Omelia (28-03-2010)
mons. Gianfranco Poma
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito

Entriamo nella celebrazione della grande settimana di Pasqua leggendo il racconto della passione di Gesù secondo il vangelo di Luca (22,14-23,56). Vale per questa pagina, più che per tutte le altre, la necessità dell' impegno personale per l'accostamento a testi che la tradizione cristiana valuta come il più grande tesoro che le sia affidato. Se lo stile narrativo dei Vangeli è sempre conciso, essenziale, qui il racconto si fa più lento, sovrabbondante in particolari, la scena è affollata di molti personaggi: la lettura personale ci invita a trovare il nostro posto nel racconto della passione di Gesù. Per noi che naturalmente ci riteniamo lettori del Vangelo sinceramente religiosi, potrebbe accadere che collocandoci di fronte a Gesù, scopriamo di essere tra i suoi oppositori. Anche quelli di cui narra il Vangelo erano spesso persone "sinceramente religiose" e profondamente attaccate alla loro tradizione: Gesù rappresenta una sfida alla tradizione religiosa proprio in nome dell'autenticità dell'ascolto della Parola di Dio. Se Gesù fu trattato con estrema durezza da persone "sinceramente religiose" dell'epoca, che erano Giudei, è probabile che potrebbe essere trattato con la stessa durezza da persone "sinceramente religiose" di oggi, anche da noi che siamo cristiani: il motivo fondamentale della reazione a Gesù è una mentalità religiosa, comune a tutti gli uomini di ogni tempo, che non riesce ad accettare la singolare novità del suo porsi in rapporto con Dio nella estrema verità del suo sentirsi uomo, il suo condividere così intensamente l'esperienza umana nella sua fragilità da farsi carico del peccato di tutti gli uomini, per porsi davanti a Dio come a un Padre che non può che amare il proprio figlio per il solo motivo che è suo figlio. S.Paolo esprime con frasi arditissime la impensabile novità che egli ha "conosciuto" in Cristo, motivo di scandalo per chi non crede in lui: "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi..." (Gal.3,13); "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio" (Cor.5,21). Le intuizioni teologiche di S.Paolo sono espresse in modo narrativo dai Vangeli: tutto parte dal Battesimo, l'evento nel quale Gesù accetta di discendere, di svuotarsi, (la Kenosi) tanto che lo Spirito Santo può scendere su di lui, mentre il Padre lo proclama "Figlio amato" nel quale si realizza la sua volontà di amore. La vita di Gesù è tutta un "discendere", condividere la vita degli ultimi, com-patire la sofferenza, sedere a mensa con i peccatori, accogliere le peccatrici. Gesù si fa ultimo per comprendere tutto ciò che è umano, anche nei suoi aspetti di male, anche quando, e soprattutto, il male è rivolto contro di lui: egli conosce l'uomo anche nei suoi aspetti più aberranti, egli sa che l'uomo, anche quando non sembra, implora la salvezza che da solo non può darsi. Per questo egli soltanto ama l'uomo fragile, debole, peccatore, brutto, ripugnante: egli sa che non la Legge può salvare l'uomo, ma solo l'amore.
Gesù è la via attraverso la quale arriva all'uomo l'amore del Padre che lo salva: Gesù accetta di essere lo strumento dell'amore del Padre e per questo discende, si svuota di tutto per essere solo amore donato. Se tutta la vita di Gesù è la storia dell'amore che incontra l'uomo, la storia dell'amore che si scontra con le resistenze umane, con l'egoismo, la prepotenza..., nella Passione raggiunge il vertice: la Passione di Gesù è il vertice dell'amore nella storia dell'uomo, ma proprio per questo è pure il momento estremo in cui l'uomo manifesta tutta la sua capacità lucida ed irrazionale di male. La Passione di Gesù è il momento nel quale l'amore vince l'odio: per questo l'amore si annienta, si fa debole, nudo, tace, è perdente. L'amore si fa solo amore. Ma contro l'amore, quanto odio! La Passione di Gesù è la narrazione della logica dell'amore: ma quanto costa l'Amore! La Passione di Gesù è una lotta: perché l'amore vinca deve essere perdente di fronte alla forza del male, bisogna che muoia per essere veramente Amore. Perché Gesù possa essere solo il figlio attraverso il quale passa l'amore del Padre è necessaria l'agonia, la lotta del monte degli Ulivi.
Il momento dell'agonia, è di una drammaticità infinita. "Gesù, caduto in ginocchio, pregava dicendo: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, tuttavia non la mia volontà ma la tua sia fatta". Nella preghiera Gesù vive con la più piena lucidità tutta l'intensità della scelta della libertà che ha dato senso alla sua esistenza: egli ha scelto di condividere tutto ciò che è umano, adesso condivide l'angoscia degli uomini nella sofferenza a causa del male che li sommerge, la paura di fronte alla morte. Il Figlio, amato dal Padre, condivide con tutti gli uomini l'implorazione che non può non uscire anche dal suo cuore terrorizzato dalla paura della morte. Ma anche in questo momento la sua è preghiera filiale: "Padre, se vuoi ...tuttavia non la mia ma la tua volontà si faccia". Certo, aderire alla volontà del Padre perché diventi la sua volontà filiale, interiorizzare la volontà del Padre sino a farla diventare la propria, è una terribile agonia. Accogliere la volontà del Padre come volontà di amore nella "totale" spogliazione di sé, nella più atroce sofferenza, paura, morte, è una terribile lotta. "Entrato nella lotta, pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra".
Nella Passione di Gesù si fa intenso il dialogo con il Padre, perché si manifesti nella storia degli uomini la forza imprevedibile di un amore che cambia il loro cuore: "Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e uno a sinistra. Gesù diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Luca non parla dei romani nel momento della crocifissione, parla dei capi dei sacerdoti, delle autorità e del popolo: è tutta l'umanità che lo crocifigge, una umanità che non conosce l'Amore. Al male più grande che l'uomo possa compiere, Gesù risponde con la preghiera: "Padre, perdona loro..." L'uomo ha bisogno di un dono ancora più grande, il per-dono che viene dal Padre. Solo un uomo che ha sperimentato il perdono può capire la forza dell'Amore.
E l'ultima parola di Gesù è un grido di preghiera nella quale si compie l'atto definitivo del suo abbandono filiale nelle braccia del Padre: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito".
La Passione di Gesù è l'esperienza più alta di Dio della storia: il mistero di Dio ci è mostrato nella "discesa" di Gesù, nella condivisione totale della fragilità umana perché l'uomo fragile si senta amato. Il mistero di Dio è infinito mistero di Amore che chiede tutto per donare tutto: l'evento di Gesù che raggiunge il suo vertice nella Croce ci rivela che il mistero di Dio è l'esperienza della relazione filiale con un Padre che chiede al Figlio di abbandonarsi completamente a Lui per poter ricevere tutto da Lui.