Omelia (30-01-2000) |
padre Paul Devreux |
Mc 1, 21-28 Gesù va in sinagoga a Cafàrnao e si mette ad insegnare. Marco ci racconta che i presenti rimangono stupiti perché insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi. Domandiamoci: come insegnavano gli scribi? Io penso, come cerco di fare io: cerco di capire il testo, di spiegarlo, di attualizzarlo e di tirare qualche conclusione. Sicuramente facevano del loro meglio. Cos'altro faceva Gesù? Per capire, immaginiamo che oggi Gesù si presenti qui, in carne e ossa: io mi farei subito da parte per lasciare il posto a lui e anche voi me lo chiedereste. Questo succederebbe, sicuramente perché Gesù sa parlare e dice cose interessanti, ma soprattutto per il suo modo unico di impostare le relazioni, per la sua attenzione ai bisogni dell'uomo. Gesù è un uomo che sa amare e che ti fa sentire che sei importante per lui. Se io ascolto una persona è perché le sue proposte sono buone, ma soprattutto perché penso che posso fidarmi, che mi vuole bene; solo allora le do autorità sulla mia vita. Un amore così può darmi fastidio, perché non riesco ad imitarlo, perché penso che dovrò contraccambiarlo, perché mi fa sentire bisognoso e vulnerabile, per tanti motivi. Io non voglio dipendere da nessuno. Un po' come quell'uomo che si ribella in sinagoga.. Chi era? Era uno di noi, uno che frequentava tutti i sabati, una brava persona. Tra l'altro pensa di interpretare il pensiero di tutti, e forse è parzialmente vero. Per di più ha il merito di dire ciò che pensa, segno d'onestà e di libertà. In effetti, quante cose faccio, nella mia giornata, pur di non fermarmi ad ascoltare Gesù. Quanta agitazione, quanto chiasso, pur di non contemplare l'amore di Dio. Signore ti chiedo di pregare anche per me, come tu pregasti quel giorno a Cafàrnao, affinché tu possa vincere in me la paura che tu sia venuto per rovinarmi anziché per aiutarmi ed amarmi. |