Omelia (02-11-2003) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Con i morti, come i bambini In alcune parti della Sicilia si tramanda un'usanza tradizionale simile a quella di Babbo Natale o della Befana, tuttavia molto più significativa e in un certo qual modo più raccomandabile di queste. I bambini intorno ai cinque anni o qualcosa in più compongono una letterina indirizzata ai morti, cioè a parenti della famiglia o ad altri conoscenti precedentemente deceduti, facendo loro richiesta di giocattoli, dolci, o altri regali da loro preferiti. La sera del 1 Novembre, prima di addormentarsi, collocano lo scritto bene in vista ai piedi del loro lettino, affinché durante la notte i morti (che arrivano sempre in silenzio mentre essi dormono) possano notarlo e leggerlo. Se nei giorni precedenti si erano comportati bene facendo i bravi e obbedendo a mamma e papà, la mattina seguente i morti faranno loro trovare ogni cosa richiesta ai piedi del letto o sul tavolo della cucina. Se invece avevano fatto i cattivi... Ovviamente, coloro che fanno o (negano) siffatti regali ai bambini sono i viventi, ossia i genitori o i nonni, ma la valenza pedagogica di questa tradizione consiste nell'inculcare nei più piccoli almeno l'idea che i nostri cari defunti non ci hanno abbandonati, anzi vegliano continuamente su di noi e possono esaudire i nostri desideri. Si dovrebbe tornare noi tutti bambini per avere anche noi la necessaria semplicità del credere e poter essere certi che davvero i nostri defunti non sono affatto scomparsi! Nelle tristi occasioni di lutto quali la scomparsa di un nostro caro parente o di un amico, molte volte si è soliti abbandonarci al dolore e cercare solo per via razionale la risposta ad immancabili interrogativi quali: "E' vero che morti sono in Paradiso?"; "Esiste un'altra vita?" Ma la ragione o le elucubrazioni scientifiche e filosofiche non potranno mai risolvere quesiti come questi, e fin quando ci si ostinerà nell'esasperato raziocinio nel tentativo di trovarvi adeguate risposte, si otterrà come unico risultato quello dell'ulteriore abbattimento e dello sconforto, e in molti casi il dolore si trasforma in disperazione.... E' invece la fede che potrà darci, essa sola, la certezza della vita eterna e incutere in noi il senso di consolazione e rilassamento nella consapevolezza che i nostri morti vivono con Cristo; che "le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà"(Sap 3, 1-6) e anche noi come il giusto Giobbe viviamo nella speranza di vedere in futuro il volto di Dio non da stranieri (Gb 19, 26-27). La certezza che Cristo ha vinto la morte risuscitando dal sepolcro è la garanzia della vita immortale e che il nostro Dio è un Dio dei vivi e non dei morti; e pertanto nelle parole di Gesù "Chiunque vive e crede in me anche se muore vivrà" troviamo la consolazione della presenza continua dei nostri defunti. Se c'è la possibilità di un adeguato equilibrio fra l'oblio della memoria dei nostri cari e l'eccessiva disperazione per la loro scomparsa, questa ci è data dalla fede. Avere fiducia nel Signore riguardo alla salvezza che Lui vuole riservare ai nostri defunti destinandoli alla vita piena nella gloria vuol dire evitare infatti da una lato che ci si dimentichi di essi negli anni a venire della nostra vita; dall'altro che ci si assilli nel dolore e nella disperazione continua a motivo della loro dipartita da noi. Aprire il cuore alla Parola di verità e di vita che il Signore il Signore ci comunica: è questa la retta dimensione in cui collocarci mentre ricordiamo i nostri defunti, e per realizzarla occorre un cuore semplice e ben disposto. Si, come i bambini credono in determinate cose senza nulla domandarci e senza esternare obiezioni di sorta, così anche noi cristiani dovremmo avere la semplicità di cuore che ci dispone ad affidarci a Dio in ogni circostanza e in questi casi alla sua parola di vita eterna. I defunti a noi non faranno dei regali, ma avendo essi raggiunto il premio della gloria di Dio, ci otterranno il regalo più grande delle grazie di cui abbiamo bisogno, prima fra tutte quelle della fuga dal peccato; poiché proprio questo è il reale morbo apportatore di morte già sulle nostre strade giacché ci dà solo l'illusione di vivere. Oggi in modo particolare si pregherà per le anime del Purgatorio, ossia per tutti quei defunti che, transitati in stato di grazia ma non perfettamente purificati, si trovano ad espiare le pene temporali in attesa del Paradiso. Questo tuttavia non contraddice quanto abbiamo riflettuto sopra: il fatto stesso che la Tradizione della Chiesa ci invita a credere in un Purgatorio sottolinea la certezza che Dio vuole la nostra salvezza a tutti i costi e fino all'ultimo istante e per questo si mostra ben lungi, al termine della vita terrena, dall'imporre alle anime una soluzione out-out "O il Paradiso o l'Inferno". Egli dona a tutti fino all'ultimo istante la possibilità di salvarsi. Tutte le preghiere che noi rivolgeremo a Dio e le Messe che faremo applicare, nonché le visite al cimitero contribuiranno in modo determinante a che i nostri cari defunti possano scontare eventuali pene temporali; a condizione tuttavia che la nostra non sia un'usanza legata alle tradizioni e la cui osservanza sia vacue e immotivata. E' sempre nella fede e nello spirito della preghiera costante della carità che noi saremo capaci di riscontrare la presenza dei nostri defunti anche mentre essi dovessero purgarsi per potersi salvare e la fede eleverà il nostro spirito alla consolazione e alla serenità. LA PAROLA SI FA' VITA Spunti per la riflessione --Mi è capitata l'esperienza dolorosa della scomparsa di una persona cara? Quali sono state le mie reazioni? --Riesco ad accettare la verità cristiana che i morti vivono nella gloria? Fino a che punto ne sono convinto, e quali eventuali obiezioni oppongo a questa verità di fede? --Quante volte nelle mie preghiere ordinarie rivolgo l'attenzione ai miei defunti? Riesco nell'orazione a sentirli vicini? --Che importanza assume per me la visita al cimitero? Quale significato vi attribuisco? |