Omelia (07-02-2010) |
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COMMENTO ALLE LETTURE a cura di don Paolo Ricciardi Ecco - come un appuntamento a cui non mancare - ogni anno ci ritroviamo in riva a quel lago. Siamo stati già in riva al fiume Giordano, per essere immersi con Gesù nel battesimo... per sperimentare cosa significhi essere avvolti dall'acqua della sua grazia. Ma in questa domenica l'acqua si allarga, dando allo sguardo e al cuore una delle sensazioni più belle: vedere un lago. Il lago infatti, pur grande che sia, assomiglia a noi: è limitato. Non è un mare, un oceano, di cui non si conoscono i confini, dandoci sempre un senso di timore e di infinito. È un lago, segno del nostro limite. Ma quel lago, "di Gennesaret", diventa un punto di partenza per tutti, per affrontare il mondo. Anche Gesù - portato a salire sui monti, luogo di incontro con Dio - scende al livello del lago, a livello della nostra umanità limitata. Scende oggi, in questa domenica, affollata di gente e di pensieri, per incontrarci. Quel lago per i pescatori era tutto: tempo, fatiche, gioie, attese, notti insonni, reti vuote, preghiere, silenzi, confidenze. La barca di Simone, unita a quella di Zebedeo, è già in se stessa immagine della nostra vita, che si "barcamena" tra le acque non sempre tranquille del mondo. In questa nostra normalità quotidiana arriva Gesù... Dobbiamo presupporre che i primi discepoli erano già conosciuti da Gesù. La "chiamata" per loro non fu improvvisa. Due di loro, Andrea e Giovanni, erano già discepoli del Battista, come ci riferisce il quarto vangelo. E poi, come anche ci racconta Luca al capitolo 4, lo avevano ascoltato nella sinagoga, di sabato, lo avevano visto operare miracoli. Simone lo aveva accolto nella sua casa, dandogli ospitalità come un familiare. Nella normalità di quel posto, fin troppo normale, Gesù aveva già stravolto le abitudini dei primi discepoli. Ma nessuno poteva, anche se per poco, distoglierli dalla loro vera vita: la pesca. Se non si pesca non si vive. In questa barca della nostra vita, Gesù sale per annunciare la Parola. La barca di Simone - e la nostra vita - diviene così "un pulpito" tutto particolare, in cui la Parola di Dio risuona forte perché incarnata in Gesù di Nazaret. La Parola scuote il nostro "ordinario", anche oggi, per trasformare la barca e le reti vuote, in una pienezza di grazia. Anche noi siamo esperti di notti infruttuose. Ci capita di "raccogliere i resti" delle nostre giornate piene di tanti impegni ma vuote dentro. Capita di lavare le reti, segno di fatica sprecata: "oggi il lago non dà nulla, è inutile tornare a pescare" La vita degli uomini era ed è così, va con il lago... Se l'acqua e il tempo sono generosi, si può lavorare bene, ma se il lago si mostra avaro, se c'è crisi, si presentano giorni difficili. Gesù sembra non comprendere queste loro e nostre fatiche. Lui, falegname di professione, ci chiede di andare al largo. In questa domenica, di nuovo, al termine di una settimana e al principio di un'altra, siamo invitati a rimetterci in moto, pure se già pronti a tornare a casa. Simone sembra accettare la sfida: "Sulla tua parola getterò le reti" (Questa è una di quelle parole "storiche" del vangelo, entrate nel cuore e nella vita di milioni di persone che si sono fidate di Dio). Sì, basta una parola, poi Gesù fa il resto: la quantità enorme di pesci, le reti quasi spezzate, l'aiuto dei compagni... La mia vita che teme sempre il vuoto, è ora ricolma di Lui. L'evangelista Luca, a differenza degli altri sinottici, pone la sua attenzione su Simon Pietro. È lui il protagonista, è lui che alla vista del miracolo si sente indegno di stare vicino a Gesù. Dice il card. Martini: "La presenza di Gesù è stata come una luce che ha permesso a Pietro di confessare, con umiltà, la sua condizione creaturale, umana, quella di peccatore, di persona bisognosa di salvezza". E Santa Teresina scriveva: "Forse se avesse preso qualche pesciolino, Gesù non avrebbe fatto il miracolo; ma non aveva nulla, così Gesù riempì subito la sua rete, in modo da farla quasi rompere. Ecco dunque il carattere di Gesù: dona da Dio, ma vuole l'umiltà del cuore!... " (Lettera 161). Pietro è "nella rete" di Cristo. La vera pesca l'ha fatta Gesù... con noi: a noi resta fidarci, abbandonando tutto per abbandonarci nel Tutto. A questo punto Gesù dà la promessa: "Non temere! D'ora in poi sarai pescatore di uomini". È una parola forte - il senso letterale è "pescherai uomini per la vita"! - segno di una fiducia a Pietro paradossalmente più grande di quella di Pietro in Gesù. Simone - e con lui noi - non è all'altezza di questa chiamata, probabilmente neanche capisce cosa significhi, ma si fida della Parola. Con gli altri è pronto a lasciare tutto per seguirLo. Il "tutto" di Pietro è niente davanti al "Tutto" di Cristo. Pietro, come già tanti altri prima di lui, fino a Maria, accoglie il "non temere" ed è pronto ad andare, ancora troppo sicuro di sé. Non sa ancora cosa gli aspetta. Non sa che ci sarà un'altra notte infruttuosa, in cui si troverà a mani vuote, mentre Gesù, gli rinnoverà il suo amore e il suo perdono con uno sguardo. Non sa che quella disponibilità lo porterà a prendere il largo fino a condurre la barca della Chiesa a Roma, dando la vita con il martirio. Un giorno, chiamato a condividere la sorte di Gesù con lo stesso supplizio, capirà completamente che "prendere il largo" significa immergersi nell'Amore di Cristo.. Significa come Chiesa gettare la rete agli uomini in balia del mondo, tra le onde disorientanti di questo nostro tempo e dare speranza, accoglienza al peccatore, a chi è emarginato, escluso. Significa per me oggi testimoniare Cristo morto e risorto, come gli apostoli, come Paolo, nella mia vita di ogni giorno, pure in mezzo a laghi avari e reti vuote. Signore, non mi tiro indietro. "Eccomi, manda me". |