Omelia (26-07-2009)
Wilma Chasseur
Il pane di vita

L'oggetto dei testi di questa domenica è il pane, l'alimento per eccellenza. Nutrimento indispensabile per la vita del corpo, ma altrettanto indispensabile per quella dell'anima. "Chi mangia di questo pane vivrà in eterno". (Giov. 6, 51)
Nella prima lettura vediamo un non meglio precisato "individuo che offrì primizie all'uomo di Dio". Sappiamo solo che veniva da Baal- Salisa, e offrì venti pani d'orzo e farro al profeta Eliseo che li moltiplicò e, dopo che tutti si furono sfamati, ne avanzarono ancora.
Il Vangelo ci presenta la scena della moltiplicazione dei pani e lo sfondo su cui si svolge, è il mare di Galilea o Lago di Tiberiade.
Quello è proprio il Lago di Gesù, rimasto più di 2000 anni dopo tale e quale. Se esigenze di difesa e di custodia indussero i cristiani a trasformare i luoghi sacri della Palestina, costruendovi sopra e mutandone l'aspetto naturale di modo che oggi non si possono più ammirare com'erano ai tempi di Gesù, sullo splendido lago di Tiberiade, nessuno ha potuto apportare cambiamenti di sorta. E' sempre il lago di Gesù. Chi vi è stato dice che lo si vede oggi come Egli lo vide, si possono toccarne le acque come Egli le toccò, lo si può attraversare come Egli lo attraversò e camminare sulle sue sponde come Egli vi camminò. Le acque sono sempre quelle, e forse conservano nelle loro profondità, l'eco delle parole di Gesù che chiamò i primi discepoli, che moltiplicò i pani, che operò la pesca miracolosa, che camminò sulle acque e quanti altri avvenimenti ebbero come scenario le acque e le rive di quel lago!.
"In quel tempo, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e una grande folla lo seguiva vedendo i segni che faceva sugli infermi". La gente dunque, saputo che era là, arrivò in massa a cercarlo. Tutto un popolo, cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini,-che portavano il peso e la fatica del vivere quotidiano. Venivano a Lui con i loro cuori feriti, le loro angosce, i loro malati, sicuri che questo Maestro tutto speciale, li avrebbe sollevati dai loro pesi: non aveva forse detto: "Venite a me voi che siete affaticati e oppressi?" Erano certi che li avrebbe guariti dalle loro infermità, quante volte l'aveva fatto! e avrebbe persino risuscitato i loro morti; era già accaduto più di una volta!
Gesù vide tutta quella sofferenza che ognuno portava in fondo al cuore ed ebbe compassione di loro. E guarì i loro malati e, per loro, moltiplicò i pani e i pesci. Per loro! Per se stesso non l'aveva fatto, quando dopo i 40 giorni di digiuno al deserto, aveva avuto fame e il tentatore approfittando di quella esigenza, più che legittima, di avere un po' di pane per sfamarsi, gli si era avvicinato dicendogli subdolamente: "Dì che queste pietre diventino pani". Ma Egli rispose:"Vattene via da me! Non di solo pane vive l'uomo". Ma ora a questi uomini affamati che ha davanti, non dice, non di solo pane vive l'uomo, ma moltiplica per loro pani e pesci in abbondanza.
Per gli altri lo fa', ma per se stesso non ha mai fatto nessun miracolo. Non si è mai sottratto alla dura fatica, quando avrebbe anche potuto evitarla. Non è sceso dalla Croce, quando avrebbe potuto farlo. Non ha mai usato la sua onnipotenza per sé, ma per quelli che accorrevano a Lui sfiniti, malati, oppressi da spiriti immondi, sì l'ha fatto! Ha moltiplicato i pani e i pesci; li ha liberati dalle loro croci: quella della paralisi e della cecità, della lebbra e della sordità, fino a farli uscire dai loro sepolcri, dopo che erano già morti.
Mistero insondabile di questo infinito amore che non rivendica nulla per sé; non esercita la sua onnipotenza per sé ma solo a beneficio degli altri. E non lo fa in modo magico, ma chiede l'apporto
di quel poco che l'uomo può dare: cinque pani e due pesci.