Omelia (17-08-2003) |
padre Paul Devreux |
Gv 6, 51-58 Ormai questa è la tersa domenica che il Vangelo ci parla del pane vivo, disceso dal Cielo. Nella prima domenica si è detto che il pane è tutto ciò che nutre la mia vita, cose e persone. Se lo vedo come dono di Dio, vivo più tranquillo, perché anche se qualche dono o persona viene meno, il donatore rimane fedele alla mia vita e può sempre farmi nuovi doni che ridiano senso alla mia vita. Domenica scora si è detto anche che Gesù è il pane, la nuova manna, perché viene a rivelarci il volto di Dio Padre, e la prospettiva della vita eterna. Oggi Gesù c'invita esplicitamente a nutrirci di lui, per avere in noi la vita. Potrei reagire dicendo: "Non sono mica morto!". Certo, ma penso che Gesù intenda vita come vita eterna, che comincia quando comincio ad essere capace di amare, di scegliere di fare qualche cosa per gli altri. Questo posso farlo solo se prima mi lascio amare da lui; nutrire da lui. Per arrivare a questo devo prima prendere coscienza che c'è chi ha amato me, dandomi tutto se stesso. Può aiutarmi a vederlo il contemplare la croce, e anche il fare memoria di tutte le persone che mi hanno amato e aiutato; strumenti dell'amore di Dio per me. Gesù eucaristia mi ha nutrito tutti i giorni della mia vita tramite tante situazioni e persone, che sono il suo corpo e il suo sangue. Scoprirlo mi apre alla gratitudine e al desiderio di ricambiare decidendo di amare. Dico decidendo perché amare non è un sentimento, è una scelta intelligente. Nutrirmi del pane di vita e arrivare alla libertà di poter anche io nutrire gli altri. Questo è comunione con Dio e vita eterna. |