Omelia (06-01-2008)
Paolo Curtaz


I popoli pagani riconoscono nel neonato di Betlemme l'inviato di Dio: questo è il senso teologico profondo della festa in cui assistiamo all'Epifania - la manifestazione - di Dio.

I magi, grandi cercatori di Dio, sono, probabilmente, persone istruite benestanti e colte che passavano il tempo a verificare le loro intuizioni astrologiche. Ad ogni evento astrale doveva coincidere un evento storico, così si mettono alla ricerca del re di Israele e finiscono per scontrarsi con Dio. I magi rappresentano tutti quegli uomini e quelle donne assetati di verità e di bellezza, curiosi della vita ma distanti da ciò che pensano essere la fede e la religiosità. Eppure sono loro che - alla fine - lo incontreranno, non Erode, che vede in Dio un pericoloso concorrente, né gli specialisti dottori della legge che pur conoscendo il luogo della nascita del Messia, non usciranno dalla loro pigrizia mentale per percorrere i pochi chilometri che separano Gerusalemme da Betlemme... E noi, amici, da che parte stiamo? Anche per noi se Dio c'è io divento castrato e limitato come per Erode? Anche per noi la fede è un conoscere, un sapere senza che questa conoscenza mi schiodi dalle mie mediocri sante certezze per mettermi in ricerca? Dio ha bisogno di viandanti, di curiosi che sappiano mettersi in discussione, sempre per cercare e trovare il suo volto. Se così sapremo fare, alla fine del nostro percorso, anche noi riconosceremo in quel bambino il Re e il Dio crocifisso e gli offriremo l'oro dei re, l'incenso della divinità e la mirra che imbalsama i cadaveri. E torneremo al nostro paese, al nostro lavoro, alle nostre attività per un'altra strada, la strada dei cercatori di tesori.