Omelia (07-09-2003)
padre Gian Franco Scarpitta
Effatà=Apriti

L'estate è senz'altro un legittimo periodo di spensieratezza e di riposo fisico, oltre che occasione di ritemprare lo spirito per riprendere le consuete attività con rinnovata forza e energico vigore; adesso che però ci accingiamo a rientrare ciascuno nei nostri luoghi di residenza e di lavoro, mentre tiriamo le somme sulle spese materiali affrontate durante il periodo delle vacanze non possiamo non soffermarci su una dovuta verifica su quanta e quale sia stata in queste settimane la nostra attenzione ai valori e alle ottemperanze del nostro essere cristiani.
Si era detto in precedenza infatti che se a Dio piacciono le vacanze, Egli tuttavia non le concede a nessuno: anche nel relax e nel giusto rinfrancarsi della nostra persona, noi apportiamo tutti con l'esemplarità della vita il messaggio salvifico del Cristo Risorto e edifichiamo gli altri attraverso un sano divertimento che non sia necessariamente macchiato dalle molteplici perversioni di certi luoghi, usi e ambienti che specialmente d'estate a volte ci vengono propinati. Può tuttavia sempre succedere che nonostante gli sforzi volenterosi e ben disposti della nostra vigilanza in circostanze come queste ci si possa abbandonare alla rilassatezza e alla distrazione, al punto da trascurare il nostro orientamento verso il Vangelo. Ebbene, la liturgia di oggi ci aiuta a rientrare in noi stessi e a riordinare la nostra attenzione nei confronti di Cristo Salvatore nostro continuo punto di riferimento.
Aprirsi con fiducia sfogando i nostri problemi e le nostre pene con qualcuno che sia degno della nostra confidenza è in linea di massima necessario e conveniente in tutte le circostanze: se non ti apri, ciè non ti disponi a confidarti e ad ascoltare i consigli e le esortazioni, come potrai essere aiutato?
E ciò non è estraneo riguardo al nostro rapporto con Dio.
Se prestiamo attenzione infatti al prodigio con cui Gesù il sordomuto, si noterà subito una particolare gestualità da parte di Gesù nei confronti di quella sfortunata persona: gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: "Effatà" cioè "Apriti" Gesù apre cioè le orecchie e la bocca del paralitico anzitutto all'ascolto, quindi alla proclamazione della Parola di Dio; che altro può significare se non che lui voglia da quell'infermo oltre che la guarigione fisica anche quello che è realmente indispensabile per la reale consistenza della sua vita, cioè l'attitudine verso la Parola di Dio? E anche per noi questo costituisce un ottimo incentivo, affinché, sia che ce ne siamo allontanati sia che non vi abbiamo prestato sufficiente attenzione, sia che vi abbiamo apportato il dovuto interesse, possiamo in tutti i casi ripristinare o ricoltivare al meglio il nostro rapporto con Dio. Il miracolo non è infatti fine a se stesso: Gesù lo realizza mentre si trova in terra pagana, dove già aveva esorcizzato una bambina e afferma che la salvezza di Dio è universale, ossia rivolta a tutti, ma che richiede attenzione al messaggio e partecipazione attenta alla Parola. Nella prima Lettura Isaia afferma che tali predisposizioni di attenzione e di ascolto sono sempre apportatrici di gioia e di ricompensa future: anche lui parla del riacquisto della facoltà visive e uditive da parte dei ciechi e dei sordi; ma con questo linguaggio esprime simbolicamente la prossima liberazione di Israele dall'inimicizia contro Edom e per estensione la piena liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte.

Effatà=Apriti è un'esortazione che ci interpella tutti i giorni della nostra vita. Le tentazioni e la possibilità da parte nostra di non prestare più attenzione al mondo dei valori evangelici sono un pericolo costante specialmente nei tempi odierni della propaganda e della morale del così fan tutti per la quale si scende a compromesso con la peccaminosità recando deturpamento alle perfezioni del nostro essere e della dignità della nostra persona e il richiamo all'accortezza e alla vigilanza non deve pertanto risultare affatto tedioso per nessuno. Anzi, l'imperativo con cui ci viene espresso (Apriti!) deve per noi risultare di giovamento perché ci rende forti della consapevolezza che nell'ora della prova e della tentazione siamo sempre esortati al retto agire e al giusto orientamento. Le tentazioni sono sempre in agguato, poiché Satana, afferma Pietro, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare e il nostro compito sarà quello di resistergli saldi nella fede (1Pt 5, 8-9).

LA PAROLA SI FA'VITA
Spunti per la riflessione

--La mia apertura verso Dio: quanto spazio di tempo riesco a dedicare al Signore nel corso della mia giornata?

--Ho mai vissuto esperienze di silenzio, di raccoglimento e prolungata meditazione? Quale riscontro hanno avuto nel mio spirito?

--In quali circostanze ho riscontrato la presenza attiva di Dio nella mia vita? Raccontiamo delle esperienze!

--Il mio interesse genrale è davvero rivolto anzitutto verso Dio, oppure sono "corrotto" dal clamore della propaganda e della mondanità?