Omelia (01-11-2010)
Il pane della domenica
La città di Dio abitata da cittadini degni del vangelo

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli

Dopo aver camminato con Gesù, alla scuola del suo vangelo e per quasi un anno ed aver ripercorso le principali tappe della sua vita come memoriale, siamo invitati dalla liturgia odierna a guardare il cielo e a contemplare, meglio ancora a incontrare "una moltitudine immensa che nessuno può contare" (Ap 7,9).
La visione mette sotto accusa e in questione il nostro uso frequente, della parola "pochi", sono una minoranza i buoni, i praticanti, gli onesti. La salvezza invece è moltitudine; il mio sangue dice Gesù è "sparso per voi e per la moltitudine" (Mt 26,28). La visione dilata non solo il restringimento del numero, ma anche della provenienza: "da ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7,9).
All'apertura dell'ultimo Convegno ecclesiale di Verona, nella storica arena, ha suscitato stupore ed intensa gioia spirituale, la preghiera con gli spalti centrali illuminati dai volti dei santi patroni invocati in tutte le Diocesi italiane. Non si era mai celebrata così comunitariamente una dimensione di chiesa rappresentata dall'assemblea festosa dei santi. Si poteva respirare tra le pietre antiche dell'arena, probabili testimoni del martirio durante la prima generazione cristiana, la stessa aria ed atmosfera dello Spirito che anima la vita di coloro che hanno scoperto: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio ed esserlo realmente in pienezza" (1Gv 3,1).
S. Paolo e s. Agostino nelle loro espressioni scultoree descriverebbero questa istantanea sull'aldilà, come una città di Dio, abitata da cittadini degni del vangelo.
Noi siamo soliti chiamare i santi con la S maiuscola, color che hanno il nome nel calendario e verso i quali la chiesa propone un culto di venerazione. Sono certamente modelli di vita e intercessioni presso Dio, sono stati sulla terra gente come noi e riuscendo a rispondere con totale generosità all'amore di Dio. Ma c'è pure l'innumerevole quantità di santi che non hanno ricevuto nessun riconoscimento ufficiale (canonizzazione), eppure sono nella comunione glorificante di Dio e vicini a noi. Lasciandosi raggiungere dall'amore di Dio hanno cercato da discepoli e testimoni, di vivere integralmente le beatitudini. Sono diventati il popolo nuovo dell'alleanza, costituito fin dal giorni in cui Gesù ha chiamati felici e benedetti da Dio i poveri, gli afflitti, i miti, gli affamati e assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace e tutti i perseguitati.
Fissiamo in volto tutti "questi membri eletti dalla Chiesa dati a noi come amici e modelli di vita" (prefazio), felici perché da "figli nel Figlio" hanno attraversato tutte le nostre vicende umane. Ora anche noi pellegrini sulla terra, da loro attratti "verso la patria comune, affrettiamo nella speranza il nostro cammino" (prefazio).
La carta d'identità dei santi invocati e celebrati sono dunque la pagina semplice ma decisiva delle beatitudini. L'evangelista Matteo ne ha elaborato una formulazione efficace, così da rendere indimenticabili i volti di color che Gesù di Nazaret ha inteso proporre quale primizia del Regno di Dio, come via possibile per quanti cercano senso per la loro esistenza, gioia e orientamento rispetto ad alternative seducenti che allontanano da Dio e dalla piena realizzazione di sé.
Ad un popolo già in attesa dei tempi nuovi con la predicazione del Battista, il discorso della montagna di Gesù che annuncia il dono gratuito di Dio a tutti, specialmente a chi non ha nulla su cui contare appare un evento di grazia, l'avverarsi di un sogno, lungamente desiderato: l'incontro con Dio nostra beatitudine e santità.
Se qualcuno del gruppo degli zeloti, ribelli ai romani fosse arrivato in quel momento dai luoghi della clandestinità, al sentire Gesù sarà stato conquistato da una via differente di ricerca operosa della giustizia e della pace che lasciava alle spalle la logica tragica anche ai giorni, dell'"occhio per occhio e dente per dente".
Lo stesso si dica per altri provenienti dalle città della Decapoli dove si vantava una cultura più evoluta, raffinata e cosmopolita; a costoro il profeta di Nazaret propone una radicale conversione da una presuntuosa autosufficienza alla scoperta del primato di Dio e delle sue vie di liberazione e salvezza. Sembra di sentire in questo un'eco ricorrente nell'espressione pronunciata da Benedetto XVI al Convegno di Verona nel definire la "fede amica della ragione".
Ciascuno di noi oggi può trovare come i santi che invochiamo il suo ritratto nelle otto beatitudini che Matteo ci propone e consegna.
Le beatitudini non sono solo «benedizioni» e nemmeno delle «esortazioni». Sono invece affermazioni di una realtà che già esiste, ma che ha bisogno di una parola che la riveli. Attraverso le beatitudini Gesù manifesta in che senso il Regno di Dio, da lui annunciato come fattosi vicino, è presente.
Dio si mette dalla parte dei "non pieni di sé", di coloro che non hanno appoggi sociali. Con chi innanzitutto si "congratula" Gesù? Non solo con quelli che sono in condizioni disagevoli, ma con coloro che sono impegnati a costruire rapporti autentici con Dio e con il prossimo.
Si congratula con i poveri in spirito: è la prima categoria che le riassume tutte. Sono i non-pieni-di-sé, coloro che rifiutano atteggiamenti di autosufficienza e che quindi accolgono la proposta di farsi poveri per condividere con i poveri. In questo sono come Gesù (cfr. 2 Cor 8,9). Sono perciò afflitti (soffrono perché vittime o spettatori di ingiustizie e peccato), miti (non violenti) affamati e assetati di giustizia (cercano con impegno la volontà di Dio nelle relazioni quotidiane), misericordiosi (sanno perdonare e aiutano i bisognosi), puri di cuore (vivono in trasparenza senza ipocrisia), pacificatori (lavorano per la concordia e fanno gesti di riconciliazione), perseguitati (sanno accogliere patimenti a causa del loro impegno nel compiere la volontà di Dio).
Le beatitudini così diventano una proclamazione della salvezza che Dio sta attuando nella missione del Cristo.
Le Beatitudini, pur rendendoci felici (e l'assemblea festosa dei nostri fratelli che glorificano Dio ce lo ricorda), devono anche inquietarci con questo interrogativo presente in una nota preghiera di Raul Follerau, l'apostolo dei lebbrosi:

Se Cristo domani, busserà alla vostra porta, lo riconoscerete?
Sarà come una volta, un uomo povero,
certamente un uomo solo.
Sarà forse un profugo,
uno dei milioni dei profughi con il passaporto dell'ONU.
Uno di coloro che nessuno vuole e che vagano,
vagano in questo deserto che è diventato il mondo.


Raul Follerau con la sua battaglia da apostolo dei lebbrosi ha saputo incontrare Cristo ed è beato tra i santi che oggi festeggiamo; la sua domanda: "Se Cristo domani?", passa a noi.

Commento di don Giuseppe Masiero
tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Anno C
Ave, Roma 2009