Omelia (14-06-2009)
Wilma Chasseur
Frammento d'infinito

Abbiamo visto che essere Trinità è essere fuori di sé. Se Dio fosse solo uno e non trino (come vorrebbero i musulmani e le religioni stramonoteiste), sarebbe una monade solitaria: nessun Figlio e tantomeno lo Spirito Santo che procede dall'amore reciproco dei Due. Ma Dio è trino, oltre che uno: Il Padre è essere sussistente, il Figlio è sapienza sussistente e lo Spirito è amore sussistente, ma non tiene nulla per sé e mette tutto in comune. "Tutto ciò che il Padre possiede è mio" e tutto ciò che il Figlio possiede è nostro (ci ha appena dato il Suo Spirito, come abbiamo visto a Pentecoste).
Il Padre è tutto fuori di sé e tutto sbilanciato sul Figlio e il Figlio è talmente fuori di sé da essere addirittura in un pezzo di pane (come vediamo nella festa di oggi). L'infinito si fa frammento, il tutto si fa particella per potersi donare a noi. Dio sconcertante: la potenza si fa debolezza, il Creatore si fa creatura e quella creatura unica al mondo, cioè l'Uomo-Dio, si fa pane. Più scendere di così, più annientarsi di così, non si può! Quella pienezza e sovrabbondanza di vita, dalla quale ogni vita, compresa la nostra- procede, si fa morte, si fa uomo mortale, per eliminare ogni distanza invalicabile tra Lui e noi. E non solo ogni distanza, ma per eliminare la stessa morte e distruggere ogni dissomiglianza (il peccato) che ci rende incapaci di riceverlo: da deformi ci rende deiformi. "Essendo eterno ed incorruttibile tu rendi incorruttibili quelli che mangiano Te, e li porti all'eternità con la smisurata efficacia che ti è naturale" (Filocalia)
E san Leone Magno: "La partecipazione all'Eucaristia, tende a farci diventare ciò che mangiamo".
Quando andiamo alla Comunione tendendo la mano per ricevere il Signore della vita, siamo come dei mendicanti che tendono la mano per chiedere la carità del Pane di vita eterna, siamo il povero che tutto riceve, anzi riceve il Tutto: una potente scarica ad alta tensione, un fuoco ardente e incendiante. Eppure non bruciamo e non sentiamo la scossa! Non è normale non sentire che il fuoco brucia e che la corrente dà la scossa. Siamo troppo protetti dall'irruzione di Dio. C'è troppo isolante in noi, cioè troppa indifferenza, troppo poca consapevolezza di chi stiamo per ricevere, troppe sterpaglie e rovi (gli affanni e affari del mondo e le preoccupazioni della vita) che ci impediscono di essere raggiunti da quella forza ad altissima tensione che ci attraversa. Il Cristo si riversa in noi come una forza e un liquore inebriante che dovrebbe trasformaci totalmente e noi non ce ne accorgiamo neanche: rimaniamo tali e quali con le nostre tristezze e pesantezze invece di fare l'esperienza dell'ebbrezza dello Spirito. Dobbiamo chiedere la grazia di ridiventare normali: di sentire il fuoco bruciare e la scossa scuotere!
Nella Consacrazione il sacerdote consacra tante piccole ostie assieme a quella grande, fatte di pane azzimo, cioè non fermentato perché senza lievito. Le piccole ostie siamo noi e dobbiamo diventare pani azzimi, cioè senza lievito di malizia, di vanagloria e di tutto quello che fermenta e quindi fa gonfiare il nostro io che accaparra tutto e ci impedisce di essere attenti al Tu che riceviamo. E ci impedisce di sentire la scossa.
Il culto eucaristico poi non si esaurisce nella Comunione, ma c'è anche l'adorazione a Gesù presente nel Tabernacolo. Ultimamente questo aspetto è stato un po' dimenticato, o perlomeno sottaciuto e va rivalutato, come ha fatto il Papa con l'ultima enciclica sull'Eucaristia.
E' infatti un bellissimo gesto quello di andare a salutare Gesù presente nel tabernacolo, ogni volta che passiamo davanti ad una chiesa o fare l'adorazione ogni volta che ne abbiamo l'opportunità. E' come esporsi ai raggi potentissimi del nostro Sole divino. Nella Comunione e nella S. Messa, siamo noi i mendicanti della Parola e del Pane, ma nel Tabernacolo il mendicante è Gesù che ci dice: c'è qualcuno che si ricorda che Io sono qui veramente presente e in attesa che qualcuno bussi alla mia porticina per riversare su di lui un oceano di luce e di amore? E dopo saremo anche noi come piccoli Soli, come dice Dionigi l'Areopagita, che prima si sono riempiti di splendore irradiato e poi lo trasmettono agli altri.