Omelia (17-08-2003) |
Paolo Curtaz |
Il Pane del cammino Allacciarsi le cinture di sicurezza, se disabituati alle altezze: prudenza, pericolo di vertigini. Se avete seguito la soap opera delle scorse e la spessissima teologia di Giovanni dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, saprete – più o meno – dove ci troviamo. Il miracolo di Gesù si è rivelato un flop: la folla invece di avere colto il significato profondo – occorre mettersi in gioco per affrontare i problemi – ha capito l'esatto contrario: ecco qualcuno che ci riempie la pancia. Da qui l'ardito discorso di Gesù: la fame da saziare è un'altra, più profonda, più difficile, la fame del cuore che Dio solo può riempire; e non un Dio qualsiasi ma il Dio che Gesù viene a svelare. Nella ricerca della vita vera, chiamata vita eterna, Gesù propone un pane, come il pane che aiutò Elia a superare il deserto e la propria frustrazione. E oggi, a sorpresa, Gesù parla di un pane di cui cibarsi, un pane che è la sua presenza. Ci immaginiamo lo sguardo attonito dell'immensa folla di fans di Gesù che, ben sazi dal miracolo dei pani e dei pesci, si vedono ora destinati ad una inaccettabile ed improbabile forma di cannibalismo... Eppure è tutto fin troppo chiaro: Gesù parte dal pane distribuito, per parlare di un altro pane che lui darà e che è sua carne da mangiare per dimorare in lui. Come non pensare all'ultima cena? Come non sentire rieccheggiare in queste parole quel "fate questo in memoria di me?". Di più: Gesù dice che cibarsi del pane che darà ci rende simili a lui, opera in noi una "cristificazione", un cambiamento. Ci credo, amici, ci credo. Resto stupito, fatico, sono pieno di dubbi ma ci credo. Oggi Gesù parla di ciò che ogni domenica, stancamente il più delle volte, facciamo nelle nostre accaldate comunità. Ci credete, amici? Ci credete che grazie alla preghiera della comunità, al dono dello Spirito e alla imposizione delle mani di un prete (il più delle volte inconsapevole) Gesù si rende cibo? Gesù parla di questo dono semplice e tremendo, gioioso e durissimo, che ci obbliga alla fede, che ci scardina dalle abitudini. Ogni domenica ci raduniamo per ripetere la cena, un gesto di caldo affetto e di obbedienza al Maestro, ogni domenica ci nutriamo del pane della Parola e del pane Eucaristico, custodiamo questo pane nelle nostre Chiese per i nostri malati, per segnalare una Presenza. Siamo qui per questo, per questo ci raduniamo, perché affamati, perché abbiamo urgente bisogno di saziare il cuore, di illuminare il cammino, di credere, finalmente, senza ambiguità, senza ritrosia. Credere, fratelli, credere con tutto il cuore e con tutta l'anima. Gesù svela un mistero: non solo cibarsi di lui ci nutre il cuore, non solo ci dona la vita vera, la vita eterna, ma cibarsene con consapevolezza ci porta a vivere per lui. Vero, lo vedo nella mia vita: più frequento il Vangelo e il Maestro Gesù e più ne resto affascinato, più ne sono innamorato, più imparo a conoscere me e gli altri. Perciò san Paolo può dire che l'incontro col Maestro ti cambia la vita, ti cambia dentro. Che non fai più el cose di prima, per scelta, con gioia, non per un ipotetico moralismo che ti blocca e ti castra. Così il libro dei Proverbi ci invita al banchetto di Dio, al mangiare insieme acquistando saggezza, acquistando intelligenza. Fine del discorso, fine della provocazione. Ora passiamo ai fatti, scaviamoci dentro: amico che leggi, cos'è l'eucarestia nella tua vita? Hai ragione, le nostre messe sono stanche, non entusiasmanti, non ci si conosce, troppo rituali ed esteriori. E' vero, e con quanto dolore dico che manca stupore a me e alla mia comunità nelle celebrazioni. Perché non cominciare noi? Perché non fare di quella cena il cuore della settimana, lo stimolo per la vita? Confratello che leggi e che celebri l'eucarestia, perché non osare di più? Senza eccessi, senza formalismi o improvvisazioni, perché non riappropriarci dell'eucarestia, usare linguaggi nuovi, amare questo gesto, preparalo, con gioia, con serenità? Ascoltiamoci, fratelli preti, mentre predichiamo: quanta rabbia nelle nostre parole, quanta frustrazione, quanta teologia incomprensibile! Con umiltà ascoltiamo la nostra gente, capiamo cosa vive oggi un fedele, interroghiamoci come discepoli, poiché uno solo è il Maestro, diamo – finalmente – buone notizie! Facciamo diventare delle nostre eucarestie un capolavoro di autenticità e di fede, di bellezza e lode, nessuno possa fare a meno di parteciparvi! |