Omelia (18-01-2008)
Paolo Curtaz


Non abbiamo mai visto nulla di simile: un Dio che guarisce nel profondo uno sconosciuto, un maledetto, perché al tempo di Gesù tutti pensavano che la malattia fosse una punizione dei peccati, non abbiamo mai visto un Dio che si occupa con misericordia e tenerezza degli uomini, dei più poveri, degli sconfitti, dei disprezzati. Non abbiamo mai visto nulla di simile: un Dio che perdona i peccati, senza porre condizioni, senza altezzosità ma con tenerezza e rispetto, come fa con il paralitico. Non abbiamo mai visto nulla di simile: un Dio che spinge il paralitico a tirarsi su le maniche e a reagire, a non ripiegarsi, a non essere vittima del suo dolore, un Dio che restituisce dignità, che riporta a vita, che riapre il futuro. E ci meravigliamo dell'amore sereno e discreto di quegli amici che portano il paralitico davanti al Maestro, che si inventano una soluzione per portarlo al cospetto di Dio, che non lo amano a parole ma con i muscoli e il sudore. Anche noi oggi, Maestro, portiamo ai tuoi piedi nella preghiera tutti i fratelli che sappiamo paralizzati dal peccato o dal dolore, tutti coloro che non hanno più speranza, né la cercano, rassegnati a loro stessi e alle loro fragili speranze. E sconvolgi le nostre certezze, Rabbì, se pensiamo che sei esagerato, che perdoni con troppa facilità, che sei un Dio di manica larga. Scardina la nostra presunta sete di giustizia quando il nostro cuore non si intenerisce di fronte al dolore del peccato.