Omelia (02-07-2000)
padre Paul Devreux
Mc 5, 21-43

In questo vangelo abbiamo due persone che vivono una situazione d'impotenza e che chiedono aiuto a Gesù; lui li aiuta, manifestando la sua signoria sulla morte.
Rimane una domanda: perché Gesù vuole che questa donna confessi pubblicamente la sua malattia e ciò che ha fatto? Ormai è guarita dalla sua emorragia; che bisogno c'è di aiutarla ad uscire dall'anonimato?
Gesù vuole che tutti sappiano che l'ha guarita? E' offeso? Si sente derubato? Questo non è il suo
stile. Gesù si muove in funzione del riuscire ad amare l'uomo, quindi lo fa per lei, per guarirla di qualcos'altro o per fargli qualche altro dono.
Essere guarita è bello, ma vivere in comunione con lui è più bello ancora. Gesù l'invita a passare
nella sua morte, a vivere la sua umiliazione pubblicamente, con lui presente, per scoprire che lui la tira fuori da quella morte e gli dà una nuova vita in comunione con lui.
Questa donna, che prima cercava di nascondere il suo male, probabilmente d'ora in avanti parlerà
solo di questo, perché questo è stato lo strumento che le ha permesso di conoscere Gesù e la sua
fraternità. Questo significa anche sentirsi accolti e amati tanto da poter essere sè stessi, senza più doversi nascondere nulla, e di conseguenza poter cominciare ad amare. Non è solo guarita, gli è offerta una vita di qualità.
Questa è la dimensione battesimale alla quale il Signore chiama tutti noi. Questo è il primo annuncio e la nuova evangelizzazione da fare oggi.