Omelia (20-07-2003) |
don Elio Dotto |
Le chiacchiere e il silenzio Il Vangelo di domenica (Mt 6,30-34) ci descrive una giornata particolarmente felice. Quel giorno infatti gli apostoli erano raggianti, addirittura euforici. Tornavano dalla loro prima missione, ed avevano molte cose da raccontare a Gesù. Era ancora ben presente al loro cuore la calda accoglienza ricevuta nei villaggi in cui avevano predicato: e volevano condividere la loro gioia con il Maestro che li aveva inviati. Dunque quel giorno «gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato». Davanti ad una simile euforia noi ci saremmo aspettati una reazione altrettanto entusiasta di Gesù: in fondo era stato lui a mandare gli apostoli in missione; e quindi egli doveva essere contento che quella missione fosse andata a buon fine. La reazione di Gesù è però diversa: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». Certo colpiscono queste parole di Gesù: davanti al racconto concitato degli apostoli, egli invita alla solitudine e al silenzio. È come se avvertisse un rischio: il rischio che alla gioia pura della missione compiuta si sostituisca la gioia impura del successo riscosso; un rischio sottile ma insidioso, capace di vanificare qualsiasi opera buona. Perché non basta l'euforia del successo per avere la coscienza a posto: occorre qualcosa di diverso; occorre di nuovo cercare quella solitudine e quel silenzio che rendono genuina ogni opera compiuta. Ce ne accorgiamo anche noi, in questi nostri giorni così concitati e chiassosi. Anche noi infatti avvertiamo il bisogno di fare silenzio. Sono davvero troppe le parole che ascoltiamo e diciamo; soprattutto passiamo troppe volte dall'euforia all'indifferenza, soggetti come siamo ai cambiamenti dell'umore e delle circostanze. Accade così che le nostre parole assumano facilmente la figura della chiacchiera: e cioè la figura del discorso inutile, che alimenta soltanto presunzioni e pregiudizi. Al punto che suona ancora attuale quanto leggiamo nell'Imitazione di Cristo, uno degli scritti più noti del Medioevo cristiano: «è più facile tacere del tutto, che conservare la misura della parola; è più facile nascondersi in casa, che sapersi sorvegliare a sufficienza quando si è fuori». Gesù però non accetta questa amara conclusione: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». Sì, riposatevi un po': perché è possibile evitare il rischio dell'euforia eccessiva; è possibile correggere la facile inclinazione alla chiacchiera inutile e falsa. Tutto questo è possibile se soltanto sappiamo riscoprire il gusto per la solitudine e per il silenzio; e cioè se soltanto siamo capaci di riconoscere che le nostre parole sono sempre insufficienti e richiedono sempre da capo l'ascolto di una parola che viene dall'alto. Poi magari sarà difficile fuggire dalla folla che ogni giorno ci sommerge; e in certi casi sarà pure necessario rimanere con pazienza nell'agitarsi inquieto di questi nostri giorni concitati e chiassosi. Anche Gesù, quel giorno, «vide molta folla» e allora riprese di nuovo a parlare, rinunciando alla solitudine ed al silenzio che desiderava; eppure la sua parola nasceva dall'ascolto, e non dalle chiacchiere. Così può avvenire anche per noi, se ci lasciamo guidare da lui, il buon pastore, che «su pascoli erbosi ci fa riposare, e ad acque tranquille ci conduce» (Sal 22,2). |