Omelia (28-02-2010) |
don Roberto Rossi |
Il volto splendente e la veste sfolgorante. Con parole forti il Signore aveva dettato le condizioni per essere suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23). L'episodio della trasfigurazione che segue immediatamente l'invito del Maestro, acquista così il senso di un incoraggiamento in questo cammino per seguirlo. Rispetto agli altri evangelisti, Luca aggiunge interessanti particolari che colorano più marcatamente questo episodio di toni pasquali: gli "otto giorni", il "suo esodo che sta per compiersi a Gerusalemme" di cui Gesù conversa con Mosè ed Elia, i chiari riferimenti alla scena del "monte" degli Ulivi (Gesù in preghiera, i discepoli dormienti e oppressi nell'ombra). Come descrivere ciò che avvenne sul monte? Luca non parla di trasfigurazione, ma si limita a descrivere, come può, l'episodio attraverso due elementi: il volto di Gesù che cambia d'aspetto e la veste che diventa "candida e sfolgorante". I tre discepoli che assistono alla scena, in un primo momento, sono "oppressi dal sonno". È l'atteggiamento di colui che, pur essendo spettatore dei prodigi divini, si trova in una condizione di non-intelligenza: non può capire e quindi piomba in un sonno mortale, come Abramo che cade in un torpore mentre Dio stipula con lui l'alleanza (I Lettura). Svegliatisi dal sonno, i discepoli possono "vedere" la gloria di Gesù. Il ritmo si fa incalzante: mentre Mosè ed Elia si separano da lui, Pietro parla e mentre Pietro sta parlando una nube copre i discepoli con la sua ombra. È il mezzo privilegiato con cui Dio si era rivelato al popolo pellegrinante nel deserto: una nube che, mentre copre, paradossalmente rivela la gloria di Dio. L'atteggiamento che ne deriva è quello della "paura", come il terrore e la grande oscurità che cadono su Abramo, quel sacro timore di fronte al mistero di Dio che è tremendo e allo stesso tempo attraente. Mentre gli occhi non possono più vedere, le orecchie ascoltano la voce che esce dalla nube: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!". Adesso i discepoli non hanno più bisogno di un volto trasfigurato, né di un vestito bianco, né di una nube che rivela la presenza divina. Davanti ai loro occhi, cessata la voce, c'è "Gesù solo". Gesù è "solo" davanti al Padre suo. Non a caso il contesto nel quale Luca iscrive la trasfigurazione è l'atteggiamento della preghiera. Gesù porta i suoi discepoli sul monte a pregare ed egli stesso prega. Il Padre si fa vicino a lui, in questa svolta nel suo cammino e nella sua predicazione, per assicurargli la sua presenza e il suo amore che lo accompagnerà nella sua agonia. Allo stesso tempo, però, "Gesù solo" è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo, è ciò che deve bastare per nel cammino che ci permette di seguirlo. È lui l'unica voce da ascoltare, l'unico da seguire, egli che salendo verso Gerusalemme ci donerà la vita e, un giorno, "trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" (II lettura), il corpo del Risorto di cui la trasfigurazione è anticipazione e chiave di lettura. In questo tempo di quaresima, spenta ogni altra voce, siamo invitati a seguire, nel silenzio dell'ascolto, "Gesù solo" mentre egli "con ferma decisione" si incammina verso Gerusalemme, verso la croce, sulla quale offrirà se stesso e ci salverà. |