Omelia (24-01-2010) |
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PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE a cura di Sr. Piera Cori Le letture di questa terza domenica del tempo ordinario, sono un inno vero e proprio alla Parola di Dio e al suo Popolo chiamato a proclamarla, ascoltarla e ad accoglierla. Parola che meraviglia, stupisce come afferma il brano del vangelo; commuove e dona gioia come testimonia la prima lettura. Sembrano frasi quasi scontate, perché in teoria già sappiamo ciò che la Parola è e dona. Il salmo responsoriale ne sottolinea meravigliosamente tutti gli aspetti. Ma allora perché nelle nostre assemblee, questa parola annunciata e ascoltata non produce gli stessi atteggiamenti descritti nelle letture di oggi? Perché il più delle volte noi cristiani usciamo dalle assemblee liturgiche con lo stesso stato d'animo con il quale siamo entrati? Luca nel prologo mostra l'atteggiamento necessario affinché la Parola sia accolta in modo tale che pervada la vita, e la trasformi in gioiosa testimonianza. "Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin dal principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto" (Lc. 1,1-4). La fede è ascolto, è ricerca, è incontro La fede è Ascolto. Un ascolto senza barriere, senza filtri, senza condizioni. La fede è Ricerca. La stessa dell'uomo che ha sentito parlare di una perla preziosa di grande valore e di un tesoro immenso nascosto in un campo, e, nel desiderio di trovare quella "fortuna", si mette in viaggio pieno di gioia per conquistarlo. La fede è Incontro personale con Colui che ti ha fatto e continua a farti Grazia, cioè a colmarti di splendore. Solo così la Parola è davvero accolta e può tradursi in racconto, in testimonianza. Racconto di una esperienza, di un fatto, di un evento che parla anche di te, ma soprattutto di Colui che di questo evento è il tesoro. Luca, non ha conosciuto Gesù, però l'esperienza che ha di lui è così forte e pregnante che lo porta a scrivere di lui con la stessa forza dei primi testimoni. Egli nel prologo degli Atti afferma che la sua opera è il racconto di "tutto quello che Gesù fece e insegnò fin dal principio" (Atti 1,1). La parola proclamata, annunciata è come un seme posto nel terreno della nostra vita; necessita di terra buona per far frutto. Essere terra buona vuol dire essere in movimento. Luca una volta ascoltato l'annuncio, si mette in ricerca, dice lui stesso che fa "ricerche accurate" su ogni circostanza per scrivere poi "un resoconto ordinato in modo che tu (Teofilo) (ma ogni altro Teofilo), possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto". L'uomo che ascolta davvero la Parola, ascolta una chiamata che lo pone in cammino, in viaggio verso l'incontro con Colui che del viaggio è la meta. Ascoltare e accogliere è andare verso Dio che ti ama, che ti fa Grazia, che compie e realizza le Scritture per la tua gioia, per la tua salvezza. Non è forse questa la notizia delle notizie? Non è questa la bella fortuna: sapere che "oggi" nella mia vita si realizza la speranza annunciata? Noi però siamo chiusi non riusciamo a vedere. Vogliamo toccare con mano. Facciamo fatica a credere che quella Parola per mostrarsi ha bisogno di compiersi attraverso una adesione cristiana, cioè uguale a quella di Cristo, di Gesù, che accogliendo la Parola del profeta Isaia, la compie, la realizza nella propria storia con un atteggiamento di vita altro che porta e dona liberazione. Liberazione già compiuta come compiute sono tutte le promesse in Gesù ma che necessita di altri cuori, di altre mani, di altre voci per mostrarsi, per rendersi visibile nell'oggi della chiesa e della storia. Che il Signore ci doni la grazia dello stupore degli abitanti di Nazareth e la gioia del popolo di Israele il giorno della grande liturgia al ritorno dall'esilio, perché possiamo essere una comunità che in comunione, annuncia ciascuno secondo il suo carisma, la speranza e si impegni nel concreto ad essere luce per chi vive ancora nelle tenebre, libertà per chi è ancora prigioniero, consolazione e cura in ogni male. SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE a cura del Prof. Rocco Pezzimenti 1. È davvero singolare il modo in cui Luca comincia il suo Vangelo. Lascia intendere che questo genere di narrazione era, allora, abbastanza in voga, come se un notevole numero di speculatori volesse cercare notorietà ed onori su un argomento di crescente interesse. Luca non esita a mettersi tra "coloro che fin dall'inizio furono testimoni oculari e ministri della parola". Come costoro lo fa "dopo aver indagato accuratamente ogni cosa fin dall'origine" per dare ai credenti una "esatta conoscenza di quelle cose". Dimostra così una grande umiltà, oltre che onestà, perché non si basa solo sulle sue capacità narrative, ma vuole compiere una ricerca finalizzata al servizio di quanti tali avvenimenti non hanno visto. 2. Per tanti Padri della Chiesa quest'intento è testimoniato dalla dedica a Teofilo, a colui, cioè, che ama Dio. Questo testo sarebbe stato scritto per quanti amano Dio e lo ameranno attraverso i millenni, coloro che, pur non avendo visto, crederanno alla sua testimonianza. Da qui la necessità di manifestare la sua fedeltà agli avvenimenti narrati dietro i quali, una volta appurati, il narratore non intende ergersi a protagonista. L'Evangelista intende qui porre l'accento sul fatto che la fedeltà alla vita del Maestro è il primo compito del credente che, con scrupolo, deve ascoltare e attuare l'annunzio del Signore. Il compito di questo testimone è quello di invitare gli altri a comportarsi come lui. 3. Sulla testimonianza insiste la seconda parte del Vangelo odierno. Dopo aver letto parte del rotolo di Isaia, il Signore, sottolineando che parlava di se stesso, aggiunge: "Oggi per voi si è adempiuta questa scrittura che avete udito". Cristo è, insomma, colui che è stato incaricato di portare "il lieto annunzio", anche lì dove sarà respinto. Sappiamo, infatti, che proprio a Nazaret il Signore dirà che nessuno è buon profeta in patria sua. Eppure è proprio lì che in modo inequivocabile, dopo aver letto la profezia, conferma che di lui si parla e che è Egli stesso colui che deve venire per "portare ai poveri il lieto annuncio (...) per liberare coloro che sono oppressi". 4. Tutti erano attenti a quello che poteva fare. A Nazaret tutti si aspettavano grandi cose da Lui e nessuno capì la grandezza della testimonianza. Erano distratti da altre possibilità, forse più clamorose, e persero l'occasione di capire Chi avevano davanti. Per costoro Gesù restava il figlio del falegname e niente di più. Per quanti è ancora così! Forse un grande uomo, ma niente di più. Luca ricorda ai suoi lettori quel di più: il Dio-Uomo venuto a redimerci e a darci la vita eterna. 5. Paolo, che prese alla lettera la testimonianza del Signore, ci ricorda come non solo ascoltandolo, ma incorporandoci nel corpo mistico possiamo testimoniare adeguatamente e raggiungere la salvezza che solo il Cristo può darci. L'onore di far parte di questo corpo trascende la posizione occupata nel corpo stesso. L'importante è sentirsi di Cristo e vivere con Lui, in Lui e per Lui. |