Omelia (26-10-2003)
padre Gian Franco Scarpitta
La torcia elettrica e il contatore

Chissà quante volte nelle nostre case ci si è trovati al buio per un'improvvisa mancanza della corrente elettrica.
Come si reagisce in casi come questi, nei quali molte volte si viene colti alla sprovvista? Chi non dispone di una torcia elettrica procede a tentoni fra i mobili che arredano l'appartamento e che in quel momento sfuggono alla vista, cercando di evitare gli stipiti e i corpi contundenti che si trovano nelle stanze, nel tentativo di individuare l'origine del guasto o dell'inconveniente che ha provocato il momentaneo black out. Chi invece sa di disporre di una torcia elettrica, si premura di procurarsela, cercandola negli stipi o nei ripiani della casa; la mette poi in funzione, si fa strada aiutato dal fascio luminoso sprigionato da essa, raggiunge il luogo in cui è riposto il contatore rivolgendo verso di esso il medesimo fascio di luce e... si accorge che causa della momentanea interruzione era il fatto che il contatore era saltato.
In questi casi di improvvisa oscurità è pertanto la torcia elettrica quella che risulta essere indispensabile. Chi sa di non possederla, sia pure per un breve istante, si pente di non essersela procurata; chi invece è sicuro di averla in casa, provvede a mettervi mano immediatamente cercando il ripiano o la mensola sulla quale era stata riposta.

Tutto questo potrebbe sembrare apparentemente estraneo alla tematica della liturgia di oggi, ma se consideriamo attentamente il brano del Vangelo odierno, si comprenderà come la metafora riesca a condurci nella comprensione di esso: un cieco si avvicina a Gesù chiamandolo "Gesù, Figlio di Davide"; il Maestro gli si avvicina e, molto disponibile, gli domanda che cosa egli desideri, al che lui ribatte: "Che io riabbia la vista".
Ebbene, questo povero non vedente manifesta di nutrire molta fede in Gesù Cristo riconoscendolo come il Messia della stirpe del re Davide tanto atteso dalle genti, e nel chiamarlo al contempo Gesù -che significa "Salvatore"- lo riconosce quale apportatore della salvezza.
Questo gli merita anzitutto le attenzioni da parte del Signore e di conseguenza la soddisfazione della sua richiesta riottenendo immediatamente la vista.
La guarigione non interessa soltanto Baritimeo, e anzi il miracolo non vuole limitarsi ad un solo provvedimento di carattere fisico. Da sempre l'uomo ha cercato motivazioni solide per il proprio vivere, si è posto interrogativi sulla ricerca della verità e soprattutto ha sempre ansimato sulla via definitiva per la soluzione ai propri problemi siano essi esistenziali siano di ordine pratico. L'umanità avverte il bisogno di un punto di riferimento e di un orientamento comportamentale: in altre parole la domanda fondamentale che ci si pone è questa: "Come vedere il senso delle cose?" E di conseguenza: "Quale atteggiamento assumere di fronte alle situazioni e alle difficoltà?" "Come individuare la soluzione reale ai nostri problemi per poterla adottare?"
Abbiamo detto più volte che la risposta a tutti questi interrogativi risiede in una persona: Gesù Cristo; tuttavia abbiamo aggiunto altrettante volte che Questi non lo si può comprendere in pienezza attraverso approdi dell'umano o mediante categorie del tutto razionalistiche o scientifiche: per comprendere Gesù quale Egli veramente è, cioè il Figlio di Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza, occorre procedere attraverso uno speciale orientamento di apertura del cuore e di abbandono fiducioso in Lui che consiste nella FEDE. E' infatti questo elemento che merita a Baritimeo la guarigione dalla sua infermità: "La tua fede ti ha salvato", poiché attraverso di essa egli ha compreso in Gesù il Messia della stirpe di Davide e sempre il dono della fede è garanzia che noi comprendiamo realmente Cristo per disporci alla sua sequela trovando di volta in volta soddisfazioni alle nostre connaturali richieste.
Insomma la fede è come la "torcia elettrica" che garantisce (nelle nostre tenebre) la "luce di Cristo". E' attraverso di essa che noi potremo comprendere e interpretare la realtà sotto l'ottica della volontà di Dio sia quando essa ci si presenti sotto vicende di prosperità e di benessere, sia quando ci riservi occasioni di prova nelle difficoltà e nei tormenti della vita. La fede è aiuto a capire tutto secondo la volontà del Signore e ad interpretare questa volontà come finalizzata sempre alla nostra salvezza e al nostro benessere spirituale.
Sempre la fede aiuta molte volte a riscoprire anche che... il "contatore" era saltato, vale a dire che molte volte lo smarrimento e il "buio" della nostra realtà esistenziale dipendeva dalla nostra negligenza, freddezza e lontananza da Dio; e per ciò stesso anche dalla nostra stessa caparbietà e arroganza. Come quando si attribuisce a Dio la colpa di un incidente stradale avvenuto perché si viaggiava in motorino passando col rosso noncuranti di non aver indossato il casco, colte volte infatti si è soliti attribuire agli altri o alle situazioni che ci circondano determinati malesseri che in realtà dipendevano esclusivamente da noi, cercando invano altrove delle soluzioni che non si troveranno mai appunto perché procacciate in luoghi sbagliati.
Ciò succede specialmente quando ci si trovi a vivere situazioni di conflitto interiore, malesseri spirituali che conducono alla disperazione e all'abbandono, determinati da situazioni difficili del momento: in circostanze simili molto spesso si trovano persone lontane dai sacramenti, dalla preghiera e dalla dimensione di familiarità con Dio... E non è forse questa la causa di tutti i malesseri?
La fede aiuta a trovare in Gesù la luce che ci illumina nei vari cammini.
E quello della fede è un dono grandioso che Dio vuol dispensare a tutti a piene mani. Dipende da noi volerlo accogliere o meno secondo la disponibilità dell'apertura del cuore.


LA PAROLA SI FA' VITA
Spunti per la riflessione

--Mi sforzo di interrogarmi su quale sia la volontà di Dio in ogni avvenimento della mia vita?

--Faccio riferimento a Gesù nelle circostanze tristi della vita?

--In che misura mi ricordo di Lui nei momenti di prosperità?

--Come la dimensione quotidiana della preghiera?