Omelia (17-08-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
Vivere Gesù: meraviglioso vivere Il discorso sul "Io sono il pane della vita", è il grande discorso di Dio agli uomini, ossia il discorso dell'amore che si offre come modo di vivere e nello stesso tempo non solo come modello, ma come un vivere insieme: la nostra povertà spirituale, incapace di fare un passo verso il cielo, diventa con Gesù, capacità di arrivare alle soglie della santità. Del resto è sempre la storia dell'amore vero anche tra di noi, che ci interroghiamo con sincerità sul cosa veglia dire "ti voglio tanto bene che darei la mia vita per te" oppure: "sei davvero tanta parte o forse la sola parte che conta in me, che senza di te mi sentirei così debole da non essere capace di costruire anche solo progetti di serenità, di voglia di donare, traguardi di felicità vera. Volersi veramente bene è come scrivere la propria storia a due mani, non sapendo distinguere la propria calligrafia da quella dell'altro: o meglio si possono distinguere i caratteri della grafia, perché nessuno perde la sua identità, ma poi il contenuto sembra lo stesso anche se scritto con due mani. Due mani che, se l'amore è vero, come dovrebbe essere quello che Dio ha per noi e sentiamo in noi come un raggio di quello divino, non può che costruire una felicità senza fine. Solo sentimenti superficiali sono di durata breve: hanno momenti magari di grande passionalità, ma si spengono presto, come se amare avesse la forma di un fuoco di artificio. Ha faticato e fatica molto Gesù a fare capire quanto ci ami e quanto voglia condividere con noi la fatica della santità. Se uno davvero entra nella visione dell'amore di Dio, che si fa pane della vita, capirebbe il discorso della Eucarestia. "Come il Padre – continua a sottolineare Cristo, come a voler incidere a caratteri indelebili le sue parole in noi – che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno" (Gv. 6,51-58). Ho avuto la grazia di stare accanto ad un vero innamorato della Eucarestia, uno che aveva provato un tempo lungo della sua vita come se Dio non ci fosse: Padre Clemente Rebora, il grande poeta cattolico del 900. Era stata brillante la sua vita come docente, come scrittore. Poteva essere un uomo di successo. Gli mancava la fede. Nel momento in cui lo raggiunge l'amore di Gesù, fa un taglio netto con il suo passato illustre, e rinasce ad una vita nuova con la conversione. Abbracciò la vita consacrata presso i Padri Rosminiani. Era la mia guida spirituale quando ero giovanissimo. Gli feci compagnia nelle vacanze alla Sacra di S. Michele nel torinese. Quando iniziava la vacanza, umilmente chiedeva al superiore che gli fosse data la piccola cella che era accanto alla Cappella. Non solo ma, obbediente fino all'ultimo, chiedeva gli fosse permesso di posizionare il letto in modo che fosse rivolto verso la parete della Cappella "Così diceva, di notte riposo vicino a Gesù che è a pochi centimetri da me, diviso solo da una parete". Tabernacolo da una parte e cuscino dall'altra, per lui erano un "riposare insieme". Impossibile alla penna descrivere "come" celebrava la S. Messa: si aveva l'impressione che non appartenesse più a questa terra, ma già fosse in cielo. Lo accompagnavo nelle brevi passeggiate. Io parlavo, parlavo, parlavo. Non ho mai capito se ascoltasse me o fosse in dialogo con Dio. E se per avventura incontravamo una chiesetta sulla strada, chiedeva di entrare e subito si precipitava fino all'altare, raggiungendo a volte il tabernacolo che abbracciava con passione, come avrebbe fatto con l'amico del cuore, e che amico! E come del resto faceva poi con noi. Avessimo tutti un briciolo di quella passione eucaristica, credo che capiremmo cosa voglia dire: "Io sono il pane della vita..Chi mangia Me vivrà per me..Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui". E tutti i santi. hanno ed avevano lo stesso "meraviglioso vivere" con Gesù. "Vivere con Gesù, scriveva fr. René Voillaume, e per lui, deve diventare per te una vita a due così concreta e reale nella fede, quanto la vita che conduci in mezzo agli uomini. Eppure questa vita con Gesù è diversa da quella con gli uomini, si svolge infatti, nella oscurità e l'austerità della fede. Devi esercitarti a pensare, vivere e agire tenendo conto di questa realtà. Gesù è resuscitato nella pienezza della vita, della gioia e puoi subito avere dei rapporti profondi e costanti con Lui. Gesù ti conosce in ogni momento della tua vita interiore e ti vuole con Lui. Gesù è sempre in ascolto e sente le tue parole quando gli parli. Ti è presente in varie maniere che devi conoscere bene. Tramite i sacramenti, specialmente l'Eucarestia e la penitenza, puoi entrare in contatto con l'umanità di Gesù e ricevervi una influenza divina che guarisca il male che è nella tua anima e nel tuo corpo e che accresca in te la vita divina. Gesù ha un progetto preciso per te e aspetta che tu lo realizzi con i tuoi sforzi conformando la tua volontà con la sua. In ogni minuto dipende solo da te che si stabilisca una collaborazione con Gesù per una azione invisibile ma reale sugli uomini. L'incontro con Gesù alla morte è una eventualità sicura e vicina: devi pensarci, desiderarla, rallegrartene in anticipo e prepararti con il distacco a questo passaggio doloroso. La visione di Dio, l'eterna gioia di essere con Gesù e di agire con lui sul mondo, e nel cuore degli uomini, senza altro limite nel tempo e nello spazio che quello della sua volontà: ecco il fine della tua vita, ecco ciò che avverrà molto presto e che deve essere da ora il motivo della tua gioia, della tua forza di animo e della tua speranza (R.V., regola dei piccoli fratelli di Gesù). Tutti noi, spero, abbiamo sperimentato la bellezza indefinibile ed incommensurabile, quando una persona esterna il suo amore dicendoti: "Ti voglio bene". In quel momento si comprende anche se in piccola misura cosa sia il paradiso e nello stesso tempo quale sia il vero "perché" Dio ci ha creato. Dovremmo tutti toccare il cielo con le dita, nel sentire Gesù, Figlio di Dio, che ci grida: "Ti voglio bene..al punto da essere con te sempre, vita della tua vita". E troppe volte non è così. Ancora una volta ci troviamo aggregati ai Giudei che si misero a discutere sul "come è mai possibile diventare nostro cibo e bevanda". Perché mai torno a dire, ci sembra di toccare i confini della felicità al solo sentire una persona sincera che ti dice di cuore "ti voglio tanto bene che non solo sei la mia vita, ma darei la mia vita per te" e non entriamo nel cielo quando è Dio che ci dice "ti voglio tanto bene?" Proviamo a farci prendere il cuore, come era per don Rebora, dalla fede, e chiederemo anche noi di riposare "testa a testa" con Gesù. La vita sarebbe gioia e speranza..anche se è piena di spine, necessarie per amare ed essere amati. |