Omelia (04-06-2000) |
padre Paul Devreux |
Mc 16, 15-20 Chi di noi non punta all'ascensione? Ascensione sociale, riuscire a stare meglio, non invecchiare mai, non ingrassare, aumentare lo stipendio, riuscire sempre ad avere gli amici giusti, avere un po' di più di ciò che già ho, etc. A volte, questa ricerca diventa fonte di stress, di angoscia e di solitudine, perché per raggiungere il mio fine devo scavalcare qualcun altro, e se ci riesco divento fonte d'invidia. ("Chi sceglie Roma, sceglie la solitudine". Questo me lo ha detto un amico vero). Il mito dell'ascensione è antichissimo, ma era riservato agli eroi, oggi è riservato ai più forti, ai più furbi, ai più ladri o a chi vince al totocalcio. Gesù, con la sua ascensione, c'indica una strada nuova, più umana, e percorribile a tutti. C'indica la strada dell'incarnazione, della vita a Nazaret, delle cose semplici di tutti i giorni, della priorità della fraternità e del servizio. Soprattutto Gesù ci indica la strada della fiducia in Dio di chi si scopre figlio di Dio. Questa è una festa che ci dà pace, perché ci dice chi siamo e dove andiamo: ciò che conta è sapere che sono figlio di Dio e che sono chiamato a regnare con lui. Signore liberami dal puntare all'ascensione inutile, che rischia di farmi fare la fine dell'eroe abbandonato in cima ad una colonna, e donami di guardare a te e alla tua croce, come vera prospettiva di felicità. |