Omelia (13-07-2003) |
don Roberto Rossi |
Gesù mandò i suoi a due a due ad annunciare il Vangelo Gesù, chiamò i dodici e cominciò a mandarli a due a due a portare, con le opere e le parole, l'annuncio del regno di Dio. Finora era stato solo Lui, Gesù, a predicare. I discepoli lo seguivano, ascoltavano, imparavano. Ora essi sono mandati. In seguito all'invio degli apostoli, Gesù "designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Gesù invia tutti i suoi discepoli. Ha bisogno di tutti. Meglio, fa l'onore a tutti di essere gente che gli prepara la strada, che aiuta le persone a conoscere e incontrare Il Signore. Tutti siamo inviati da Gesù come evangelizzatori, come testimoni. Qualcuno potrebbe dire: Ma io ho tanti impegni, il lavoro, la famiglia, le preoccupazioni... questo è il lavoro dei sacerdoti, dei missionari! Certo per loro è la consacrazione di tutta la loro vita; ma tutti, proprio per l'amore che il Signore ci ha portato, per il battesimo e gli altri sacramenti che ci ha dato, siamo chiamati ad essere evangelizzatori. Ma come, proprio nella vita di tutti i giorni, nella famiglia, nel lavoro, nelle situazioni della vita della società, con le opere e le parole, cioè con l'amore che mettiamo nelle azioni della nostra giornata e con le parole che cercheranno di essere secondo il Signore. Di fatto, tutti parliamo dalla mattina alla sera. Di che cosa parliamo? Quali gli argomenti così importanti? Di ciò che dice il giornale, la televisione, gli argomenti e i pettegolezzi di tutti: non possiamo parlare del Signore, delle cose belle e importanti della vita, dei valori che ci sono donati nel vangelo, del bene che il Signore suscita in tanti cuori? Non possiamo incoraggiare e aiutare i nostri "fratelli" nella strada del bene? Si fa molta più fatica, e richiede molto più tempo ed energie, ad essere "mondani" che ad essere "cristiani". Essere mondani non porta a nulla, essere cristiani porta alla salvezza propria e degli altri. Diventare evangelizzatori non è un peso in più nella vita; è una gioia, un aiuto che fa dimenticare i pesi o aiuta a portarli meglio. Gesù ha promesso il centuplo quaggiù e la vita eterna. Tutti i credenti sono profeti e missionari: "ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere d diffondere, per quanto gli è possibile, la fede", così ci ha detto il Concilio. Ciascuno è responsabile della Parola che il Signore gli affida e che è resa credibile dalla testimonianza dei suoi inviati; essa deve essere proclamata in obbedienza, e secondo le modalità e i tempi suggeriti dallo Spirito, che si serve delle capacità proprie dei singoli. Ogni cristiano è uno "strumento imperfetto": spesso si sente inadeguato, ma è pur sempre strumento eletto da Dio per rendere visibile la sua presenza e per compiere la sua opera nel mondo. Il punto di partenza dell'evangelizzazione è ben espresso dalla preghiera di oggi: Tutto l'impegno sgorga dal non aver nulla di più caro di Cristo. Prima di pensare ai mezzi e ai modi di evangelizzare è necessario essere innamorati di Lui, aver fatto esperienza della sua intimità. Tra la scelta e il mandato, si colloca il tempo in cui gli apostoli stanno con il Signore per apprendere il suo stile di vita e farlo proprio, per imparare a rileggere la storia personale e universale come storia di salvezza, per sperimentare "incarnato" e vero, il lieto messaggio che sono chiamati a proclamare. Il cristiano "missionario" sa di essere un povero e un misero, di possedere mezzi poveri. Egli sa di non poter contare sulle proprie forze, ma vive nella fede e nella speranza, poiché riconosce di essere benedetto da Dio che lo ha pensato e voluto da sempre, che lo ha amato fino ad arrivare a lavarlo nel sangue del suo Figlio. E la consapevolezza dell'elezione e dell'amore di Dio, rivelato in Gesù Cristo, che muovono a portare il lieto annuncio della salvezza, il mistero della ricapitolazione in Cristo di tutte le cose. Per evangelizzare è necessario essere interiormente poveri, liberi da ogni condizionamento, da schemi o da interessi, per giocarsi in una donazione totale nella fedeltà alla Parola, rispettosi della libertà degli altri che possono accogliere o meno il messaggio evangelico. Abbiamo avuto in questi giorni la testimonianza di Annalena Tonelli, una missionaria laica, da più di trent'anni in Africa a curare gli ammalati di tubercolosi e a farsi sorella in ogni necessità, e ora insignita di un prestigioso premio dell'Onu per i Rifugiati. Sono stata da lei per un certo periodo quando svolgeva la sua opera nel deserto del Kenia, in mezzo ai nomadi. Viveva nella povertà e nella condivisione più assoluta, tante ore di preghiera, uno spirito forte, capacità si spendersi in mezzo ai poveri giorno e notte. Così ha continuato in seguito soprattutto in Somalia, dove tuttora di trova. A chi le ha chiesto "che dici di te?", ha risposto: "Io sono nobody": nessuno. Nel senso che non appartengo a nessuna organizzazione o congregazione religiosa. Sono una cristiana, una donna con una fede incrollabile, rocciosa che non conosce crisi dai tempi della giovinezza. E questo per grazia di Dio. Non ho nulla, se non l'aiuto generoso degli amici della mia città e la collaborazione della mia gente, che, pur nella diversità di razza, cultura e religione, mi ha accetta come sorella e madre per tutti i bambini e le persone che ho potuto aiutare a vivere". La Parola annunciata riceve testimonianza dall'esempio di vita e dalle opere che il cristiano "missionario" compie. |