Omelia (25-04-2010)
padre Paul Devreux


Gesù si definisce un buon pastore, a pari meriti con il Padre, che è più grande di tutti e sul quale nessuno ha potere, per cui se decide che una pecora è sua, nessuno può strappargliela.

Ma per capire meglio chi è questo pastore e chi sono le sue pecore dobbiamo anzi tutto cancellare dalla nostra mente i quadri sdolcinati del bel pastore che si porta sulle spalle la pecorella profumata e tornare al tema dominante di questo tempo, che è quello di Pasqua. Gesù è morto in croce, condanna che i romani ordinavano per gli schiavi, e che gli ebrei consideravano un segno di maledizione da parte di Dio. Pensavano che se Dio ama un uomo, non permette che faccia una fine del genere, invece Gesù ha fatto tutto per fare proprio quella fine, perché voleva morire come è vissuto, per rivelare un Dio Pastore, che cammina con gli esclusi, con quelli che la vita ha reso cattivi, come i due ladroni, con quelli che consideriamo maledetti, con quelli che noi non riusciamo a perdonare, cominciando da noi stessi.

Per tutta la sua vita Gesù ha frequentato le cattive compagnie, ha cercato di stare vicino ai più lontani, come il pastore che va in cerca della pecora smarrita; e i lontani che si sentivano voluti bene da Lui "lo cercavano" perché intuivano che in lui avrebbero trovato misericordia, accoglienza e pane da mangiare.

Chi fa del male ad un povero va fermato, ma non va dimenticato che spesso è un povero più povero ancora, e per lui Gesù croci-fisso rimane fisso in croce fino al giorno che anche lui si accorgerà di avere accanto a sè un Dio che soffre con e per lui.

Gesù buon pastore, ha sempre una strada di salvezza per aprirci al suo ascolto. Preghiamo affinché il Signore faccia di noi delle pecore che lo seguono e degli strumenti "appetibili" per i lontani.