Omelia (17-01-2010)
padre Ermes Ronchi
Dio viene come festa e come gioia

Con tutte le situazioni tragiche, le morti e le croci d'Israele, Gesù dà inizio alla sua missione quasi giocando con dell'ac­qua e con del vino. Schiavi e lebbrosi gridavano la loro disperazione e Gesù co­mincia non da loro ma da una festa di nozze. Deve es­serci sotto qualcosa di mol­to importante: è il volto nuovo di Dio, un Dio che viene come festa.
A lungo abbiamo pensato che Dio non amasse troppo le feste degli uomini. Il cristianesimo ha subìto come un battesimo di tristezza. Dice un filosofo: «I cristiani hanno dato il nome di Dio a cose che li costringo­no a soffrire!». Nel dolore Dio ci accompagna, ma non porta dolore. Lui be­nedice la vita, gode della gioia degli uomini, la ap­prova, la apprezza, se ne prende cura. Scrive Bonhoeffer: dobbiamo a­mare e trovare Dio precisa­mente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo e ringraziarlo nella nostra fe­licità terrena. Una festa di nozze: le nozze sono il luogo dove l'a­more celebra la sua festa. Ed è lì che Gesù pone il primo dei segni: il primo se­gnale da seguire nelle stra­de della vita è l'amore, for­za capace di riempire di mi­racoli la terra. «E viene a mancare il vi­no». Il vino, in tutta la Bib­bia, è simbolo di gioia e di amore, ma minacciati; la vita si trascina stanca­mente, occorre qualcosa di nuovo: Gesù stesso, volto d'amore di Dio.
Il vino che viene a manca­re è esperienza quotidiana: viene a mancare quel non­so-che che dà qualità alla vita, un non-so-che di e­nergia, di passione, di entusiasmo, di salute che dia sapore e calore alle cose.
Come uscirne? A due con­dizioni.
«Qualunque cosa vi dica, fatela». Fate il suo Vangelo; rendetelo gesto e corpo; tutto il Vangelo, il consiglio amabile, il comando esi­gente, la consolazione, il rischio. E si riempiranno le anfore vuote della vita.
«Riempite d'acqua le anfo­re». Solo acqua posso por­tare davanti al Signore, nient'altro che acqua. Ep­pure la vuole tutta, fino al­l'orlo. E quando le sei anfo­re della mia umanità, dura come la pietra e povera co­me l'acqua, saranno offer­te a Lui, colme di ciò che è umano e mio, sarà Lui a tra­sformare questa povera ac­qua nel migliore dei vini, immeritato e senza misura. A Cana, gli sposi non han­no meriti o diritti da van­tare. La loro povertà non è un ostacolo, ma una op­portunità per il Signore, un titolo per il suo intervento. Dio viene anche per me che non ho meriti; viene come festa e come gioia, come vino buono, e conta non i miei meriti ma il mio bisogno.