Omelia (14-02-2010) |
don Giovanni Berti |
Quando la ricchezza spegne la vita interiore Clicca qui per la vignetta della settimana. Anche L'evangelista Luca, come Matteo nel suo famoso discorso della montagna (Matteo capitolo 5) riporta il discorso di Gesù sulle beatitudini con quel continuo "beati...beati...", che può esser davvero la chiave di lettura del messaggio del Vangelo e della nostra fede. La nostra fede non è basata su una serie di "devi fare questo... e non devi fare quest'altro...", ma trova il suo fondamento su un annuncio di beatitudine che possiamo realmente sperimentare e vivere. Le beatitudini sono quindi fondamentali per capire il messaggio di Gesù e il senso delle sue azioni raccontate nel Vangelo. Troppo spesso, infatti, per verificare la nostra vita di credenti e discepoli di Cristo, andiamo ai famosi 10 comandamenti, quasi fossero l'unico metro per misurarci. Non che i 10 comandamenti non siano ancora validi e importanti, ma è nelle parole di Gesù e nella sua vita che siamo chiamati a specchiarci. Dico questo perché per molti la fede cristiana sembra oramai non dire più nulla. Lo dico pensando in particolare ad una persona che ho incontrato proprio in questi giorni, e con la quale c'è stato un bel scambio di opinioni riguardo la fede e l'essere cristiani. Questo giovane (attorno ai 35 anni) mi ha confidato una cosa che molto mi ha fatto pensare. Da molti anni ha abbandonato la fede cristiana e l'appartenenza alla Chiesa. Non sente più nulla di così importante negli insegnamenti e nelle pratiche che fin da piccolo gli erano state insegnate e che per diversi anni aveva seguito fedelmente. La cosa che ora però lo preoccupa di più non è certo la distanza dalla Chiesa e dalle pratiche religiose, ma è il sentirsi "senza una spiritualità". Sente di vivere in superficie e di non avere un quadro di riferimento di valori spirituali che lo guidino oltre le cose immediate e concrete. Ha aggiunto che questo suo senso di povertà interiore gli viene proprio da esperienze negative vissute in quel mondo che per lui in passato era il mondo della fede cristiana. Nella sua vita concreta non gli manca nulla: una bella casa, una buona famiglia e un buon lavoro stabile. Non è quindi povero. Almeno non lo è esteriormente... Io ovviamente non ho avuto per lui risposte immediate e "facili" da dargli riguardo quello che mi confidato, ma mi sono sentito provocato a pensare a me stesso, come cristiano e come prete. Io ho una spiritualità vera? Oppure in fondo in fondo sono legato a tante abitudini all'apparenza religiose, mentre in realtà rimango superficiale e del tutto materialista? E rischio anch'io, con le mie povertà spirituali e incoerenze, di diventare uno ostacolo per la crescita interiore di altri? A questo giovane ho manifestato la mia ammirazione per questa domanda interiore che mi ha manifestato, per questa ricerca di spiritualità che c'è e che lo fa stare inquieto. Il problema non è non avere una spiritualità, e nemmeno non avere una fede. Il vero problema, a mio avviso, è non accorgersi più di averle o di rischiare di perderle. Il guaio è esser così pieni di cose da fare (anche religiose, parrocchiali...) da dimenticarsi della ricerca profonda di beatitudine. La ricchezza materiale è davvero un guaio, come dice Gesù. Se infatti la preoccupazione di avere, possedere e controllare ci spegne la domanda di bene interiore, allora siamo messi male, e senza accorgercene davvero diventiamo vuoti e insensibili. Clicca qui per lasciare un commento. |