Omelia (28-03-2010) |
don Roberto Rossi |
Il trionfo e la passione Prima i rami d'ulivo, i mantelli stesi a terra a mo' di tappeti, l'Osanna al Figlio di Davide e poi... la condanna il «crocifìggilo». Vengono denunciate così palesemente, le tremende contraddizioni dei comportamenti umani: un effimero trionfo tributato a Cristo riconosciuto Figlio di Davide, Re e Signore e poi, forse le stesse voci che l'osannano, gridano perché sia crocifisso e fatto tacere per sempre. Comprendiamo così il significato recondito delle nostre peggiori passioni e gli effetti devastanti di una miopia spirituale, che oscura il bene e ci immerge in pensieri e in trame di morte. Fa sempre piacere poter acclamare qualcuno da cui attendiamo soluzioni facili ed immediate ai nostri più pressanti problemi. Gesù che aveva rifiutato di essere acclamato Re, dopo la moltiplicazione dei pani, che dirà a Pietro, che tenta di difenderlo con la spada, il mio Regno non è di questo mondo, oggi acconsente di entrare trionfalmente a Gerusalemme, la città santa, per far comprendere che, prima di essere vittima degli uomini, egli, come vero Re, va incontro liberamente alla passione e alla morte. La sua passione è sì una terribile trama ordita dai suoi nemici e causata dai nostri peccati, ma innanzitutto è un disegno divino, una manifestazione palese dell'amore misericordioso del Padre, una esigenza della giustizia divina, una docile ed umile accettazione da parte di Cristo Gesù. Ecco perché accetta di essere acclamato re: è un altro modo per preannunciare la sua gloriosa risurrezione, il suo trionfo sulla morte. Il nostro Osanna quindi lo rivolgiamo a colui che già contempliamo nella fede come nostro vero ed unico Re e Signore, come redentore nostro e come colui che da trionfatore ci precede nella gloria. Le nostre acclamazioni non cesseranno perciò in questa domenica, ma diventeranno il nostro perenne rendimento di grazie, la nostra lode senza fine, che esploderanno in un gioioso Alleluia pasquale. Nella lettura del testo evangelico possiamo sottolineare come Luca racconta la passione e la morte di Gesù Tutti gli evangelisti raccontano la passione di Gesù, ma ciascuno si sofferma su aspetti diversi dell'inesauribile ricchezza della personalità di Gesù e mette in risalto la sua sofferenza e morte da una differente prospettiva. Luca sottolinea questi aspetti: · Evidenzia l'apertura dei pagani al messaggio di Gesù. Pilato dichiara per tre volte che Gesù è innocente (Lc 23,4.14.22) e lo condanna a morte solo perché incapace di reagire alle insistenze dei capi giudei (vv. 23-24). Poi, alla morte di Gesù, è un ufficiale romano a lodare Dio per primo (v. 47). · Narra alcuni particolari della compassione e del perdono di Gesù, nonostante il suo dolore. Portando la croce al Calvario, Gesù si preoccupa delle donne che lo seguono (vv. 27-31); giustifica presso il Padre i suoi crocifissori e chiede che li perdoni (v. 34); promette al ladrone pentito di riservargli un posto con sé, in paradiso (v. 43). · Presenta Gesù circondato dalla gente. Diversamente da Marco, che vuole evidenziare come Gesù sia stato abbandonato nella sua passione, Luca parla della gente che è con lui: una gran folla di popolo (v. 27), alcune donne (v. 27), il buon ladrone (vv. 40-41), il centurione (v. 47), volendo indicare l'ampiezza della Chiesa futura. Egli presenta, inoltre, Gesù che consegna al Padre il suo spirito, con piena fiducia nei suoi insondabili disegni. |