Omelia (04-04-2010)
mons. Gianfranco Poma
Davvero il Signore è risorto

Il cap.24 del Vangelo di Luca è di una ricchezza e di una bellezza incomparabile: appare qui come l'arte narrativa di Luca sia capace di esprimere la fede in modo mirabile. Dovremmo leggere il capitolo intero per coglierne l'importanza nell'insieme dell'opera lucana che comprende il Vangelo e il libro degli Atti degli Apostoli: la Parola, la Parola incarnata, l'annuncio della Parola, l'evangelizzazione, ha un posto di primo piano nell'opera lucana. La Parola è operante in Gesù e rimane operante per sempre in Lui, risorto e vivo nella storia: questa convinzione, una di quelle che fanno bruciare il cuore di Luca, possiamo capirla bene, se ricordiamo che egli non ha mai conosciuto Gesù se non nella Parola che gli è stata annunciata ed è convinto che Gesù risorto cammina con lui sulle strade dell'Asia e della Grecia: questa convinzione Luca vuol comunicare con il racconto dei discepoli di Emmaus, che perderebbe parte del suo significato se dimenticassimo che esso fa parte del vasto insieme di Lc.24,1-53. La Parola di Gesù occupa il primo posto in questo capitolo finale: il racconto dei discepoli di Emmaus vuol farci capire che Gesù viene quando è annunciato, narrato, "detto". Nel dialogo tra Gesù e i due discepoli, Luca esprime la sua fede nella Parola che "annuncia Gesù Cristo" per svelarci il senso del mistero della Presenza del Risorto nel Vangelo: il Vangelo è una Parola che annuncia e svela la Presenza di Gesù. La risurrezione inaugura il tempo nel quale la Parola, proclamata dalla Chiesa, apre all'esperienza della presenza nuova di Cristo risorto.
Nell'episodio dei discepoli di Emmaus, Luca in realtà descrive l'immagine della Chiesa che evangelizza. Il racconto vuol dire al lettore, al cristiano (a noi che oggi leggiamo): "Cleopa o il suo compagno che non ha nome, sei tu. Come lui, tu ascolti questa parola che racconta Gesù, la leggi e la trasmetti, ma "non vedi" che Lui si è accostato a te, che è Lui che ti parla. Segui Cleopa nella sua esperienza: nelle tue delusioni, nelle tue speranze fallite, Lui non ti ha abbandonato; abbi il coraggio di mettere a nudo tutte le fragilità che ti aspettavi che il messia che hai sognato avrebbe colmato e scoprirai che Lui è lì, per amarti, per dare la vita per te, nella Parola che lo annuncia, nella vita di coloro che lo testimoniano". Tutto il racconto dei discepoli di Emmaus vuole mostrare come "si sono aperti i loro occhi" perché si aprano anche i nostri occhi: anche noi, come loro abbiamo sentito "ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso". Anche noi, stupiti per i suoi miracoli, "speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele. Con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute". Anche a noi è arrivata la notizia delle donne che hanno trovato la tomba vuota, che hanno avuto una visione di angeli che affermano che egli è vivo. Anche noi possiamo dire che molti hanno visto la tomba vuota, ma "Lui non l'hanno visto". Come Cleopa e il suo compagno, anche noi siamo tra i discepoli che hanno avuto notizie sconvolgenti, ma non lo vediamo, rimaniamo nelle nostre delusioni e il nostro volto è triste: non basta ascoltare notizie sconvolgenti perché si aprano gli occhi e la nostra vita cambi. Eppure Lui ci è vicino, cammina con noi: ma noi, come quelli, siamo ciechi, non lo vediamo.
Cleopa e il suo compagno narrano la storia di Gesù, la sua fine deludente, la sorpresa di ciò che le donne dicono, ma hanno dimenticato di dire che alle donne era stato rivolto l'invito: "Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea...Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno", e "le donne si ricordarono delle sue parole". E' solo la sua Parola che dà senso a ciò che è accaduto ed è solo la memoria della sua Parola che fa in modo che Colui che è invisibile non sia cercato tra i morti perché è il vivente. Dal ricordare delle donne le Parole dette da Gesù inizia la catena di tutti coloro che ricordano le parole dei profeti che si riferiscono a Lui, che si realizza nella missione della Chiesa che continua ad annunciare la Parola. Gesù realizza la Parola di Dio: fare memoria della Parola di Dio significa rendere presente l'evento in cui la Parola si compie. La morte di Gesù non è la fine della speranza, ma l'inaugurazione della presenza di Dio nella storia, nella sua invisibilità è presente, nella inafferrabilità c'è il dono del suo amore. "Resta con noi, perché si fa sera" e "Gesù entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro". Se il racconto dell'evangelista ci ha detto fino a questo momento che la memoria della Parola rende presente l'evento di Gesù, adesso ci mostra che egli rimane nel segno del pane. Il pane rivela Gesù, lo mostra, è Gesù: ai due uomini in cammino mancava qualcosa per comprendere le Scritture e gli ultimi avvenimenti. Se le Scritture parlano di Lui, manca ancora di capire il perché del suo esito finale: il pane è la sua rivelazione finale. Ciò a cui tende la rivelazione di Dio, la storia riassunta sulla strada, è il pane. Mosè, i Profeti, Gesù, la Pasqua, tutto è per questo pane: per questo nutrimento divino che Dio vuole per l'uomo, perché egli abbia la vita vera.
"Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero". Nel racconto della Genesi si dice che Adamo ed Eva non credettero all'amore di Dio: "I loro occhi si aprirono e conobbero che erano nudi". Adesso nel pane spezzato, donato dal Padre, "si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero". Emmaus rappresenta il vertice della rivelazione di Dio: si compie il tempo della non conoscenza di Dio, della sua caricatura. Comincia la storia nuova. Quella nella quale gli uomini sanno che Dio vuole che diventino come Lui perché Lui stesso si è fatto loro pane.
"Ma egli sparì dalla loro vista": solo il segno del pane, solo il dono dell'Amore, solo l'esperienza dell'Amore, è la visibilità di Colui che per essere solo amore donato doveva scomparire, passare da questo mondo al Padre.
Ed essi confessano: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore, mentre conversava con noi lungo la via?" L'esperienza di Mosè che vede il roveto ardente e fa l'esperienza di Dio, diventa l'esperienza dei discepoli di Emmaus ed è la nostra esperienza: quando la Parola entra in noi e diventa fuoco che arde nel nostro cuore, sappiamo che Lui è vicino a noi, cammina con noi e rimane con noi per sempre.