Omelia (10-08-2003) |
padre Ermes Ronchi |
Un amico, essenziale come il pane per darci sostegno nello sconforto «Ora basta, Signore». Elia, il più grande dei profeti, vuole morire. Lui così grande che Gesù stesso gli fu paragonato, oggi è così stanco e scoraggiato, così disperato che dice: ora basta Signore, prenditi la mia vita. La parabola di Elia è quella di ogni cristiano. Quante volte lo scoraggiamento ci ha fatto dire: non ce la faccio più, non serve a niente essere buoni, non cambia nulla, non vale la pena di vivere il vangelo. Troppo lungo il cammino, troppo deserto, troppo dolore. Ma c'è un angelo, Dio interviene. E non per offrire ad Elia un cavallo bardato pronto a divorare le distanze desolate del deserto. Non toglie la fatica, porta un po' di pane, un po' d'acqua. Un quasi niente che a noi evoca castighi e invece si tratta degli alimenti più semplici e più necessari. Lo stile di Dio: egli interviene con la forza delle cose quotidiane, con l'umiltà e la povertà che hanno le cose essenziali, il pane, l'acqua, l'aria, la luce, un amico. Che però risvegliano tutte le energie creatrici dell'uomo, e la sua dignità e la sua libertà. Dio viene come respiro del mio respiro, coraggio del mio coraggio, non per cancellare il deserto, non come anestesia della fatica e del sole, ma come voglia di camminare ancora, come infinita capacità di ricominciare. Mi vede addormentato sotto il ginepro della stanchezza e viene con le cose più elementari e più necessarie: pane, acqua, riposo. Ma una cosa è ancor più necessaria: avere un angelo accanto, la divina dolcezza di un angelo, che ti tocchi, ti parli, ti vegli, e popoli il deserto. Viene nelle sembianze di una persona che attraversa la mia vita, forse un familiare, forse uno sconosciuto. Ciascuno di noi può, a sua volta, essere questo angelo inviato agli altri, una presenza che non giudica e non fa prediche, ma è attento, sta vicino, e aiuta a ritrovare la forza e la voglia di vivere. «Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù afferma: sono io che faccio vivere, io alimento la vita. La vita che non ne può più, il cammino troppo lungo, la fatica desolata. Dio viene, il cielo non è vuoto, egli attraversa i deserti e crea sorprese di pane, di acqua, di angeli. Viene e porta se stesso, perché a nessun figlio prodigo basteranno mai le ghiande contese ai porci. Dio stesso si fa cibo e nutrimento perché nessuno venga meno e si lasci morire. E a sua volta si faccia angelo. «Fatevi imitatori di Dio», come dice Paolo: non solo date il pane, ma diventate voi stessi pane. E siamo tutti alla ricerca di qualcuno che ci faccia diventare pane, come lui; ci dia il coraggio di diventare dono, come lui, di diventare gli uni per gli altri pane e angelo, compagnia nel deserto e oltre il deserto, su fino al monte di Dio. |