Omelia (19-01-2008) |
Paolo Curtaz |
Ne è valsa la pena. Sono passati trent'anni da quel giorno, da quell'inattesa visita dell'ospite di Pietro il pescatore. Lì, al banco delle tasse posto sulla via che da Damasco porta al mare, nella vivace Cafarnao ai bordi del lago di Genesareth, Matteo aveva incontrato uno sguardo di amore intenso, sincero, leale, inatteso. Matteo era abituato agli sguardi: sguardi frementi d'odio verso di lui collaborazionista senza pudore, ladro autorizzato a prelevare una percentuale delle tasse, sguardi abbassati davanti alla sua durezza e al potere acquisito dall'essere dalla parte degli invasori, sguardi taglienti e giudicanti dei puri di Israele che lo odiavano di un odio viscerale e devoto. Ma lo sguardo del Nazareno no, quello proprio non se lo aspettava e lo aveva scosso nel profondo. Uno sguardo trasparente, ingenuo, libero. Quandi lo aveva incrociato aveva - per un istante - pensato che tutto ciò che aveva era nulla e che c'era un'altra strada, un'altra vita, un'altra speranza luminosa, anche per lui. Per un istante Levi si era sentito amato. E si era alzato, aveva pianto, vergognandosi un poco, sciogliendo tutta la rabbia accumulata negli anni. Era guarito, Matteo, guarito dal dolore dentro, guarito dal giudizio che lo aveva indurito. Ora si sentiva amato e faceva festa e rideva e scherzava. Sì, ne era proprio valsa la pena. Oggi, amico, lo stesso Signore, lo stesso Maestro, passerà al banco delle tue imposte e ti guarderà. Seguilo, se vuoi, ne vale pena, fidati. |