Omelia (28-12-2009)
don Luciano Sanvito
La fame accontentata

La prepotenza si sfama dei deboli per crescere, altrimenti muore.
Nel cuore di ciascuno di noi giace un Erode inconscio che si risveglia quando la fame si fa sentire e crea un criminale bisogno: quello di cibarsi dell'altro.

Già nella civiltà primitiva dell'umanità il cibarsi dell'altro significava avere la sua potenza e quindi diventare più potenti; ora, con il progresso della società, il rapporto tra la fame e il cibarsi dell'altro si è ancora di più acuito, a tal punto che il potente accresce la sua prepotenza solo a questa condizione: di poter avere in cibo l'altro, di mangiarselo, di papparselo tutto quanto per il proprio sè.

Da questo istinto accontentato sorgono lo mostruosità dei rapporti umani: tutti simboleggiati dal vecchio Erode, che in nome di Colui che non riesce a trovare si ciba di tutto quello e di tutti quelli che gli possono assomigliare.

Da questa fame accontentata, come se non bastasse l'accanimento, sorgono tutte le realtà negative che noi assimiliamo ai sette vizi capitali, che paiono, applicati al nostro mondo, i più attuali che mai.

Il Vangelo ci descrive questa drammatica realtà non per il gusto del macabro e della violenza, ma per richiamare il vero cibo per colui che ha desiderio di sfamare se stesso: non la debolezza, ma la forza di Dio.