Omelia (19-03-2010)
Agenzia SIR


Davanti a Giuseppe è facile uscire dalla stanza della meditazione ed entrare in quella della supplica. Queste, fra le tante possibili, alcune parole di un padre all'uomo giusto, sposo di Maria, con udito così fine da ascoltare la voce degli angeli e piegarsi dinanzi al volere di Dio.

Signore,
stavolta è un papà a prendere la parola. Per pregarti nel giorno di festa di Giuseppe, il padre giusto, la trave solida nella casa di Nazareth, lo sposo di Maria, il padre vergine di Gesù, il Figlio tuo.
Com'è difficile la preghiera dei padri. È rara, povera, appena accennata. Ai padri spesso basta lo sguardo in alto, un sospiro trattenuto, una ruga accentuata. Ma anche i padri pregano, chiedono, attendono, e la mia preghiera è per altri: per i figli, innanzitutto, per i cari di casa, per la propria donna che non è solo madre.
Per far prima a dire cosa chiede un padre, Signore, mi affianco a Giuseppe e prendo le misure. Come lui, anche io - padre - vorrei imparare a riconoscere le labili tracce degli angeli; a credere alla Parola portata dall'annuncio; a serbarla stretta, per solo obbedire.
Come Giuseppe, mi basti l'amore sponsale per credere al mistero della vita affidata ad una carne debole e alla fatica delle mani, mi basti a resistere alle minacce di Erode, a custodire la vita, nel silenzio operoso.
Signore, anche i padri conoscono la desolazione, come Giuseppe, quando pensò di rimandare Maria, e sopportò come roccia, perché si fidò di lei e tu visitasti il suo sonno a portargli conforto.
Dammi la fede di Giuseppe, Signore, e visita anche i miei sonni agitati. Anche a me porta il coraggio per non temere la vita e per accogliere ogni cosa che viene da Te.
San Giuseppe, sii tu benedetto, stammi vicino e, con te, vicini mi siano la vergine madre e il figlio dell'Altissimo. Amen

Commento a cura di Don Angelo Sceppacerca