Omelia (07-03-2010)
don Giovanni Berti
Una pianta sterile d'amore

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Perché il terremoto in Haiti? Un paese nella miseria già prima del sisma e che ora è gettato ancor più nel baratro della povertà...
Perché questo nuovo cataclisma in Sudamerica? Non bastava l'emergenza di Haiti? E perché ora anche il Cile?
Perché questa malattia improvvisa che mette ancor più in difficoltà la mia famiglia e toglie serenità? Cosa ho fatto di male? Mi merito questo?
Perché la chiusura dell'azienda dove lavoro e il licenziamento che getta nello sconforto e toglie futuro a me e ai miei cari che dipendono da me?

... sono infinite le domande che si scatenano di fronte al male e alle tragedie collettive e personali.
Dio è responsabile?
Se non posso accusarlo di esser il diretto colpevole di quello che mi fa soffrire, ammetto che mi viene da accusarlo comunque di essere un po' assente o "colpevolmente distratto" davanti ai drammi umani.
E se non me la posso prender con Dio (troppo in Alto e difficilmente affrontabile!), magari me la prendo con gli uomini e cerco il colpevole o i colpevoli attorno a me. Capita spesso anche di pensare "in fondo se l'è cercata.." quando qualcuno è colpito da qualche male che possiamo ricondurre a qualche comportamento personale sbagliato.
Gesù è interrogato sul male e sulle tragedie del suo tempo. E la sua logica di pensiero, espressa dalle parole del Vangelo di questa domenica, supera la cronaca di 2000 anni fa e arriva a dire qualcosa a noi, immersi nei fatti personali.
Gesù a coloro che gli chiedono il perché delle tragedie (un fatto di persecuzione religiosa finita nel sangue e una tragedia dovuta al crollo di un edificio), risponde non con la ricerca di colpevoli ma con un invito alla conversione. Non serve a nulla vedere se il colpevole è Dio, Pilato o coloro che sono morti. L'importante è domandarsi quale appello c'è dentro ad un fatto che ci coinvolge.
L'affrontare i fatti della vita con l'unico scopo di trovare colpevoli e condannare è un modo sterile di vivere.
Il giudicare e la ricerca di colpevoli da condannare sono ben rappresentati dal fico sterile.
Una pianta che sta li e non da' i frutti che dovrebbe produrre è davvero inutile e da tagliare.
Questa pianta sterile rappresenta bene noi, quando siamo incapaci di portare i frutti di solidarietà e di aiuto concreto che possiamo dare. Siamo creati per questo, per amare e aiutarci gli uni gli altri, specialmente nei momenti difficili e drammatici dell'esistenza.

Questo fico incapace di dare frutti ci è messo davanti per svegliarci e invitarci alla conversione. E' la conversione della mente, del modo di pensare noi stessi e le nostre capacità e risorse che Dio ci ha messo dentro.
Sarebbe davvero un peccato rimanere solo nel campo della denuncia quando le cose vanno male, anche se è doveroso denunciare i mali e le ingiustizie. Ma siamo fatti anche per agire con lo spirito di carità che è la linfa della nostra pianta interiore.
Se anche mi rimane il dubbio e la domanda irrisolta del perché Dio permette certe tragedie e il male, una cosa mi insegna il Vangelo: la condivisione. Gesù non ci spiega perché succedono le tragedie e non ci spiega perché a volte colpiscono le persone più innocenti, ma Lui stesso, con la sua vita, ci mostra la via per affrontare i drammi.
La croce è quindi una proposta di condivisione. E' l'albero che produce un frutto di carità inesauribile.
Guardando la croce dove l'uomo Gesù è appeso, scopro che la mia vita non è mai sterile se la lascio innaffiare e curare dal Vangelo.


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