Omelia (13-09-2010)
Monaci Benedettini Silvestrini
Comanda con una parola

Nel vangelo odierno riascoltiamo le parole del centurione rivolte a Gesù e che noi ripetiamo, con piccole varianti, immediatamente prima di accedere alla Santa Eucaristia: «Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito». È una bella espressione di fede e di umiltà. Ci sorprende particolarmente perché viene da un pagano e da un uomo posto in autorità nell'ambito militare, una categoria che è più abituata a comandare che a compiere atti di sottomissione. Egli riconosce la potenza e la dignità del Cristo per cui non osa andare da Lui ed è convinto che non occorra che si scomodi a raggiungere la sua casa. Gesù con la forza della sua parola può guarire anche a distanza. Altra sorpresa deriva dal fatto che l'umile implorazione del centurione non riguarda la guarigione di un suo familiare, ma di un suo servo, che egli aveva molto caro. Quel militare pagano merita non solo la guarigione dell'infermo, ma anche un bell'elogio da parte del Signore: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». Possiamo trarre da questo episodio salutari ed utilissimi insegnamenti: l'umiltà è il presupposto indispensabile della preghiera, ma questa deve essere sopportata dalla fede intensa. Quando rivolgiamo a Dio la nostra preghiera per gli altri esprimiamo concretamente il nostro amore verso il prossimo e, lo sappiamo, l'amore apre il cuore di Dio alle grazie che imploriamo.