Omelia (29-06-2003)
don Elio Dotto
Parole ambigue e parole vere

«La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
La domanda che apre la pagina evangelica di domenica (Mt 16,13-19) appare molto moderna. Gesù vuole sapere che cosa dice di lui l'opinione pubblica: egli fa una specie di sondaggio per conoscere gli umori della gente. Esattamente come succede oggi, quando quasi ogni giorno giornali e telegiornali ci presentano sondaggi di opinione sulle più svariate materie.
A differenza però della cultura mediatica odierna – e dei numerosi demagoghi del nostro tempo – Gesù è diffidente davanti all'opinione pubblica: egli ha paura delle parole inutili, teme gli entusiasmi fuori luogo, soprattutto non vuole che il suo Vangelo sia frainteso. Perché è proprio questo il rischio più grande della sua missione: quello di essere fraintesa, di essere velocemente letta attraverso i soliti criteri, attraverso i luoghi comuni che «la carne e il sangue» (Mt 16,17) suggeriscono, attraverso le facili suggestioni della folla.
Accadeva infatti allora quello che accade anche oggi: spesso le intenzioni, le azioni, le parole... vengono fraintese ed equivocate, subito ricondotte ai luoghi comuni di sempre, subito piegate agli interessi degli "spettatori", subito travolte dall'umore instabile della folla: a questo proposito, è emblematico come spesso giornali e telegiornali siano costretti a smentire o a precisare le notizie del giorno precedente...
Così di fatto succede nella nostra storia; e così personalmente succede a ciascuno di noi: perché non di rado anche noi ci lasciamo andare ai soliti luoghi comuni, senza sforzarci troppo di capire quello che diciamo... Ed è questo un atteggiamento che abbiamo anche nei confronti della nostra professione di fede: ogni domenica ripetiamo imperterriti: «Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio...»; ma in realtà pesano davvero poco queste parole nella nostra vita quotidiana, perché vengono velocemente aggiunte alle mille altre parole scontate che abbiamo fin lì pronunciato.
Ben diversa è invece la professione di fede che Pietro pronuncia nella regione di Cesarea di Filippo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Queste non sono parole scontate: sono infatti altre le considerazioni che la gente fa su Gesù. Pietro non ripete quello che dice la gente, non esprime i luoghi comuni che «la carne e il sangue» gli suggeriscono, non si abbandona ai facili entusiasmi popolari, ma si lascia illuminare dalla voce del Padre, da quella voce che Gesù stesso gli aveva più volte indicato, magari invitandolo a fare silenzio. «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Le parole di Pietro sono, in definitiva, parole vere, parole che vengono dal profondo, parole che segnano la vita.
Appunto di queste parole vere abbiamo bisogno noi, sommersi come siamo di parole scontate ed ambigue. E appunto a queste parole vere possiamo arrivare, se abbiamo la forza e l'umiltà di mettere da parte i soliti luoghi comuni, facendo silenzio davanti alla «profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio» (cfr Rm 11,33-36). Perché se davvero faremo silenzio, accadrà anche a noi – come accadde agli apostoli Pietro e Paolo – di sentire la voce del Padre di Gesù; e sarà allora che le nostre parole, le parole della fede come pure tutte le altre parole quotidiane, assumeranno una consistenza nuova, e non saranno più scontate ed ambigue, come invece oggi ci accade.