Omelia (12-03-2010)
Monaci Benedettini Silvestrini
Il Signore Dio nostro è l'unico Signore: lo amerai.

Rileggiamo oggi le bellissime parole di Gesù, che costituiscono la definizione di tutto il Vangelo. Si tratta di una interrogazione fatta a Gesù da un Dottore della Legge, in merito ad una graduatoria dei precetti elencati dalla Legge. Una richiesta necessaria e sincera per il gran numero di leggi che preoccupava la sua mente e la mente di tanti altri dottori e scribi, al quale Gesù risponde garbatamente, elogiando, poi il breve commento che il dottore stesso ne fa. La risposta di Gesù non è di per sé sconosciuta, cita lo Shemà Yisrael, "Ascolta, Israele", il credo del pio israelita, tratto dal Deuteronòmio, ripetuto, ancora oggi, tre volte al giorno. A questo primo comandamento segue, quasi come conseguenza naturale: "amerai il prossimo tuo come te stesso", tratto dal Levitico. Con questa risposta, Gesù vuole riassumere i comandamenti delle due tavole della Legge, quelli della prima tavola con l'amore assoluto a Dio con tutte le potenze dell'uomo: cuore, anima, intelligenza e forze; quelli della seconda tavola con l'amore anch'esso assoluto e disinteressato verso il prossimo. E' chiaro che con Gesù il collegamento fra i due precetti viene posto per la prima volta nel senso che essi compendiano tutto il rapporto umano con Dio, e che il significato di "prossimo" viene allargato al massimo fino a comprendere ogni uomo. "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me", una conferma che ci viene data dal Vangelo nel giudizio finale. E' anche la confessione di fede, che ne fa il dottore, dei due precetti dell'amore verso Dio e verso il prossimo, inclusi in uno solo, che "vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici". L'amore verso i fratelli è il vero sacrificio che giunge gradito a Dio.