Omelia (03-08-2003) |
don Elio Dotto |
Bisogni e desideri Uno dei motivi di frustrazione che spesso rattrista la nostra vita è certo la prevalenza dei bisogni sui desideri. Abitualmente noi non distinguiamo troppo gli uni dagli altri: eppure proprio la distinzione tra bisogno e desiderio potrebbe contribuire al nostro benessere spirituale. Il bisogno è un'attesa che richiede immediata soddisfazione e che si estingue nel momento in cui raggiunge l'oggetto ricercato. È dunque un bisogno quello che gli Israeliti – come leggiamo nella prima lettura di domenica (Es 16,2-4.12-15) – manifestano nel deserto quando dicono: «Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà». Essi hanno fame, e rimpiangono la carne dell'Egitto, anche se là erano in condizione di schiavitù. In tal modo manifestano un bisogno che può essere saziato soltanto con il cibo: e saranno appunto la manna e le quaglie a soddisfare la loro attesa. Allo stesso modo è un bisogno quello che spinge la folla a cercare Gesù da un lato all'altro del mare di Galilea, come racconta il Vangelo di domenica (Gv 6,24-35): la gente attende di mangiare di nuovo quel pane miracoloso che il giorno precedente aveva saziato cinquemila uomini. Emerge qui un'altra caratteristica del bisogno: esso, anche se soddisfatto, ritorna sempre identico. La folla infatti si è saziata mangiando il pane moltiplicato da Gesù; e tuttavia si ritrova nella situazione di partenza perché ha di nuovo fame. Appunto in quest'ultima circostanza possiamo scorgere quella frustrazione che i bisogni ingenerano nell'animo umano: la loro soddisfazione non crea benessere; o, perlomeno, crea un benessere soltanto provvisorio che ben presto verrà messo in discussione. Non così invece accade per i desideri: i quali presentano una dinamica più complessa, e in tal modo contribuiscono a distinguere gli uomini dagli animali. Il desiderio infatti, a differenza del bisogno, non si estingue nel momento in cui raggiunge l'oggetto cercato; anzi, esso sa fin dal principio che la mèta ricercata non è immediatamente raggiungibile. In questo senso, il desiderio considera ogni traguardo come provvisorio: e ritrova in ogni traguardo i segni che indicano la mèta successiva. Desiderio è quindi quello che anima Gesù: il quale condivide il cibo con i suoi contemporanei – sedendosi anche volentieri a tavola con loro – ma nello stesso tempo afferma che «mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,34). In altre parole, egli sa scorgere nel cibo che perisce – nella convivialità umana sempre provvisoria – il segno di un cibo che dura per la vita eterna, di una convivialità indistruttibile che solo Dio può garantire. E dunque ricerca sempre da capo questa convivialità che viene dall'alto, senza mai far dipendere la sua vita da quelle convivialità terrene che volta per volta incontra. Ugualmente è un desiderio quello che esprimono gli Israeliti nel deserto quando raccolgono la manna e si dicono l'un altro: «Che cos'è?». Essi non soltanto si riempiono la pancia, ma intravedono in quel cibo che perisce la benedizione eterna di Dio: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo» (cfr Es 16,15). In questo modo si rafforza la loro speranza, e continuano il cammino verso la terra promessa. Esattamente così anche noi possiamo rafforzare la nostra speranza, se non ci accontentiamo di soddisfare i bisogni di ogni giorno ma impariamo sempre da capo a nutrire grandi desideri. |