Omelia (05-07-2009) |
Wilma Chasseur |
Nessun profeta in Patria I Vangeli che abbiamo via via meditato, ci mostravano un Gesù capace di scuotere la gente, di far presa sugli animi: attorno a Lui la gente si accalcava, ci stava volentieri, e "non solo i ragazzini che non avevano nient'altro da fare" ( Mons. Sigalini), ma anche gli adulti: cinquemila uomini, ci dice il miracolo della moltiplicazione dei pani, una folla impressionante per quell' epoca. Era dunque un trascinatore, stava spopolando paesi e città per raccogliere le folle al suo seguito, contrariamente ai dottori della legge, farisei e compagnia bella che, come dice Mons. Sigalini, con la loro attesa di un Messia che non arrivava mai, la loro monotona fedeltà a una legge fatta di 613 precetti, la ripetitività di formule e di divieti, non riuscivano certo ad entusiasmare le folle e a farle accorrere! Con Gesù, tutto è nuovo: non formule, ma storia viva; non precetti in abbondanza, ma guarigioni e miracoli in abbondanza; non fedeltà a una legge a scapito dell'uomo, ma salvezza dell'uomo anche a scapito della legge: quante volte ha infranto il riposo sabbatico per guarire e salvare chi era perduto! Ma ecco che dopo tutto questo successo, Gesù torna a Nazareth, nella sua patria. E che succede? I suoi concittadini lo vedono tornare, vanno ad ascoltarlo alla sinagoga, il primo sabato, quando Egli và a dare il suo insegnamento e si scandalizzano addirittura di Lui. Ma cosa sta dicendo costui, il figlio del carpentiere, il figlio di Maria: La madre non è forse quella che vediamo andare al mercato, ad attingere acqua, ad impastare il pane come ogni buona massaia? E la famiglia non è forse quella che vediamo in sinagoga (oggi diremmo in chiesa) tutti i sabati? Questo giovane partito dal paese qualche anno addietro, anche se altrove aveva fatto miracoli e trascinato le folle, ai nazareni non importava: loro sapevano tutto e di più su di Lui. Non era possibile che Dio si manifestasse in un personaggio così poco appariscente, senza titoli né niente che potesse accreditarlo presso i notabili del paese. Dio non si manifesta certo in questa quotidianità e ferialità e per di più in una banale cittadina qualunque. Da Nazareth cosa può mai venire di grande? E Gesù cosa provò davanti a questo mormorio fatto di incredulità e addirittura di diffidenza? Provò tanta tristezza: l'incomprensione totale dei suoi non gli permise di operare alcun miracolo e lasciò la sua patria con tanta amarezza e delusione nel cuore. Questa loro incapacità di cogliere il mistero della sua persona e di vedere spiragli d'infinito in questa crosta quotidiana, deve avergli trafitto il cuore quanto una spada. Quindi, da una parte non riconosciuto dai suoi, e, dall'altra rifiutato dai dottori della legge, perché attentava al loro prestigio. Altri tempi, stessa storia! Nessun profeta in patria. Quei tempi erano dunque come questi. Ingabbiamo il divino; deve per forza rientrare nei nostri schemi, se no, in una realtà diversa, gli neghiamo la residenza! Molto spesso abbiamo occhi per non vedere e orecchi per non sentire. Chiediamo al Signore la grazia di saper scorgere i segni della sua presenza nel prossimo più prossimo: magari Egli ci fa incontrare persone che potrebbero aiutarci nella via del bene, ma noi non le consideriamo neanche, per timore che attentino al nostro prestigio e ci spiazzino dal nostro posto. Il vecchio catechismo definiva come peccato contro lo Spirito Santo il voluto mancato riconoscimento della grazia altrui. Se sapremo godere del bene altrui, ne faremo di più anche noi e saremo particolarmente cari al Signore! |