Omelia (18-04-2010) |
mons. Roberto Brunelli |
E la rete non si squarciò Tra la risurrezione di Gesù e la sua visibile ascensione al cielo gli apostoli, forse in attesa di istruzioni o forse pensando conclusa l'avventura, tremenda ed esaltante insieme, vissuta con Gesù, sono tornati alla loro vita consueta; nel brano odierno ne troviamo alcuni di notte sul lago di Tiberiade, impegnati in una pesca infruttuosa. Quando però, all'alba, danno retta a un tizio che dalla riva dice loro di gettare la rete sulla destra della barca, eccola subito riempirsi in misura prodigiosa; non par vero, dopo l'inutile fatica della nottata, e quasi a sincerarsi di non avere le traveggole contano il bottino: 153 grossi pesci. Intanto riconoscono nello sconosciuto sulla riva il loro Signore risorto, e in proposito il vangelo mette in evidenza l'atteggiamento di due degli apostoli: Giovanni è il primo a riconoscerlo; Pietro allora, per incontrarlo subito, si getta in acqua e lo raggiunge a nuoto. L'episodio presenta una chiara valenza simbolica. Questa pesca miracolosa si collega con quella avvenuta tre anni avanti, all'inizio della vita pubblica di Gesù, quando egli ha chiamato i primi futuri apostoli (tra loro, proprio Pietro e Giovanni) promettendo: "Vi farò pescatori di uomini". Quali uomini? Tutti, come suggerisce il numero dei pesci, se si considera che all'epoca di pesci se ne conoscevano proprio 153 specie. Una pesca prodigiosa, che avviene però solo quando i pescatori seguono il comando di Gesù; una pesca prodigiosa anche per un altro motivo: benché i pesci "fossero tanti, la rete non si squarciò". Prodigi, di cui gli apostoli sono solo gli strumenti: ad agire in realtà è la potenza del Signore. Così l'episodio si rivela nel suo pieno significato: quella rete che non si rompe, che può accogliere in sé tutti, è la Chiesa, dove riconoscere (come Giovanni) l'amore del Signore, dove è possibile a tutti (come a Pietro, che pure l'aveva rinnegato) avvicinarsi a lui. Il seguito dell'episodio dice chi Gesù ha messo a capo della Chiesa. E non si finisce di stupirsi fossimo stati noi, avremmo scelto Giovanni, il discepolo amato e fedele, l'unico coraggioso tanto da aver seguito Gesù sino ai piedi della croce. E invece no; Gesù sceglie Pietro, un uomo capace di slanci generosi ma anche di viltà, dunque incostante, inaffidabile. Se ne deduce che se la Chiesa "pesca" in abbondanza, non è per l'abilità di Pietro (e dei suoi successori e relativi collaboratori) ma per la volontà del suo divino Fondatore; se la Chiesa non si squarcia, se malgrado mille avversità continua ad accogliere in sé uomini d'ogni condizione e latitudine, è perché a guidarla in realtà è Lui, sempre e solo Lui. Lo prova il fatto che a rappresentarlo Egli sceglie proprio chi pochi giorni prima l'aveva rinnegato, offrendogli la possibilità di riscattarsi: tre volte aveva negato di conoscerlo, e tre volte Gesù gli pone la domanda riparatrice: "Mi ami tu?" E solo dopo ogni risposta positiva ("Certo, Signore, tu lo sai che ti amo") gli conferisce l'incarico: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore". Il compito di Pietro a guida della Chiesa è espresso, dopo la metafora della pesca, con quella del pastore, già ben nota al popolo d'Israele, al quale i profeti avevano insegnato che Dio è il pastore del suo popolo. Da Dio, il Padre, il compito era passato a Dio, il Figlio: più volte Gesù aveva detto di sé "Io sono il buon pastore". Con l'incarico a Pietro, il compito passa a lui: "Pasci le mie pecore". "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi", aveva detto agli apostoli, ai quali però assicurò anche: "Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo". |