Omelia (03-08-2003)
padre Gian Franco Scarpitta
Il pane vero e il pane effimero

"Dacci oggi il nostro pane quotidiano" Con questa espressione del Padre Nostro, che letteralmente vuol dire anche "del giorno che viene" intendiamo chiedere a Dio il sostentamento necessario per la vita quotidiana, ma soprattutto riconosciamo che è da Dio che proviene ogni cosa e che anche la possibilità di nutrimento è opera del suo amore.
Come già abbiamo riflettuto nella Domenica precedente, Dio ha sempre manifestato la sua infinita provvidenza nei confronti del suo popolo; e avevamo citato a tal proposito anche il brano di cui alla prima Lettura di oggi.
Secondo quanto scrive Mons. Cipriani, l'attitudine con cui Dio provvede a sfamare il suo popolo nel deserto attraverso la manna, più che un atto amore è piuttosto un gesto di rimprovero da parte del Signore nei confronti degli Israeliti che avevano mancato di fedeltà nei Suoi confronti, protestando per la mancanza di cibo. Il biblista aggiunge tuttavia che anche negli atteggiamenti di riprovazione e di biasimo, Dio non manca di esprimere la Sua sollecitudine amorosa ragion per cui possiamo affermare che Dio anche in questa circostanza si mostra benigno e provvido.
La manna era un alimento di cui gli Israeliti non ebbero conoscenza sulle prime. Da qui il nome di "manna" (Man-hu= che cos'è?); ma quello che più deve attirare la nostra attenzione è il fatto che attraverso di essa il Signore dona al popolo "il pane piovuto dal cielo per loro" in quantità sufficiente perché se ne possa mangiare giorno per giorno.

Questo significa che Dio garantisce l'alimento con cui ci si possa sfamare, tuttavia prende le distanze da qualsiasi pretestuosità umana relativa ad abusi e a sperperi.
E quella della dilapidazione e dello spreco è purtroppo la mentalità comune della nostra epoca "consumistica". In questo contesto di benessere e di opulenza economica non è cosa rara che il superfluo diventi essenziale, per la qual cosa non ci si contenta più del necessario ma ci si prodiga verso la vana ricerca della banalità e della frivolezza, perfino per quello che riguarda il cibo.
Sin dalla prima infanzia si è abituati a fare preferenze nelle nostre tavole e a rifiutare il cibo che la Provvidenza ci pone innanzi, dimenticando lo stato di indigenza e di precarietà nel quale versa tanta gente anche nel nostro paese. Come se non bastasse, il frastuono della propaganda televisiva e mediatica ci va sempre più convincendo della presunta necessità di disporre di un prodotto in realtà banale e superfluo per poterci sentire socialmente realizzati.
Forse occorrerebbe che si ritornasse, specialmente noi che la Domenica affolliamo i luoghi di culto, alla considerazione che nulla ci appartiene e che quello di cui disponiamo proviene da Dio e che Dio potrebbe anche toglierci ogni cosa (Gb 1, 21). Afferma a proposito l'Apostolo Paolo: "Che cosa possiedi tu che non abbia ricevuto? E se lo hai ricevuto perché te ne vanti, come se non lo avessi ricevuto... Voi stessi siete di Cristo e Cristo è di Dio (1Cor)" Le Costituzioni del mio Ordine in un certo qual modo gli fanno eco quando affermano che "sperperi e abusi non possono che suscitare il 'grido dei poveri' (quelli veri) che non può non essere ascoltato da Dio."!

Tutto questo lo si comprende meglio solo quando ci si convince che, appunto, tutto quello di cui si dispone è dono divino, ma soprattutto del fatto che quello di cui più abbiamo bisogno non è il pane nutrizionale in senso fisico, bensì il pane spirituale. E' urgente che riceviamo l'alimento della vita, vale a dire il pane che ci soddisfa realizzandoci dal punto di vista umano, cristiano, spirituale e relativo ai valori.
Ebbene, questo pane Gesù ce lo dà.
Ai suoi discepoli, inebetiti dai suoi discorsi dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, Gesù propone se stesso come alimento di vita e di salvezza e lo fa affermando di essere molto più importante del pane alimentare che sfamava gli Israeliti nel deserto: quello era un pane mangiando il quale si tornava ad avere fame. E' vero, abbiamo detto che Dio nel Suo amore infinito lo provvedeva continuamente perché si soddisfacessero i bisogni fisici del suo popolo, tuttavia il vero alimento è quello che soddisfa per sempre e ci si dà nello stesso Gesù Cristo.
Egli è Dio fatto uomo per la salvezza di tutti; è venuto a redimere il modo condividendo in tutto (tranne il peccato) la nostra condizione di fragilità e di miseria e per "raggiungerci" fino in fondo ci si offre addirittura come alimento gratuito.
Quale sarà allora il nostro atteggiamento?
Semplice: nello stato di fame fisica, di fronte ad un tozzo di pane non si fa' mai discussione se esso sia ben cotto o se abbia le caratteristiche di adeguata lievitazione o salatura... Lo si mangia e basta.
Allo stesso modo, poiché Cristo ci si offre con la medesima spontaneità lo si accetta deliberatemene senza condizioni, e ci si apre a lui con fiducia, secondo quanto egli stesso dice ai suoi discepoli: essi domandano: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" E Lui risponde: "Una sola è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato". Cioè credere che Egli è il Figlio di Dio, Dio stesso incarnato per noi.
Apparentemente sembra questione da poco; in realtà quando si crede in Lui come Figlio di Dio ci si pone alla sua sequela in tutto e per tutto, si assumono atteggiamenti per i quali ci si rinnova interiormente nello spirito della fiducia e della serenità e si guardano le cose e gli altri uomini secondo un'altra prospettiva che è quella della condivisione, della solidarietà, dell'apertura al prossimo e della considerazione del bisognoso. Questo vuol dire mangiare il pane vivo disceso dal cielo che è Cristo, in netto contrasto con l pane effimero della propaganda consumistica!