cui a noi piace. Non esageriamo con affermazioni simili, visto che durante le omelie domenicali serpeggia spesso un clima di riluttanza o di ritrosia e si presta attenzione al sacerdote solo quando questi si intrattiene su riferimenti concreti e non sono rari i casi di rimostranza nei confronti del parroco eccessivamente "prolisso e noioso". Come pure innumerevoli sono le occasioni in cui la catechesi e la Parola non assumono la medesima importanza rispetto ai rosari, alle feste patronali e alle giornate ludiche in oratorio e l'attivismo delle opere sociali e di volontariato toglie spazio alla riflessione sulla Parola di Dio. Occorrerebbe che ci educassimo all'ascolto della Parola in ogni occasione e in tutte le circostanze, anche quando Essa debba enunciare qualcosa su cui istruirci (cioè sempre) o rivelare qualcosa da rimproverarci e l'educazione del popolo all'ascolto e all'attenzione dovrebbero costituire una delle priorità più importanti del ministero di noi presbiteri. Paolo distingue nettamente fra la parola degli uomini e la parola di Dio, rilevando come questa abbia sempre la prevalenza per la nostra edificazione e per implicito aggiungendo anche quanto pronta e responsabile debba essere la nostra attenzione nei Suoi confronti: "Avendo ricevuto da noi la Parola di Dio, l'avete accolta non come parola di uomini, ma com'è veramente, quale Parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete" (1Ts 2, 13). L'ascolto da parte del fedele è tema ricorrente nella Bibbia, come pure diffuso è il riferimento alla ricompensa ottenuta da parte di chi presta attenzione a quanto Dio comunica, mostrandosi risoluto nel tradurre in opere concrete quanto appena udito e di trasformare in prassi viva la Parola ascoltata; come nel caso del giovane Eutico che, avendo ascoltato volentieri Paolo per ore e ore, colto da un sonno profondo cade dal davanzale di una finestra al terzo piano e muore. Paolo interviene prontamente e lo riporta in vita (At 20, 9 - 10)
Anche a Nazareth ci si dispone all'ascolto di Gesù, come nel caso di Esdra e di Neeemia, ma con una conclusione ben più triste. In un qualsiasi giorno di Sabato, quando tutta la sinagoga è riunita per la lettura e l'ascolto della Legge e dei Profeti, Gesù ha il compito di leggere e commentare un passo del Profeta Isaia e gli occhi di tutti sono fissi su di lui: ci si aspetta che lui esprima un commento pari a quello dei rabbini e dei maestri della Legge dell'epoca e invece, quello che tutti i Nazareni avevano sempre definito lo zelantissimo fedele a Mosè, nonché il "figlio di Maria e di Giuseppe", adesso "pretendeva" di adempiere le promesse di liberazione del popolo, preannunciate in tempi remoti e definiva se stesso Messia e Salvatore... Annuncio insolito e aberrante per le orecchie degli ascoltatori le cui reazioni sono ben differenti da quelle del popolo dimesso e compito che si umilia davanti alla proclamazione di Esdra, questi riconosciuto come l'apportatore del divino messaggio: nei versi seguenti a quelli che il brano odierno ci propone, Gesù viene tacciato di bestemmia e reso oggetto di scherno e di esecrazione fino al punto che proprio i suoi connazionali tentano di farlo fuori fisicamente.
Eppure Gesù non si arrende all'ostinazione e alla durezza di cuore dei suoi concittadini, che potrebbero anche convincersi in ragione delle opere prodigiose che su di lui avevano sentito in precedenza e continua imperterrito nel suo discorso e nella sua evidente pretesa di ritenersi Messia e Figlio di Dio. Come dirà ancora Paolo ai Colossesi, la Paroa di Dio non è incatenata e non si immobilizza. Egli, Parola Incarnata del Padre, non può tacere la verità né condizionarsi dalla presenza di tante persone abituate in precedenza a vedere in lui il "figlio di Giuseppe e di Maria", il compagno di giochi, l'amico d'infanzia... Come affermerà anche Paolo e come anche noi dovremmo tener presente, nonostante il dialogo e l'apertura, il coraggio della verità non va mai omesso e non perché l'uomo si chiude all'ascolto deve cessare l'annuncio della Parola. Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre e il suo messaggio non può essere frainteso né disatteso ma va colto unicamente come Parola di Dio e non come facile e comoda parola dell'uomo, di fronte alla quale si può anche restare inerti e indifferenti.