Omelia (28-09-2003) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Uniti nella diversità Quando ogni Domenica noi si recita il Credo durante la funzione religiosa, si afferma essere la Chiesa "Cattolica"; e nel pronunciare questo termine spontaneamente siamo portati ad identificarci in una determinata Confessione religiosa differente da quelle protestanti o non cristiane, tuttavia forse poche volte ci si sofferma sul significato etimologico di questa parola. "Cattolica" vuol dire "Universale". Con questo termine cioè si professa la fede in una Chiesa aperta a tutti i popoli e a tutte le dimensioni sociali ed etniche, che raccoglie in sé tutti gli uomini in tutto il globo, a prescindere dalle loro provenienze e culture. Ma "Cattolica" vuol dire anche una Chiesa che in sé stessa pur essendo una comprende moltissime realtà: all'interno della comunità ecclesiale infatti lo Spirito Santo suscita una molteplicità di carismi e di ministeri differenti, cosicché vi sono associazioni o gruppi dall'impronta missionaria e altri dalle fattezze contemplative, realtà di associazioni carismatiche e movimenti laicali di evangelizzazione, come anche è realtà di fatto che ciascuno all'interno della Chiesa, perché battezzato, partecipa dell'unica missione del Cristo: a seconda del nostro stato vocazionale (coniugi, religiosi, sacerdoti, lavoratori) e delle proprie attitudini e inclinazioni, ciascuno apporta il proprio contributo alla vita della comunità. Non deve stupire quindi il fatto che fra di noi esistano individui e realtà differenti e non deve questo costituire motivo di divisioni e di discriminazioni, o, peggio ancora occasioni di prevaricazione gli uni sugli altri: ciascun carisma è un dono dello Spirito Santo e per questo va riconosciuto come tale e valorizzato da tutti; che vi sia questa diversità deve incuterci il senso della "complementarietà" e non della reciproca esclusione. E' una realtà di fatto che molti movimenti ecclesiali vengano visti con sospetto e siano oggetto di pregiudizi da parte di tutti gli altri, il che capita non di rado ai movimenti di recente fondazione, specialmente quelli carismatici... Che possano esservi devianze o eccessi che invitino alla prudenza, ciò non vuol dire che codesti movimenti o associazioni –quando si dispongano a vivere l'ortodossia e la sana dottrina- siano esclusi dalla Chiesa o che si debba nutrire dei pregiudizi nei loro confronti. Una volta che, consigliata dallo Spirito Santo, la comunità ecclesiale ne approva l'esistenza e ne esercita il controllo, essi costituiscono, anche se in maniera peculiare e differente un dono di Dio per la comune edificazione. Certo, ciò che si tende ad evitare è il fatto che un movimento o gruppo o altra realtà nel sorgere non sia fine a se stessa: la si invita a vivere la causa del Regno in sintonia con tutta la Chiesa, poiché se così non dovesse avvenire si precipiterebbe nell'errore di realizzare un "feudo" chiuso avente il suo fulcro in se stesso ed escludente qualunque altra realtà ecclesiale. In altre parole una Setta o una "religione nella religione". Assai più grave è il caso in cui il leader di un determinato gruppo eserciti un'influenza troppo condizionante presso i suoi membri: in questi casi ci si illude di seguire Cristo, ma in realtà si ha come obiettivo il solo leader (capogruppo) o il movimento in sé medesimo. E' l'esperienza di tanti gruppi e associazioni che i parroci sono costretti a dimettere o a non accogliere nelle loro chiese (ne ho fatto l'esperienza) essendo essi orientati a "gestire" la verità a seconda delle loro subdole convinzioni. In questi casi infatti si presume sempre di poter essere gli unici depositari della verità, di poter "imprigionare" lo Spirito Santo e gestirlo secondo parametri in realtà convenzionali e a volte di poter essere gli unici ad apportare la salvezza, in altre parole dei "superapostoli." Che la Chiesa sia cattolica e universale vuol dire invece che tutti quanti siamo "ricercatori" della verità e soggetti ad essa e che chiunque, non importa a quale realtà o gruppo o carisma appartenga, ha nella Chiesa un ruolo partecipa della missione di Cristo e da Questi viene accolto secondo il monito di cui al vangelo di oggi: "Non glielo impedite..." Cioè: non ponetegli alcun freno nella missione che gli spetta con tutti i diritti essendo anch'egli credente in Cristo e operante legittimo della comunità ecclesiale. Purché ovviamente non pretenda di avere il monopolio della verità medesima; e tuttavia dimostriamo di averlo noi stessi tale monopolio allorquando lo escludiamo con pregiudizi e illazioni. Non dimentichiamo che il Concilio Vaticano II ci ha invitati ha scoprire elementi di verità perfino presso le Chiese che non si trovano in piena comunione con noi... Ma adesso veniamo a noi. Cioè: domandiamoci che cosa la liturgia odierna riferisca espressamente a tutti noi, anzi per meglio dire a ME. Essa ci invita innanzitutto a non volerci sentire superiori agli altri nell'esercitare un ufficio o un ministero, specialmente se inerente la catechesi e l'evangelizzazione e a non voler sempre prevaricare sugli altri nell'esercizio di una determinata funzione parrocchiale e/o ecclesiale, quasi che quella sia solo monopolio di alcuni ed escludente tutti gli altri. Sempre nell'ambito dell'attività parrocchiale e della missione per esteso, è cosa assurda che ci si ostini ad invidiare i ruoli e le posizioni degli altri, quando piuttosto ci si dovrebbe entusiasmare del ruolo che sul momento si occupa, il quale magari si rivela essere il più confacente alle tue possibilità, dandoti maggiore possibilità di recare frutto; così come è assurdo quando in un determinato lavoro pastorale o in una comunità si tenda ad invidiarci e criticarci gli uni e gli altri a motivo delle nostre differenze, sfoderando ciascuno il proprio falso orgoglio e la propria caparbietà a discapito dell'intero corpo comunitario... Se vi è la diversità fra persone ed istituzioni, è evidente che un motivo ci deve essere, ed è quello della complementarietà e dell'unione... Diversamente si ha la pretesa di monopolizzare ed "imprigionare" lo Spirito. LA PAROLA SI FA' VITA -Spunti per la riflessione- --Domandiamoci: Come vivo la mia appartenenza alla Chiesa? --Come vorrei che fosse la mia comunità parrocchiale? Discutiamone! --Che cosa posso fare oltre a quello che di fatto faccio per essere partecipe alle attività della mia parrocchia? --Sono soddisfatto del ruolo ecclesiale che attualmente ricopro o nutro invidia per quello degli altri? --Riesco a risolvere gli immancabili problemi e le difficoltà del mio operato parrocchiale attraverso il dialogo e il rispetto? |