Omelia (31-08-2003)
padre Gian Franco Scarpitta
L'apparenza inganna...

Stare composti a tavola, mangiare dopo le dovute abluzioni e osservare le norme del galateo è una forma di rispetto e di riverenza nei confronti di chi ci ospita a pranzo. In linea generale, è una norma di educazione e di civiltà che è giusto si debba osservare dappertutto.
Così come anche l'accoglienza dei nostri ospiti a casa con i dovuti riguardi è una norma di rispetto e di dimostrazione di dignità. Sono queste norme o, se vogliamo consuetudini di buon costume, la cui osservanza è sempre conveniente per un retto equilibrio civico... Tuttavia, se prese in eccessiva considerazione, vale a dire con estrema ansia e tassatività, possono trasformarsi in mere prescrizioni di carattere formale ed esteriore, che non corrispondono affatto alle nostre disposizioni interiori e allo spirito di sincerità e trasparenza obiettiva.
Vi assicuro che non è mai stato il caso delle mie esperienze, tuttavia può anche capitare che determinate attenzioni verso un ospite, un commensale o per esteso una persona qualunque non siano affatto espressive di un reale senso di rispetto e di riverenza nei suoi riguardi e che, peggio ancora, siano semplicemente delle forme di adulazione che nascondono sentimenti falsi e concezioni cattive...

Ed è proprio questo quello che Gesù sta rimproverando ai propri interlocutori, che lo accusano di mangiare con gente che non osserva le tradizioni: il loro è un parlare ipocrita e
falso, indice della loro presunzione e arroganza, e che non può che comportare motivo di condanna verso essi stessi. Infatti, mentre essi osservano la mancata osservanza delle tradizioni da parte dei discepoli di Gesù, omettono di considerare che esse sono cosa ben secondaria rispetto alla Legge di Mosè.
Per intenderci, tali norme non facevano parte della Legge, né della Parola di Dio – che andava osservata prima fra tutte, come dimostra la prima lettura di oggi- ma erano semplicemente consuetudini umane e tradizionali aggiuntive ad essa. Ora, mentre codesti obiettori mostrano interesse verso le tradizioni e le consuetudini formali, dimostrano apertamente di non osservare per niente quello che è invece più essenziale, ossia (appunto) la Parola di Dio e la Legge, la quale piuttosto che il formalismo e la perfezione esige purezza di cuore, trasparenza e sincerità tutte qualità che provengono come dono da Dio stesso e che sono sedimentate all'interno dell'uomo!!
Non dimentichiamo poi che gli interlocutori di Gesù sono dei farisei, cioè quella determinata categoria sociale dell'epoca che pur conoscendo la Legge di Mosè ometteva di metterla in pratica.
Nella risposta di Gesù, vi è anche un atto di difesa nei confronti dei suoi discepoli: allo stesso modo in cui, -come detto in apertura- un errore o una carenza nell'ospitalità non pregiudica il buon andamento della medesima, così anche il mangiare con le mani sporche non vuol dire avere le mani sporche nella vita e nella moralità; per estensione, mancare all'osservanza dei costumi e delle norme non equivale ad essere lontani dal senso di riverenza verso il prossimo e dall'osservanza della Legge di Dio.
Non è forse vero, del resto, che esempi di rettitudine interiore e di amore verso Dio si riscontrano tante volte presso persone ben lontane dall'avere una formazione umana, civile ed educativa? Non è forse cosa reale che il perbenismo borghese e il formalismo siano tante volte come delle trincee dietro le quali si nasconde la propria insensibilità verso le prerogative della fede e che in diversi casi e circostanze smorzano l'interesse verso le necessità del prossimo?
Mi è capitato di incontrare nel mio rione giovani oppressi dalla schiavitù maligna della droga e dell'alcoolismo, che non sono certo dotati di un fare attillato ed elegante nei comportamenti e nel tratto con la gente; eppure mi lasciano interdetto le loro convinzioni profonde in materia di fede e di religione, consistenti nella conoscenza di tanti passi della Scrittura e nella propensione ad aiutare il prossimo bisognoso più di loro... Così come parecchie famiglie che pur dovendo lottare ogni giorno per la sopravvivenza nel pieno morbo della miseria, trovano proprio in questo la motivazione del loro incontro con Dio, sentendosi in dovere di venire incontro a chi soffre più di loro...
Tutte queste sono persone per nulla attente all'esteriorità relativa al loro aspetto fisico o alla compostezza dei loro atteggiamenti e il loro fare molte volte non è certo attillato e composto; la loro eleganza e compostezza risiede nei loro nobili sentimenti e nella magnificenza del loro cuore.
Che dire poi dell'amicizia? Quando la si può considerare effettiva e reale?
In una delle tante mattonelle che siu vendono come souvenir nei luoghi turistici una volta lessi una frase abbastanza bislacca, ma non per questo priva di significato: "Gli amici sono come gli ombrelli: quando servono, non si trovano mai."
I momenti di allegria, gli scherzi, le serate trascorse insieme fra coetanei... tutto questo non è per niente disprezzabile, giacché è un aspetto del vivere l'amicizia come comunione e condivisione; tuttavia non è sufficiente per saggiare la sincerità delle persone tanto da poterle considerare amiche. Sono piuttosto le circostanze in negativo come la necessità, il dolore la prova ecc, quelle che costituiscono la prova del nove sulla trasparenza e sull'attendibilità delle persone e per ciò stesso la vera e reale amicizia e nulla di strano se, in circostanze come queste ci si trovi delusi da quelle che poco prima credevamo essere reali amicizie. Molte volte la persona apparentemente fredda ed introversa, che parla solo il necessario, coltiva molti più sentimenti di serietà e di sincerità di quanto non ne nutra la persona estreoversa e solare che magari ti regaslerà un sorriso o una battuta allegra senza che poi il suo "fumo" contenga dell'arrosto...
Non è insomma l'esteriorità delle azioni in sè stessa che fonda il retto sentire dell'uomo, quanto piuttosto il tesoro del cuore.
Come si suol dire... l'apparenza inganna.

LA PAROLA SI FA'VITA
Spunti per la riflessione

--Come intendo io la "sincerità" e la "trasparenza"?

--Ho avuto esperienze di delusione da parte di qualche amico ipocrita o da qualche atteggiamento di doppiezza e falsità nei miei confronti? Come ho reagito?

--Che cosa mi aspetto dalle mie amicizie? Come intendo il concetto di amicizia?

--Che cosa faccio io in prima persona per rendere franco e sincero il mio rapporto con gli altri?