Omelia (27-07-2003) |
a cura dei Carmelitani |
Mangiare e condividere il pane della vita 1. Invochiamo lo Spirito santo Padre nostro che sei nei cieli e ci hai consegnato il tuo Figlio prediletto, manda a noi il tuo Spirito, perché possiamo mangiare e gustare ciò che tu ci doni. Dacci oggi il pane quotidiano del corpo e dello spirito e fa' che esso susciti in noi la fame e la sete di te, della tua Parola e del tuo banchetto, dove ci sazierai della tua presenza, del tuo amore e della tua salom, nella gioia della comunione con i fratelli che tu ci doni oggi, perché condividiamo con loro il pane materiale e spirituale. Amen. 2. Lettura a) Le premesse e la chiave di lettura biblica e liturgica: * Il nostro brano ha una singolare particolarità: narra l'unico episodio "inflazionato" nei vangeli. Infatti, nel totale, è raccontato per sei volte (una volta Luca e Giovanni, due volte ciascuno Marco e Matteo). Al di là della valutazione storico - critica di questa insolita frequenza, è evidente che la tradizione cristiana primitiva ha dato a quest'episodio un grande risalto. * I rapporti letterari con gli altri racconti evangelici sono molto discussi, ma attualmente non si può stabilire definitivamente se ci siano e quali siano i rapporti diretti e indiretti fra i diversi racconti evangelici. Il parallelo più vicino a Giovanni sembra essere, qui, il primo testo di Marco (6, 30-54), ma Giovanni avrebbe comunque attinto a una fonte autonoma, che ha rielaborata in modo che fosse in stretta relazione con il discorso seguente. * Come avviene di solito nel quarto vangelo, al "segno", che in questo caso è un miracolo, è strettamente abbinato un discorso di grande importanza teologica. In questo caso, il discorso che segue copre quasi per intero il lungo capitolo sesto: è il discorso sul "pane della vita" (6, 26-59), la grande fonte di riflessione teologica sul sacramento dell'Eucaristia. * In tutto il testo, vi sono vari richiami a gesti, parole e idee caratteristici della liturgia cristiana, per cui sembra essere molto stretto il legame di questo brano con la tradizione liturgica della celebrazione eucaristica, soprattutto alla luce del fatto che il vangelo di Giovanni non riferisce l'istituzione dell'Eucaristia. * Nel ciclo liturgico di quest'anno, basato sul vangelo di Marco, s'inserisce qui una serie di vangeli domenicali tratti da Giovanni. L'inserzione avviene proprio nel punto in cui si sarebbe dovuta leggere la moltiplicazione dei pani. La scelta della prima lettura è un classico esempio di illuminazione reciproca fra i Testamenti: si tratta di una moltiplicazione di pani operata dal profeta Eliseo (2Re 4, 42-44). Il parallelo fra i miracoli illumina anche l'aspetto profetico della persona di Gesù. A sua volta, la seconda lettura (Ef 4, 1-6) sottolinea uno degli aspetti della vita eucaristica della Chiesa: la comunione che si costruisce attorno a Cristo e si alimenta dell'unico pane eucaristico. * I temi maggiori di questo brano, sono quelli che riguardano la simbologia del pane e della condivisione del pasto, anche in prospettiva escatologica. Altri motivi importanti presenti nel testo sono quelli della fede in Gesù e del suo modo di interpretare il messianismo, qui mostrato attraverso la filigrana della figura veterotestamentaria di Mosè. b) Il testo: 1 Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, 2 e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. 3 Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. 7 Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". 8 Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". 10 Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. 12 E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!". 15 Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. c) Suddivisione del testo, per comprenderlo meglio: vv. 1- 4: Introduzione temporale, geografica e liturgica. vv. 5-10: Il dialogo preparatorio fra Gesù e i discepoli. vv. 11-13: Il pasto "moltiplicato" e sovrabbondante. vv. 14-15: Le reazioni di Gesù e della gente. 3. Uno spazio di silenzio interno ed esterno per lasciare che la Parola di Dio ci impregni il cuore e la mente. * Siamo in primavera, la Pasqua è vicina. L'aria è ancora fresca e questo rende più facile seguire e ascoltare l'ormai famoso, anche se discusso, rabbi di Nazaret. * Mentre leggo e rileggo, anch'io lo sento parlare, ma ancora una volta fa discorsi "strani": com'è possibile far mangiare questa gran folla di gente che ci circonda dappertutto? * Pochi pani, pochissimi pesci... ma non possiamo temere di perderli, mentre accettiamo di dividerli. Ecco, crescono man mano che li distribuiamo! * Raccogliamo tutto, alla fine: è una gran fatica, ma il pane è sempre prezioso, in ogni luogo, in ogni tempo, soprattutto questo pane. * Riprendo il cammino con Lui, senza soste, col cuore più leggero e felice per le grandi cose che ho visto oggi, ma anche con qualche domanda in più. Continuo a guardarlo e ascoltarlo, a lasciarmi riecheggiare dentro i suoi gesti, le espressioni del suo volto e della sua voce, le sue parole. 4. La Parola che ci è donata * Il "libro dei segni" del quarto vangelo: Il nostro brano si colloca nella parte del vangelo chiamata "libro dei segni" (da 1, 19 a 12, 50), nella quale sono descritti e commentati i sette grandi "segni" di autorivelazione (semeion, miracolo o azione simbolica) compiuti da Gesù in questo vangelo. Discorsi e "segni" sono strettamente correlati: si spiegano i "segni" con i discorsi teologici e nei "segni" si presentano plasticamente i contenuti dei discorsi, in un progressivo approfondimento della rivelazione divina e nel conseguente crescere dell'ostilità verso Gesù. * Il capitolo 6 di Giovanni: Alcuni, per cercare di chiarificare la sistemazione dei particolari cronologici e geografici del capitolo 6, propongono di invertirne la posizione con il capitolo 5, ma ciò, comunque, non risolverebbe tutti i problemi. Meglio, dunque, rispettare e tenere ciò che la tradizione ci ha consegnato, pur avendo ben presenti le problematiche storico - redazionali, per non "accentuare indebitamente qualcosa che non sembra sia stato di grande importanza per l'evangelista" (R. Brown). * Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade: Il lago viene identificato con una doppia denominazione; la prima è quella tradizionale, la seconda è adottata solo da Giovanni nel Nuovo Testamento (anche in 21, 1), forse perché è emersa solo recentemente rispetto alla vita di Gesù e, quindi, è divenuta di uso comune nel periodo successivo alla sua morte e si è diffusa soprattutto in ambito ellenistico. * Una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi: In precedenza (2, 23-25) ritroviamo una situazione simile, nella quale molti credono in Gesù poiché avevano visto i "segni" che egli compiva. In entrambe le situazioni, Gesù mostra chiaramente di disapprovare tale motivazione (2, 24-25; 6, 5. 26). I "segni" sugli infermi, cioè le guarigioni, che Gesù avrebbe compiuti in Galilea non sono narrati da Giovanni, a eccezione della guarigione del figlio del funzionario regio (4, 46-54). Lo stesso evangelista, tuttavia, lascia intendere, con queste parole, di non aver narrato tutti gli avvenimenti e di aver compiuto una scelta fra le molte cose che avrebbe potuto consegnare ai lettori (cfr anche 21, 25). * Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli: Non c'è modo di individuare quale sia questo monte. Gesù che, come Mosè, si siede attorniato dai suoi discepoli, è un tema che ritorna anche negli altri vangeli (cfr Mc 4, 1; Mt 5, 1; Lc 4, 20). Il gesto di sedersi per insegnare era normale per i rabbini, ma Giovanni - al contrario di Mc 6,34 - non accenna al fatto che Gesù abbia insegnato in questa circostanza. * Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei: Nel quarto vangelo si fa riferimento a tre celebrazioni della Pasqua di Gesù, durante la vita pubblica. Questa sarebbe la seconda (la prima: 2, 13; la terza: 11, 55) e dà l'ambiente religioso e teologico di tutto quanto viene detto e fatto nel capitolo 6: il "pane donato" da Dio come la manna, la salita sul monte di Gesù come Mosè, il passaggio del mare come fu durante l'esodo (nell'episodio seguente: 6, 16-21), il discorso centrato sul tema del pane che viene da Dio. A proposito del rapporto fra la manna donata a Israele nel deserto e la moltiplicazione dei pani, si registrano, inoltre, vari paralleli e richiami con Numeri 11 (vv. 1. 7-9. 13. 22). Alcuni gesti di Gesù (a es. lo spezzare e dare il pane), come i molti dei temi teologici che toccherà nel discorso seguente, sono degli evidenti riferimenti ai gesti della liturgia del seder di Pasqua e alle letture della liturgia sinagogale della festa. La Pasqua, poi, è una festa primaverile e, infatti, Giovanni annota che vi "era molta erba in quel luogo" (6, 10; cfr Mt 14, 19 e Mc 6,39). * Gesù vide che una grande folla veniva da lui: In precedenza, all'inizio del racconto, sembrava che la gente lo seguisse da prima, mentre qui Giovanni sembra dire che la folla sta arrivando. Forse vi è qui un richiamo a uno dei temi teologici preferiti da Giovanni e molto sottolineati in questo capitolo: il venire a Gesù, espressione sinonima dell'adesione totale alla fede (3, 21; 5, 40; 6, 35. 37. 45; 7, 37 e altri). * Disse a Filippo... Andrea, fratello di Simon Pietro: Sono due dei Dodici che in questo vangelo sembrano avere un ruolo particolare (cfr 1, 44 e 12, 21-22), mentre negli altri vangeli restano in ombra. Pare che fossero particolarmente venerati in Asia minore, luogo in cui ha avuto origine il vangelo di Giovanni. * "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?": La domanda a Filippo, forse si giustifica col fatto che egli proveniva da quella zona geografica. Se interpretiamo questa domanda alla luce di quelle simili presenti nell'intero vangelo (1, 48; 2, 9; 4, 11; 7, 27-28; 8, 14; 9, 29-30; 19, 9), ne scopriamo la valenza Cristologica: chiedere da dove proviene il dono, vuol dire cercare di comprendere anche l'origine del donatore che, in questo caso, è Gesù; dunque la domanda conduce alla ricerca dell'origine divina di Gesù. * Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare: Il "mettere alla prova" le reazioni del discepolo è indicato con un verbo (peirazein) che ha di solito un significato negativo, di tentazione, verifica o inganno. Il ruolo di questa frase, però, è di mettere al riparo il lettore dal dubbio che la domanda precedente di Gesù sia interpretata come espressione di ignoranza. * "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un piccolo pezzo": La cifra equivale al salario di duecento giorni di lavoro di un operaio (cfr Mt 20, 13; 22, 2). Marco (6, 37) si esprime in modo da far pensare che una tal quantità di pane sarebbe stata sufficiente alla necessità, ma Giovanni vuol sottolineare la grandiosità dell'opera divina e la sproporzione delle risorse umane. Allo stesso fine rispondono le parole di Andrea che seguono: "... ma che cos'è questo per tanta gente?" * "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesciolini secchi": Il ragazzo, a giudicare dalla parola doppiamente diminutiva usata nel testo greco (paidarion) è proprio un "ragazzetto": una persona senza alcuna importanza sociale. Lo stesso termine è usato in 2Re (4, 12. 14.25; 5, 20) per il servo di Eliseo, Giezi. Il pane d'orzo, al contrario di quello fatto col frumento, era un cibo particolarmente semplice e a buon mercato, usato dai poveri. Sembrerebbe (cfr Lc 11, 5) che il pasto adatto a una persona fosse costituito da tre pani. I pesci secchi (opsarion, di nuovo indicati con un doppio diminutivo) erano il cibo comune da consumare con il pane. * "Fateli sedere"... erano circa cinquemila uomini: In realtà, secondo l'uso del tempo, Gesù comanda di "farli adagiare" o "distendere": il pasto dev'essere consumato in tutta comodità, proprio com'è prescritto per il pasto rituale della Pasqua e com'è d'obbligo nei banchetti. Tutti i racconti evangelici di quest'episodio riferiscono solo il numero degli uomini presenti. * Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì... e lo stesso fece dei pesci: Questi gesti e parole di Gesù sono molto vicini a quelli del rito eucaristico, anche se non si può dire che l'uno derivi dall'altro. "Rese grazie" traduce qui eucharistein, che era comunemente usato in modo distinto da eulogein, benedire, che è il verbo usato dai vangeli sinottici i questo luogo; il primo verbo è caratteristico dell'ambiente di lingua greca, il secondo direttamente proveniente dagli ambienti di cultura ebraica. Se consideriamo il linguaggio in uso all'epoca in cui i vangeli furono redatti, non possiamo dire che fra le due espressioni evangeliche vi sia una notevole differenza di contenuti, anche se il richiamo di Giovanni ai sacramento eucaristico risulta molto più diretto per noi, abituati al linguaggio liturgico cristiano. Tant'è vero che il quarto evangelista utilizza lo stesso verbo anche in 11, 41, dove non troviamo alcun richiamo al sacramento. Come il presidente della tavola rituale pasquale, Gesù spezza di persona il pane e lo distribuisce direttamente alla gente. Allo stesso modo farà nell'ultima cena. Con tutta probabilità, però, i fatti sono andati come raccontano i vangeli sinottici: Gesù diede il pane spezzato ai discepoli perché lo distribuissero, la folla infatti era davvero troppo grande perché Egli potesse fare tutto da solo. Giovanni vuole dunque concentrare tutta l'attenzione dei suoi lettori sulla persona di Gesù, vero e unico donatore del "pane del cielo". Osserviamo bene l'andamento dei fatti: la moltiplicazione avviene solo dopo la divisione e la divisione del pane avviene solo dopo che un "piccolo" mette arditamente a disposizione di tutti le sue risorse irrisorie. Quei poveri, piccoli pani si moltiplicano man mano che si dividono! Gesù moltiplica ciò che noi accettiamo, un po' alla cieca, di dividere con Lui e con gli altri. * Finché ne vollero... furono saziati: E' l'abbondanza promessa dai profeti per il tempo della šalom e per il festoso banchetto escatologico (cfr, a es. Is 25, 6; 30, 23; 49, 9; 56, 7-9; Os 11, 4; Sl 37, 19; 81, 17; 132, 15) . Dunque, non sbaglia la folla, quando afferma che Gesù "è davvero il profeta che deve venire nel mondo": profeta che realizza la promessa divina dell'invio di un profeta "uguale a Mosè" (Dt 18, 15-18) e che inaugura i tempi messianici imbandendo un banchetto gratuito e abbondante, come promesso dai profeti antichi. * "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto": Entrano in scena i discepoli, con il compito di fare in modo che non si sprechi questo prezioso pane. Infatti, anche questo è un "pane che perisce" e non può reggere il confronto con il vero "pane del cielo" (cfr 6, 24). Il comando di raccogliere (synagein) gli avanzi rimanda a quanto prescritto riguardo la manna (cfr Es 16, 16 ss.). * Riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati: Non si può stabilire con certezza se il numero dei canestri sia un voluto richiamo al numero dei discepoli. Di sicuro, la frase vuol sottolineare di nuovo la grande abbondanza di cibo venuta da quei piccoli pani d'orzo benedetti da Gesù. Giovanni sembra fare ben poca attenzione ai due pesciolini che erano stati offerti con i pani, forse perché il discorso che segue è tutto incentrato solo sul pane. * Visto il segno: La motivazione che Giovanni ci riferisce per il miracolo appena compiuto non è la compassione per le folle; essa sarebbe stata ben compresa dai discepoli presenti che, invece, secondo Marco (6, 52 e 8, 14-21), non compresero il significato dell'avvenimento. Il quarto vangelo, quindi, mette in evidenza il significato di "segno" del miracolo. * Stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo: Contrariamente agli altri evangelisti, Giovanni riferisce il motivo dell'improvvisa scomparsa di Gesù dopo il miracolo: voleva evitare che il suo ruolo di Messia fosse "inquinato" da manifestazioni politiche da parte della folla. Gesù conferma ancora una volta le sue scelte (cfr Mt 4, 1-10), che ribadirà fino alla fine, dinanzi a Pilato (19, 33-37). 5. Alcune domande per orientare la riflessione e l'attuazione. a) Il pane viene moltiplicato perché qualcuno "molto piccolo" trova il coraggio di rinunciare ad aggrapparsi alle proprie sicurezze (anche se sono infime, ci sono: un po' come le "cipolle d' Egitto") per rischiare un fallimento o una brutta figura. Il "ragazzetto" del racconto evangelico si fida di Gesù, anche se questi non aveva promesso nulla, in questo frangente. Io, noi faremmo la stessa cosa? b) Il ragazzo è una persona insignificante, i pani sono pochi e i pesci ancora meno. Passando dalle mani di Gesù, tutto diventa grande e bello. C'è una grande sproporzione fra ciò che noi siamo e ciò che Dio ci fa diventare, se ci mettiamo a sua disposizione. "Nulla è impossibile a Dio": né convertire i cuori più duri, né trasformare il male in strumento del bene... Dio colma ogni sproporzione fra noi e lui. Ci credo davvero, fino in fondo, anche quando tutto lo contraddice? c) Il pane materiale che viene donato da Dio ci rimanda a quello che dovremmo condividere con i troppi uomini e donne che, sulla stessa terra che noi abitiamo e di cui sciupiamo spensieratamente le risorse, lottano disperatamente per un tozzo di pane. Quando preghiamo "dacci il nostro pane quotidiano" rivolgiamo almeno un pensiero a coloro che di questo pane mancano e a come potremmo andare loro incontro? d) La fame fisica e il pane materiale ci rimandano anche alla "fame di Dio" e al banchetto escatologico. Sono realtà che spesso allontaniamo dal nostro pensiero, che preferiamo pensare lontane e distanti da noi. Eppure, tenerle sempre presenti ci aiuterebbe a relativizzare tante realtà e altrettanti problemi che ci sembrano troppo più grandi di noi, a vivere più serenamente preoccupandoci solo di ciò che è davvero essenziale. Quando, durante la celebrazione eucaristica acclamiamo "... nell'attesa della tua venuta" siamo davvero in attesa fervente del ritorno glorioso di Colui che ci ama e si d'ora provvede a noi? 6. Preghiamo (Salmo 147) Lodando Dio con un inno dal sapore pasquale a Colui che provvede il cibo e ogni forma di sussistenza ai "piccoli" del suo popolo e a ogni essere vivente. Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene. Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d'Israele. Risana i cuori affranti e fascia le loro ferite; egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome. Grande è il Signore, onnipotente, la sua sapienza non ha confini. Il Signore sostiene gli umili ma abbassa fino a terra gli empi. Cantate al Signore un canto di grazie, intonate sulla cetra inni al nostro Dio. Egli copre il cielo di nubi, prepara la pioggia per la terra, fa germogliare l'erba sui monti. Provvede il cibo al bestiame, ai piccoli del corvo che gridano a lui. Non fa conto del vigore del cavallo, non apprezza l'agile corsa dell'uomo. Il Signore si compiace di chi lo teme, di chi spera nella sua grazia. 7. Orazione Finale La Chiesa, sin dai suoi primi passi, ha celebrato l'Eucaristia quale cena pasquale del Signore in cui riecheggia l'evento della moltiplicazione dei pani. La nostra preghiera finale, perciò, oggi beneficia dell'eredità dai Cristiani del primo secolo: Ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli. Nel modo in cui questo pane spezzato era sparso qua e là sopra i colli e raccolto divenne una sola cosa, così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno dai confini della terra; perché tua è la gloria e la potenza, per Gesù Cristo nei secoli. Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l'immortalità che ci hai rivelato per mezzo di Gesù, tuo servo. A te gloria nei secoli. Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa a gloria del tuo nome; hai dato agli uomini cibo e bevanda a loro conforto, affinché ti rendano grazie; ma a noi hai donato un cibo e una bevanda spirituali e la vita eterna per mezzo del tuo servo. Soprattutto ti rendiamo grazie perché sei potente. A te gloria nei secoli. Ricordati, Signore, della tua Chiesa, di preservarla da ogni male e di renderla perfetta nel tuo amore; santificata, raccoglila dai quattro venti nel tuo regno che per lei preparasti. Perché tua è la potenza e la gloria nei secoli. Venga la grazia e passi questo mondo. Osanna alla casa di David. (dalla Didaché, 9-10) |