Omelia (03-08-2003) |
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Segni per la fede INTRODUZIONE Domenica scorsa il vangelo faceva notare come il gesto compiuto da Gesù fosse solo un segno (cf.6,14). Il segno, nell'ottica giovannea, della moltiplicazione dei pani è allora una realtà concreta che va letta alla luce della fede perché è ad essa che vuole condurre. La pericope odierna serve ad interiorizzare meglio questo evento, in essa (pericope) troviamo tutti gli elementi necessari che ci fanno approfondire la "verità" del miracolo. LA PAROLA Il centro ed il culmine del brano evangelico di questa domenica è l'espressione del v. 29: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato". Tutto converge verso la fede e tutto parte da essa. Allora il miracolo non serve a soddisfare un'esigenza materiale, ma è necessario per iniziare e continuare un "cammino di fede". La fede allora è una continua "ricerca" non di Colui che mi garantisce un'esistenza umana dotata di tutti i comfort di cui ho bisogno, ma è un indefesso "operare" per una migliore comprensione del mistero di Cristo, che oggi si presenta come l'unica persona autorizzata dal Padre a portare agli altri l'amore divino. Compito centrale del cristiano e dell'uomo di oggi è scoprire l'intimo legame che lega Gesù al Padre e far tesoro di questa verità. Gesù appartiene al Padre è un'unica cosa con il Padre, per cui di fronte alle sfide dei vari fenomeni religiosi, che minano le basi della nostra fede, dobbiamo essere in grado di dare una risposta ferma decisa con la nostra stessa vita. Una vita che deve essere l'esempio eclatante e concreto di un agire perenne in Cristo. Al v. 30 troviamo la folla che chiede un Segno. E' l'esigenza della legittimazione, in quanto l'uomo per credere esige un miracolo, vuole avere la sicurezza. Gesù risponde che il Segno dato da Dio è la sua stessa Persona: "Io sono il pane della vita:..." Con questa risposta alla richiesta del Segno, Gesù ci riporta all'Autore del dono stesso, per cui se non vogliamo sprofondare in un oceano idolatrico e scambiare l'Autore con il servo (...non Mosè, ma il Padre Mio...) dobbiamo continuamente saper volgere lo sguardo verso l'alto, come hanno fatto alcuni grandi santi e teologi. E' bello ricordare come S. Tommaso usa la via (la prima delle cinque) della natura per dare fondatezza alle cose visibili, che servono da trampolino di lancio per arrivare a Dio. Oppure come S. Agostino, dopo la conversione, dice che molte volte siamo abbagliati e confusi da quelle cose che non hanno consistenza e che non "sarebbero" se non ci fosse un "Essere" capace di dare solidità al creato che ci circonda. Allora l'accesso a Dio ci viene dal Segno che Lui ci ha dato: Gesù è la porta, la via preferita per arrivare a Dio. Compito dell'uomo è "saper andare" a Lui, sapersi muovere attivamente per trovare il nutrimento necessario per la propria vita spirituale. Altre vie sono solo un palliativo che offrono solo soddisfazioni di ordine psicologico e continuano ad aumentare il vuoto interiore che corrode l'uomo come un tarlo. |