Omelia (29-06-2003)
don Romeo Maggioni
Mistero e ministero degli apostoli

Fare memoria di Pietro e Paolo significa celebrare le radici della Chiesa, nella quale queste due figure di apostoli hanno avuto un ruolo preponderante.
Pietro, in un certo modo, ci parla del "corpo" della Chiesa. Paolo della sua "anima". O anche: del "ministero" nella Chiesa, e del suo "mistero".

1) PIETRO E IL MINISTERO DELLA CHIESA

"Tu sei il Cristo.., - Tu sei Pietro..". Alla professione di fede, piena e indovinata, di Pietro corrisponde l'incarico di Gesù ad essere "pietra" sulla quale costruire la sua Chiesa. La fede nella divinità di Gesù è il fondamento della Chiesa. Pietro per primo la riconobbe e ne diverrà il garante. Un giorno Gesù gli dirà: "Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i fratelli" (Lc 22,31-32).

Durante la vita pubblica Gesù aveva già privilegiato la figura di Pietro; tra i Dodici spicca sempre quale loro portavoce; fino al giorno in cui Gesù gli dirà esplicitamente: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore" (Gv 21,15-17). Nella Chiesa primitiva questo ruolo emerge sempre più. Oggi si parla della "preghiera incessante che saliva a Dio dalla Chiesa per lui" in prigione.

A lui in particolare sono consegnate le chiavi: "A te darò le chiavi del regno dei cieli", cioè della Chiesa. L'immagine evoca la consegna di un potere e di una responsabilità diretta che tocca la gestione dei beni salvifici che Cristo ha consegnato alla sua Chiesa: la Parola da interpretare in un modo autentico; il sacramento per la grazia che salva; il governo di una comunità che, nella molteplicità dei carismi, deve essere coordinata all'unità. "Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli".

Si tratta di qualcosa di decisivo in ordine alla salvezza eterna, e sicuramente circa l'appartenenza o meno alla Chiesa di Dio. La salvezza cristiana infatti ha un profondo aspetto anche comunitario, che condiziona e determina la fede personale. Diceva già san Cipriano: "Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre".

L'immagine della roccia, della "pietra", dice immediatamente la stabilità (come la casa costruita sulla roccia di Mt 7,24-27); e qui Gesù lo conferma: "Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". Dove inferi può significare la morte ("lo sheol"), quindi che la Chiesa non finirà; ma anche "inferno", cioè le forze di satana e del male, per dire la stabilità della Chiesa di fronte alle ricorrenti persecuzioni della storia.

Ma all'idea della pietra si associa quella della costruzione: "edificherò la mia Chiesa". Già di Gesù era stato detto essere "la pietra che, scartata dai costruttori, è diventata pietra angolare" (At 4,11). Ora si dice che, a fianco di Cristo ("la mia Chiesa"), sta un fondamento visibile, Pietro, quale base unificante e sicura della costruzione che Cristo ha messo in piedi nella storia. Pietro quindi come riferimento di unità e di compattezza della famiglia di Dio. Lo ricordava già il martire Ignazio, all'inizio del II secolo, parlando della Chiesa di Roma "che presiede alla carità" (Ai Romani 1,1).

2) PAOLO E IL MISTERO DELLLA CHIESA

Un uomo nella Chiesa esercita un ministero perché è frutto di un "mistero", cioè di una iniziativa di Dio di cui l'uomo è solo strumento. La figura di Paolo, conquistato da Cristo, mette in luce la radice, la ragione, la forza propria di ogni apostolo, ben prima e oltre le sue capacità e competenze umane. "Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza", proclama Paolo quasi a testamento guardando indietro nella sua operosa e travagliata vita.

E Pietro, in carcere a Gerusalemme, neppure sospetta di essere oggetto inatteso di una liberazione miracolosa, e proclama: "Ora sono veramente certo che il Signore .. mi ha strappato dalla mano di Erode". Tutto è opera di Dio, già anche la prima professione di Pietro: "Non la carne né il sangue, ma il Padre te l'ha rivelato". Paolo, per tutta la vita non saprà che ripetere la meraviglia di essere stato scelto come apostolo, lui immeritevole e persecutore, perché fosse proclamata la gratuità e la misericordia di Dio (cfr. 1Tm 1,16).

Naturalmente lo strumento deve essere docile; o meglio totalmente "congiunto" con Cristo. Paolo riassume tutta la sua corsa come una "libagione" sparsa quale sacrificio offerto totalmente a Dio. Aveva sempre chiesto ai suoi cristiani di saper offrire della propria vita "un sacrifico spirituale gradito a Dio quale vostro culto spirituale" (Rm 12,1). Paolo si è speso tutto per Cristo.

E anche a Pietro è annunciato misteriosamente un cammino di sacrificio: "Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv 21,18). Fare il vescovo – ripeto spesso – è uno stato forzato di martirio: non hanno più un minuto di libertà per sé! Del resto il Signore ha chiesto una cosa sola: "Se mi ami.. pasci!".
Docilità, totalitarietà del cuore, e alla fine nessun'altra ambizione che il premio da Dio. "Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno".

Dirà Paolo nel saluto di Efeso: "Non ritengo la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore"(At 20,24). Pronto anche ad aspettare il premio se questo può essere ancora utile alla missione: "Sono messo alle strette: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe meglio; d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.." (Fil 1,23-24). Questa libertà interiore di fronte anche alla ricompensa divina qualifica gli apostoli veri e i santi. Anche san Martino diceva: "Non recuso laborem.., anche se vecchio e stanco, se c'è bisogno del mio lavoro ancora, sono pronto!".

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Due campioni della fede, "il pescatore di Galilea che costituì la prima comunità con i giusti d'Israele; il maestro e dottore che annunziò la salvezza a tutte le genti. Così, con doni diversi, hanno edificato l'unica Chiesa" (Prefazio). Nella Chiesa l'unità non è uniformità, ma varietà di doni messi alla utilità comune. Un esempio, Pietro e Paolo, di ecumenismo giusto anche litteram!